• Testo della risposta

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.5/01934 (5-01934)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 1 agosto 2019
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-01934

  La revoca dell'asilo politico a Julian Assange da parte delle Autorità di Quito – e il suo successivo, immediato arresto l'11 aprile 2019 da parte del Regno Unito, sulla base di una richiesta di arresto formalizzata da parte svedese (per un procedimento relativo a due separate accuse di aggressione a sfondo sessuale e stupro) – ha posto fine al lungo periodo di stallo iniziato nel giugno 2012, quando l'interessato aveva avanzato richiesta di protezione internazionale – ottenendola – presso l'Ambasciata dell'Ecuador a Londra, dove ha risieduto da quella data e fino ai più recenti sviluppi.
  La vicenda rileva in primo luogo da un punto di vista giudiziario e di cooperazione giudiziaria tra Stati. In particolare, gli ultimi passaggi giudiziari riguardano la condanna – pronunciata da una Corte londinese il 1o maggio – a 50 settimane di detenzione per aver violato i termini del rilascio su cauzione; la decisione della Procura svedese il 13 maggio di riaprire il caso per stupro; l'incriminazione da parte delle Autorità statunitensi in base all’Espionage Act, sulla base di 17 capi d'accusa che potrebbero portare a una condanna fino a 170 anni di detenzione. Lo scorso 13 giugno il Governo Britannico ha dato il nulla osta alla richiesta di estradizione statunitense, su cui adesso dovrà pronunciarsi, probabilmente non prima del febbraio del prossimo anno, un tribunale britannico (la richiesta di estradizione svedese è stata invece sospesa da una successiva pronuncia di secondo grado).
  La notorietà di Assange è naturalmente legata alla vicenda della piattaforma WikiLeaks, ma la sua figura resta controversa. I suoi sostenitori individuano nella sua attività un contributo alla libertà di informazione e alla trasparenza rispetto alle decisioni dei Governi: tra le altre cose, rivendicano il contributo che le rivelazioni del sito avrebbero fornito a movimenti democratici – inclusa l'originaria primavera araba tunisina – e la circostanza che documenti pubblicati sulla piattaforma siano stati utilizzati, con successo, a sostegno di cause per la difesa dei diritti umani in molti Paesi. Al contempo però la figura di Assange e la piattaforma WikiLeaks restano inestricabilmente legati alla pubblicazione di parte della mole di documenti forniti dall'ex militare e attivista Chelsea (Bradley) Manning, tra cui circa 500 mila documenti militari dai teatri iracheni e afgani; e circa 250 mila dispacci del Dipartimento di Stato statunitense. È sulla pubblicazione di questi documenti che si basa il procedimento giudiziario avviato dagli Stati Uniti nei suoi confronti.
  A questa attività di denuncia – o di mera pubblicazione, in omaggio al principio di trasparenza e diritto di informazione – i detrattori di Assange oppongono non solo, e non tanto, l'accusa di spionaggio, quanto soprattutto dubbi circa le motivazioni dello stesso Assange e in merito alla possibilità che egli possa essere stato strumentalizzato – e quanto inconsapevolmente – da alcuni Stati, in particolare la Russia. Quest'ultimo aspetto – al vaglio della magistratura americana – è prepotentemente emerso in occasione della campagna presidenziale USA 2016, quando WikiLeaks pubblicò decine di migliaia di messaggi mail sottratti agli account di dirigenti del Partito Democratico.
  Oltre alle accuse relative alla presunta matrice russa delle operazioni di hackeraggio ai danni del Partito Democratico USA nel 2016, anche la pubblicazione da parte della piattaforma WikiLeaks nel giugno 2015 di circa 500 mila dispacci del Ministero degli esteri saudita è stata ricondotta da alcuni analisti a un'operazione di intelligence iraniana.
  Rimangono dunque ancora diverse zone di ombra in merito all'effettiva provenienza e alle fonti delle informazioni pubblicate, tenuto anche conto che il software di WikiLeaks apparentemente non consentirebbe di verificare l'identità di chi abbia inteso caricare anonimamente dei contenuti. Si tratta peraltro di una mole cospicua di informazioni che nel corso degli anni ha riguardato anche grandi conglomerati finanziari (inclusi bilanci non ancora resi pubblici), bozze di accordi di commercio internazionale o documenti ufficiali di governo, senza possibilità materiale di selezione e finendo in molti casi per diffondere anche informazioni di carattere privato e personale, che in nessun modo potevano ritenersi avere un interesse pubblico.
  Tutto ciò premesso, lasciatemi concludere rilevando come anche alcuni analisti critici di Assange abbiano sollevato dubbi sulla legittimità della sua incriminazione, come complice di Chelsea Manning, sulla base della normativa denominata Espionage Act. Pur rimettendo ovviamente ogni valutazione alla competente magistratura statunitense, si segnala che si tratta della prima volta che l’Espionage Act viene utilizzato nei confronti di un editore, che sarebbe dunque protetto dalla libertà di stampa e – negli USA – dal Primo Emendamento. Peraltro, nessuno degli organi di informazione statunitensi che ha ripreso i contenuti di WikiLeaks è stato, del resto, incriminato.

  «Tengo a chiarire che il Ministro non ha alcuna necessità di approvare o non approvare le dichiarazioni di un sottosegretario, che riflettono la sua personale visione e quella del suo movimento di riferimento, ovvero il Movimento 5 stelle».