C. 1254 EPUB Proposta di legge presentata il 10 ottobre 2018
Atto a cui si riferisce:
C.1254 Modifica all'articolo 36 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, concernente l'inserimento del golfo di Taranto tra le aree di reperimento per l'istituzione di parchi o riserve marine
XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1254
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ROSPI, DAVIDE AIELLO, ALAIMO, ARESTA, ASCARI, AZZOLINA, CASA, CASSESE, CATALDI, CILLIS, COSTANZO, DEIANA, DEL MONACO, D'IPPOLITO, DORI, ERMELLINO, ILARIA FONTANA, GALIZIA, GIANNONE, GIULIODORI, IANARO, LATTANZIO, LICATINI, LOMBARDO, MARIANI, MENGA, NAPPI, NITTI, PARENTELA, ROMANIELLO, SARLI, SCERRA, SERRITELLA, SPORTIELLO, TRAVERSI, ELISA TRIPODI, TROIANO, VIANELLO, VILLANI
Modifica all'articolo 36 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, concernente l'inserimento del golfo di Taranto tra le aree di reperimento per l'istituzione di parchi o riserve marine
Presentata il 10 ottobre 2018
Onorevoli Colleghi! — Gli oceani rappresentano il 97 per cento della riserva d'acqua del pianeta e i due terzi della superficie terrestre. Considerati un sistema biologicamente diverso e altamente produttivo, si mostrano come un'immensa sorgente di risorse, materiali, cibo, energia e servizi ecosistemici. A tale scopo la comunità internazionale ha recentemente riaffermato la forza e l'importanza di conservare e utilizzare in maniera sostenibile le risorse provenienti dal mare, mitigando gli effetti delle minacce legate all'urbanizzazione delle coste e al sovrasfruttamento delle risorse. Al fine di tutelare un bene così prezioso per l'umanità, in accordo con gli obiettivi fissati durante il G7 e il G20, la comunità internazionale ritiene sia doveroso investire economicamente sulla protezione delle risorse marine, con uno sguardo attento allo sviluppo economico sostenibile, importante strumento per raggiungere gli obiettivi di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. A tale scopo gli accordi internazionali favoriscono la tutela della biodiversità in campo marino.
Sebbene il mar Mediterraneo appaia come una sorta di grande lago, esso, circondato da tre continenti, occupa circa l'1 per cento della superficie marina mondiale, ospitando circa il 12 per cento della biodiversità marina; tra le specie presenti, il 30 per cento è endemico, con la maggior diversità biologica specifica del pianeta (rapporto superficie/volume). In questo bacino marino si affacciano oltre venti Stati, con più di 400 milioni di abitanti, dei quali il 35 per cento vive nelle aree costiere, scaricando liquami, idrocarburi e reflui industriali. Attraverso la Convenzione di Barcellona del 1976 per la protezione del mar Mediterraneo (che nel 1995 ha ampliato il suo ambito di applicazione geografica comprendendo le acque marine interne del Mediterraneo e le aree costiere) si mira a proteggere l'ambiente marino e costiero del Mediterraneo incoraggiando i piani regionali e nazionali che contribuiscono allo sviluppo sostenibile. Per rendere efficace la strategia intrapresa dalle istituzioni europee per la tutela e la conservazione delle risorse del Mediterraneo, sono stati affiancati alla Convenzione di Barcellona altri strumenti normativi fondamentali, tra cui varie direttive (79/409/CEE, cosiddetta «direttiva uccelli», e 92/43/CEE, cosiddetta «direttiva habitat», 2000/60/CE, cosiddetta «direttiva acque», e 2008/56/CE, in materia di politica per l'ambiente marino), i regolamenti sulla pesca, il progetto sulla biodiversità (SEBI 2010) e il Piano d'azione europeo per la biodiversità, evidenziando un forte impegno per la tutela della biodiversità marina e la necessità di connettere le reti ecologiche esistenti promuovendo la creazione di aree marine protette (AMP) e di aree specialmente protette d'interesse mediterraneo (ASPIM).
Attualmente nel Mediterraneo esistono 158 AMP costiere, che rappresentano circa il 5 per cento della superficie totale del bacino, mostrando un livello di protezione inferiore rispetto alle necessità. La situazione in Italia non è da meno: come affermato dall'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA) e ai sensi della legislazione italiana, è necessario istituire 50 AMP costiere in modo da farle funzionare come un sistema. Ad oggi sono 48 (49 se si considera che le isole Pontine sono state divise in due gruppi: isole di Ponza, Palmarola, Zannone e Gavi e isole Ventotene e Santo Stefano) le aree marine di reperimento individuate ai sensi delle norme vigenti. Di queste, 27 sono state istituite e altre 17 sono di prossima istituzione. Le restanti 5 sono solo state indicate dalla legge come meritevoli di tutela ma non è ancora iniziato alcun iter amministrativo per la loro istituzione. È da ricordare, inoltre, il Santuario internazionale dei mammiferi marini (che coinvolge tre Stati: Italia, Principato di Monaco e Francia, estendendosi dall'arcipelago toscano, a sud, al mar Ligure, a nord), detto anche «Santuario dei cetacei».
Il golfo di Taranto, riconosciuto dall'ISPRA e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare quale baia storica nel 2010, è tra le 10 aree importanti da tutelare nel Mediterraneo come riserva di biodiversità (ai sensi della direttiva 2008/56/CE). Tuttavia l'area è affetta da gravi minacce, quali una pesca non regolamentata, trasporti mercantili eccessivi e sversamento di inquinanti. Gli ecosistemi marini del golfo di Taranto sono caratterizzati da un elevato livello di produttività primaria e di risalita delle acque profonde (upwelling) generato dalle profondità abissali (oltre 1.000 metri nel golfo in continuità con la fossa oceanica al confine col mar Egeo, Fossa di Calipso 5.270 metri) che rendono possibile la presenza di grandi predatori (cetacei odontoceti) e di specie chiave (tartarughe marine), controllori delle cascate trofiche e degli equilibri eco-sistemici, oltre ad habitat prioritari per la conservazione (habitat prioritario 1120 – Posidonia oceanica, direttiva 2008/56/CE) e specie endemiche (Posidonia oceanica, Pinna nobilis, Hyppocampus guttulatus). Gli studi scientifici dimostrano la presenza di specie target per la conservazione, quali i cetacei e le tartarughe marine già citati, che completano il proprio ciclo biologico nelle acque del golfo di Taranto, alimentandosi, accoppiandosi e riproducendosi. Ulteriori evidenze sono fornite dagli studi sulla fauna ittica e sulle relative comunità che vivono nel fondo duro e molle presente nel golfo di Taranto, evidenziando un livello di biodiversità estremamente elevato, con la presenza di numerose specie endemiche. Nel rispetto dei princìpi di sviluppo sostenibile, il mar Ionio dovrebbe essere tra i mari più tutelati, ma al contrario risulta tra i mari con le minori tutele. Un'altra problematica molto importante inerente al mar Ionio e al golfo di Taranto riguarda lo sfruttamento degli idrocarburi: infatti, i progetti di sfruttamento degli idrocarburi suddividono le acque dei nostri mari in zone di sfruttamento (6 zone: A, B, C, D, F e G) e il golfo di Taranto è definito come zona F, in continuità con la zona D (Puglia adriatica), con oltre sedici istanze di permesso di ricerca di idrocarburi. La letteratura scientifica che si è occupata della valutazione degli effetti delle attività antropiche non regolamentate sulla biodiversità e sulle risorse ecosistemiche ha evidenziato effetti dannosi rilevanti sulle specie e sugli habitat, con ricaduta economico-sociale sul territorio. Recenti studi sugli interventi di air gun, ad esempio, confermano l'esistenza di ripercussioni sulla biologia comportamentale e di danni agli organismi nei differenti stadi dello sviluppo, anche dopo cinquantotto giorni dall'esposizione all'impatto, senza che siano evidenziati segni di ripresa, con danni ai sistemi d'orientamento e uditivi dei cetacei. Inoltre, l'eccessivo sfruttamento delle risorse alieutiche che affligge le specie target, il traffico marittimo non regolamentato (con l'introduzione di specie aliene) e la mancanza di applicazione della gestione integrata delle zone costiere (Integrated Coastal Zone Management – ICZM, ai sensi della direttiva 2008/56/CE), non consentono il mantenimento della biodiversità presente e delle caratteristiche ecologiche del sistema marino del golfo di Taranto. È necessario, pertanto, applicare il principio di precauzione per evitare che i danni arrecati divengano irreversibili.
Infine, nel rispetto dei confini delle acque territoriali, che vedono il golfo di Taranto avere un limite oltre le 12 miglia, in diretta continuità con il limite della piattaforma continentale, verrebbe istituita l'area di reperimento in un'area di mare compresa tra Santa Maria di Leuca (Lecce) e Capo Spartivento (Reggio Calabria).
La presente proposta di legge, formata da un unico articolo, prevede di inserire il golfo di Taranto e, per la precisione, tutta l'area marina che va da Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce, fino a Capo Spartivento, in provincia di Reggio Calabria, tra le aree marine di reperimento individuate dall'articolo 36, comma 1, della legge n. 394 del 1991. In tal modo, si verrebbe a creare la più grande area marina protetta d'Europa, in grado di tutelare e proteggere l'intera biodiversità presente all'interno del mar Ionio.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All'articolo 36, comma 1, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«ee-octies) golfo di Taranto (tra Santa Maria di Leuca e Capo Spartivento)».