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Atto a cui si riferisce:
C.1/00253    premesso che:     la rete 5G è la rete di nuova generazione, l'evoluzione dell'attuale 4G lte in uso attualmente. Con velocità maggiori nel trasferimento dei dati,...



Atto Camera

Mozione 1-00253presentato daPALMIERI Antoniotesto diLunedì 7 ottobre 2019, seduta n. 233

   La Camera,

   premesso che:

    la rete 5G è la rete di nuova generazione, l'evoluzione dell'attuale 4G lte in uso attualmente. Con velocità maggiori nel trasferimento dei dati, dispositivi sempre connessi, fino al cosiddetto internet delle cose (internet of things – l'estensione di internet al mondo degli oggetti e dei luoghi fisici), la rete 5G promette di rivoluzionare la telefonia mobile;

    cittadini, associazioni e personalità scientifiche hanno firmato un appello internazionale nel quale si denunciano i rischi sanitari legati al fatto che la rete 5G utilizza frequenze del campo elettromagnetico più elevate rispetto al 4G. In questo modo aumenterebbe in maniera importante l'esposizione alle radiofrequenze che potrebbe causare effetti gravi e irreversibili sulla salute delle persone e per l'ambiente;

    attualmente non ci sono ricerche sufficienti circa gli effetti dell'esposizione alla tecnologia 5G. Comunque sull'effetto dei campi elettromagnetici sui biosistemi esistono migliaia di studi, i cui risultati sono considerati in gran parte validi anche per le frequenze utilizzate dal 5G;

    secondo il dottor Polichetti, primo ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità al Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni, è necessario approfondire gli studi per capire meglio quali potrebbero essere i reali effetti del 5G sulla salute, anche se per il momento non ci sono ragioni che sostengano i timori, come non ce ne erano in passato quando sono state installate le altre tecnologie;

    l'Istituto superiore di sanità ha prodotto un rapporto dove si sottolinea come non ci siano motivi per attendersi effetti diversi del 5G rispetto alle tecnologie precedenti;

    il 26 febbraio 2019, nel corso dell'audizione nella IX Commissione della Camera relativa all’«Indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G», l'Istituto superiore di sanità ha depositato delle memorie dove si ricorda che la tecnologia 5G utilizzerà bande di frequenza diverse da quelle utilizzate attualmente per la telefonia cellulare. Uno degli aspetti di particolare novità è il suo utilizzo non solo per la comunicazione tra persone, ma anche per la comunicazione tra dispositivi («internet delle cose»), per la quale saranno utilizzate onde a frequenze comprese nella banda 24-28 GHz, molto vicina a quella delle «onde millimetriche» (30-300 GHz);

    gli studi fatti su queste frequenze (per esempio dall'Agenzia francese per la sicurezza, la salute e l'ambiente) dimostrano che gli effetti immediati sulle cellule sono meno rilevabili rispetto a quelli per l'uso delle attuali frequenze 2G/3G/4G (che pure danno effetti scarsamente percettibili di riscaldamento cellulare);

    onde elettromagnetiche di così elevata frequenza, durante la loro propagazione, non riescono a penetrare attraverso edifici o comunque a superare ostacoli ed inoltre vengono facilmente assorbite dalla pioggia o dalle foglie. Per questo motivo l'utilizzo di tali onde renderà necessario installare numerosi ripetitori che serviranno le cosiddette small cells, aree di territorio dal raggio che può andare da poche decine di metri a circa 2 chilometri. La previsione di una proliferazione di antenne sembra essere la principale causa di preoccupazione riguardo all'introduzione del 5G. In realtà le dimensioni più piccole delle celle rispetto a quelle attualmente utilizzate per la telefonia cellulare comporteranno delle potenze di emissione più basse di quelle attuali, con una distribuzione dei livelli di esposizione più uniforme e con picchi di emissione più bassi nelle zone in prossimità delle antenne rispetto a quanto avviene attualmente;

    in pratica il segnale su frequenze elevate penetra e si diffonde meno bene, ecco perché le celle devono essere più piccole e più capillari. Ma questo vuol dire anche, come sottolinea l'Istituto superiore di sanità, che le potenze utilizzate saranno più basse e le onde si fermeranno a livello molto superficiale (della pelle);

    il 5G implica lunghezze d'onda più corte e maggiori antenne per renderlo efficiente. Molte antenne consentono di coprire territori più piccoli, quindi potenze molto piccole. Così sarà per tutte le antenne del 5G: avranno potenze molto basse;

    dal 2022 il 5G userà anche le frequenze a 700 MHz, che però sono le stesse usate dai televisori e su cui nei decenni non sono emersi rischi dimostrabili per la salute;

    in realtà, come ha sottolineato Pietro Guindam, presidente di Asstel-Assotelecomunicazioni (l'associazione delle imprese delle telecomunicazioni aderente a Confindustria), riguardo agli allarmi che ruotano intorno alle cosiddette frequenze millimetriche, queste frequenze non sono una novità, ma «sono utilizzate in altri campi da anni e regolate da normative a tutela della salute umana. E a titolo di curiosità scientifica, si ricorda che le frequenze della luce solare visibile sono nanometriche, quindi 1.000 più corte delle temute frequenze millimetriche»;

    ad oggi chiaramente non si dispone di studi scientifici di durata pluriennale svolti su un ampio gruppo di persone, né di studi sulla sovrapposizione degli effetti dei campi elettromagnetici dovuti al 5G con quelli delle tecnologie precedenti. Per avere questi dati servirebbe molto tempo e un'ampia popolazione su cui svolgere l'indagine. Allo stato attuale non sembrano esserci indizi di pericolosità tali da far invocare con forza il principio di precauzione;

    peraltro, a proposito del citato principio di precauzione e dei limiti di emissione elettromagnetica, il 6 novembre 2018, il Sottosegretario di Stato pro tempore per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Micillo, rispondendo a un'interrogazione alla Camera, ricordava come nel nostro Paese, i limiti di emissione «sono inferiori e non allineati a quelli in vigore negli altri Paesi europei e sono stati stabiliti in ottica prudenziale, nel dubbio di effetti negativi di lungo periodo per la salute umana derivanti da esposizione prolungata ai campi elettromagnetici. A ciò si aggiunga, pertanto, che la richiamata normativa nazionale prevede che un apposito comitato interministeriale preveda l'aggiornamento dello stato delle conoscenze conseguenti alla ricerca scientifica prodotta a livello nazionale e internazionale sul tema. Il Ministero della salute ha fatto, inoltre, presente che la valutazione del rischio sanitario associato all'esposizione ai campi elettromagnetici è basata su migliaia di studi condotti negli ultimi decenni in ambito epidemiologico e sperimentale. Tali studi, sia in vivo che in vitro, hanno prodotto un ricchissimo quadro di riferimento e un elevato grado di condivisione a livello mondiale delle politiche di protezione e concordano nel ritenere che il rischio di eventuali effetti sanitari a lungo termine associato all'esposizione ai campi elettromagnetici e alle radiofrequenze, inclusi i telefoni cellulari, rivesta, allo stato dell'arte, un carattere del tutto ipotetico e non di certezza»;

    gli standard internazionali di protezione definiscono limiti di esposizione ai campi elettromagnetici il cui rispetto garantisce ampiamente, grazie anche all'introduzione di opportuni fattori di riduzione, che la soglia degli effetti termici non venga superata. Tali standard sono stati recepiti anche in Italia dove per i sistemi fissi per le telecomunicazioni e radiotelevisivi sono previsti limiti di esposizione e valori di attenzione più restrittivi dei limiti internazionali, in quanto finalizzati alla tutela della salute anche da eventuali effetti a lungo termine;

    nel panorama mondiale, solo l'Italia, la Bulgaria e il Belgio (sia pur con alcune diversità) hanno adottato un limite di esposizione pari a 6 v/m, laddove tutti gli altri Paesi si attestano in media su limiti che oscillano tra i 41 e i 58 v/m;

    le reti 5G, salvo intervento normativo e/o regolamentare, dovranno rispettare gli attuali limiti emissivi: per cui dire che il 5G provocherà di per sé un innalzamento delle soglie massime è quindi falso;

    peraltro, nel corso della suddetta indagine conoscitiva alla Camera, gli esperti hanno unanimemente confermato in audizione che ciò su cui davvero occorre prestare attenzione sono i dispositivi: su questo va fatta una campagna informativa per spingere le persone ad un uso responsabile dello smartphone;

    esiste una sostanziale condivisione all'interno della comunità scientifica sul fatto che gli effetti dei campi elettromagnetici non dipendono dalle diverse generazioni di tecnologie adottate, ovvero dall'uso nelle telecomunicazioni dalle tecnologie 2G, 3G, 4G o 5G, ma solo dalle diverse bande di frequenza utilizzate per la propagazione delle onde elettromagnetiche. Anche se la numerosità di studi relativi alle frequenze specifiche del 5G è relativamente scarsa, non ci sono ragioni scientifiche per prevedere effetti diversi da quelli legati alle tecnologie precedenti, in quanto gli effetti dei campi elettromagnetici sui biosistemi sono stati studiati dall’International commission on non-ionizing radiation protection (Icnirp) per le bande di frequenza fino a 300 GHz, incluse dunque le frequenze già utilizzate e/o che saranno utilizzate dalle tecnologie delle telecomunicazioni radio-mobili di tutte le generazioni dal 2G al 5G;

    sempre con riguardo agli effetti sanitari, nel luglio 2019, l'Istituto superiore di sanità ha ribadito che resta valido il parere dell'Organizzazione mondiale della sanità e di numerosi panel internazionali di esperti, ossia che «le evidenze scientifiche correnti, sebbene non consentano di escludere completamente la possibilità di effetti a lungo termine dell'esposizione prolungata a bassi livelli di campi a radiofrequenza, non giustificano modifiche sostanziali all'impostazione corrente degli standard internazionali di prevenzione dei rischi per la salute». Ovvero non esistono fondati motivi per ritenere che l'utilizzo dei campi elettromagnetici secondo le regole vigenti a livello internazionale crei danni per la salute;

    secondo il rapporto Istisan 19/11 dell'Istituto superiore di sanità in merito al rischio di tumori cerebrali in relazione all'esposizione a radiofrequenze da telefoni mobili, i dati ad oggi disponibili suggeriscono che l'uso comune del cellulare non sia associato all'incremento del rischio di alcun tipo di tumore cerebrale. Inoltre, le indagini condotte in diversi Paesi, tra i quali Usa, Paesi nordici e Australia, non mostrano una correlazione tra i due fenomeni: mentre la telefonia mobile e l'utilizzo dei telefoni cellulari è cresciuto esponenzialmente, l'incidenza di tumori su larga scala è rimasta pressoché costante nello stesso arco di tempo. Tra i più recenti studi si può citare quello a prima firma Ken Karipids dell'Arpansa (l'Agenzia australiana per la protezione dalle radiazioni e la sicurezza nucleare), che ha indagato i dati epidemiologici australiani dei tumori del cervello, gliomi e glioblastomi nei periodi 1982-1992, 1993-2002, 2003-2013, non rilevando correlazione con l'uso dei telefoni mobili;

    secondo il Ministero della salute, le evidenze scientifiche attualmente disponibili, che includono numerosi studi svolti dopo il 2011, non esaminati dal gruppo di lavoro della Iarc (l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità), tendono a deporre contro l'ipotesi che l'uso dei telefoni cellulari comporti un incremento del rischio di tumori intracranici, ma diversi studi sono in corso per chiarire le incertezze che permangono;

    in ogni caso, al di là dei singoli studi che possono essere sempre criticabili, appaiono scientificamente più rilevanti gli studi che compiono una revisione completa di numerose ricerche. Uno di questi, che ha preso in esame 94 pubblicazioni sia in vitro che in vivo, mostra che il 58 per cento delle prime ha dimostrato effetti, mentre nelle seconde solo l'8 per cento. Ma rivela anche che nessuna di queste fornisce sufficienti informazioni sugli effetti che vanno oltre a quelli termici;

    come precedentemente ricordato, la legge n. 36 del 2001 ha istituito, altresì, un Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico, che, tra le altre funzioni, annovera quelle della promozione di attività di ricerca e sperimentazione tecnico-scientifica, nonché di coordinamento dell'attività di raccolta, elaborazione e diffusione dei dati. Il Comitato è chiamato, tra le altre cose, ad esprimere il parere sui decreti del Presidente del Consiglio dei ministri relativi alla definizione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, delle tecniche di misurazione e rilevamento dell'inquinamento elettromagnetico;

    la stessa legge quadro n. 36 del 2001 prevede comunque la necessità di rivedere il quadro normativo alla luce delle evidenze che emergono dalla comunità scientifica,

impegna il Governo:

1) ad agevolare lo sviluppo della nuova tecnologia 5G, anche attraverso la revisione dei limiti delle emissioni elettromagnetiche vigenti in Italia, attualmente decisamente più bassi rispetto a quelli stabiliti nella gran parte degli altri Paesi, al fine di non penalizzare la diffusione della tecnologia;

2) ad affiancare all'introduzione della tecnologia 5G un monitoraggio dei livelli di esposizione, come del resto avviene già attualmente per le attuali tecnologie di telefonia mobile;

3) ad assumere iniziative per adeguare la normativa del settore sulla base dello sviluppo tecnologico in atto, al fine di garantire al nostro Paese un adeguato livello di competitività;

4) ad avviare efficaci campagne informative sull'uso corretto e responsabile dei dispositivi e degli smartphone, anche incentivando l'utilizzo degli auricolari.
(1-00253) «Palmieri, Zanella, Bagnasco, Sozzani, Novelli, Bergamini, Mulè, Rosso, Mugnai, Versace, Bond, Brambilla».