• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/02173 DE BONIS - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. - Premesso che: è in corso di...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-02173 presentata da SAVERIO DE BONIS
martedì 24 settembre 2019, seduta n.150

DE BONIS - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. - Premesso che:

è in corso di predisposizione, da parte del Governo, il decreto-legge recante "Misure urgenti per il contrasto dei cambiamenti climatici e la promozione dell'economia verde". Il testo, annunciato nei giorni scorsi dal Ministro dell'ambiente, sarebbe dovuto approdare venerdì 20 settembre 2019 in Consiglio dei ministri per un pre-esame, ma pare che la presentazione sia slittata;

il provvedimento, nella bozza, è composto da 14 articoli dedicati a contrastare l'inquinamento ed a tutelare l'ambiente, come riportato nella relazione illustrativa che accompagna lo schema del citato decreto. La proposta avrebbe come obiettivo quello di mettere in campo una serie di azioni "positive, concrete" e "destinate a coinvolgere amministrazioni a più livelli, esperti e cittadini" per dare concretezza al "Green New Deal" del nuovo programma di Governo;

considerato che:

le misure riportate nel decreto clima andrebbero direttamente a colpire i settori ritenuti più vulnerabili e connessi ai cambiamenti climatici, ossia agricoltura, biodiversità, edilizia ed infrastrutture, energia, salute, acqua, suolo e trasporti;

l'articolo 6 della bozza del provvedimento in argomento prevede, infatti, la "Riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi" e al comma 1 stabilisce che: "A partire dall'anno 2020, le spese fiscali dannose per l'ambiente indicate nel Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, sono ridotte nella misura almeno pari al 10 per cento annuo a partire dal 2020 sino al loro progressivo annullamento entro il 2040";

i tagli ai sussidi fiscali ambientalmente dannosi colpirebbero inevitabilmente l'agricoltura, la pesca e l'autotrasporto: il carburante agricolo e per autotrazione, infatti, gode di un regime vantaggioso e, come si legge nell'articolo 6, vi è una riduzione degli incentivi del 10 per cento a partire dal prossimo anno, fino a un progressivo annullamento entro il 2040;

il gasolio è l'unico carburante utilizzabile, al momento, per i trattori, i motopescherecci, eccetera e tassarlo non porterebbe alcun beneficio immediato in termini di utilizzo di energie alternative, a favore delle quali dovrebbe, invece, essere sviluppato un programma di ricerca e di sperimentazione per i mezzi agricoli. L'approvazione di questa disposizione comporterebbe un aumento delle tasse per le imprese italiane che, invece, grazie al loro lavoro continuano a presidiare territori altrimenti già abbandonati;

aumentare le tasse sui carburanti agricoli, oggi, sarebbe un vero paradosso. Prima di tutto i prezzi di mercato pagati per i prodotti consentono a malapena, quando va bene, di ottenere un reddito e quindi le aziende non potrebbero rinnovare, in massa, il parco macchine aziendale, sostituendo i mezzi datati con quelli a minori emissioni. Inoltre non ci sono in commercio molti mezzi ecologici per le lavorazioni agricole più comuni o sono ancora dei prototipi, come i trattori a biometano;

inoltre, è impossibile chiedere alle aziende di immettere sul mercato prodotti a residuo zero, coltivando praticamente senza l'utilizzo della chimica, peraltro vietando l'uso di molecole efficaci contro patologie fitosanitarie aggressive, e di salvaguardare, al contempo, l'ambiente. Sarebbe certamente ciò che ci si auspica, ma coltivare grandi estensioni in questo modo vuol dire un utilizzo maggiore dei mezzi meccanici e dunque di gasolio, perché se non si utilizza la chimica qualcosa le aziende devono pur fare, ad esempio, per diserbare. Quindi, in sostanza, si chiedono prodotti sostenibili o biologici per il bene dei consumatori, ma per produrli si utilizza più gasolio a discapito degli operatori e dell'ambiente. E questa non sembra sostenibilità;

l'interrogante non ha dubbi sull'importanza di salvaguardare il territorio, l'aria che respiriamo, la nostra salute e quella dei nostri figli (si vedano le numerose proposte presentate), ma non è l'aumento delle tasse sui carburanti che disincentiverà l'uso dei mezzi agricoli e tantomeno risolverà i problemi delle emissioni. La tutela ambientale va fatta bene seguendo un piano organico, nel quale le aziende agricole possono svolgere un ruolo essenziale di salvaguardia, magari sostenute da forti incentivi per l'acquisto di mezzi più ecologici;

insomma, l'aumento dei costi del carburante costringerebbero semplicemente molti agricoltori a chiudere la propria attività con un devastante impatto ambientale, soprattutto nelle aree interne più difficili. Il risultato sarebbe solo la delocalizzazione delle fonti di approvvigionamento alimentare, con un enorme costo ambientale legato all'aumento dei trasporti inquinanti su gomma dall'estero;

con tale misura verrebbero, inoltre, contraddetti gli obiettivi definiti nel programma di Governo e si farebbe perdere competitività al sistema italiano rispetto ai concorrenti degli altri Paesi europei la cui agricoltura è altamente sovvenzionata, in particolar modo per il gasolio agricolo. Se la PAC, unica politica a fondamento UE, deve servire a colmare il divario dei costi di produzione, la misura che si sta determinando risulta in netto contrasto con tali principi e pertanto inapplicabile;

non sembra ragionevole varare una simile disposizione quando la nostra agricoltura è la più green d'Europa, visto che vanta innumerevoli prodotti Dop, Igp, Docg e Doc ed ha migliaia di ettari di terreno coltivati con metodo biologico;

la rimodulazione degli sgravi sul gasolio agricolo non può essere una delle priorità; essa penalizzerebbe le imprese più deboli, quelle piccole e medie dei territori più difficili come, per esempio, quelli di montagna e collina, oltre che quelli del Mezzogiorno d'Italia. Il tutto senza contare che spesso i costi di produzione agricola non sono coperti dai ricavi, proprio per l'energia ad alto prezzo ed il costo del lavoro. Toccare gli incentivi sul gasolio porterebbe un aumento del prezzo del cibo ed un incremento dei sistemi di sfruttamento del mondo agricolo come, per esempio, il caporalato. Aumenterebbe la concorrenza sleale e i nostri mercati subirebbero l'invasione di prodotti importati da parte dei Paesi sovvenzionati,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo ritengano di modificare la disposizione di cui all'articolo 6 della bozza del decreto-legge su clima e ambiente, visto che il punto non è quello di fare cassa, bensì quello di disincentivare l'utilizzo del gasolio (inquinante) rispetto ai carburanti alternativi, cercando soluzioni condivise con i produttori agricoli, per consentire al settore di non essere schiacciato da ulteriori accise, anche se progressive e valutando l'opportunità di prevedere una gradualità legata all'effettiva disponibilità di soluzioni alternative, soprattutto con riferimento alla meccanizzazione agricola;

se non siano del parere che occorra tutelare non solo l'ambiente ma anche gli agricoltori ed i pescatori ritenuti da sempre custodi dei beni comuni, come acqua, aria, terra e paesaggio, un ruolo purtroppo non riconosciuto, ma importante.

(4-02173)