• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/01813 LANNUTTI, DELL'OLIO, NATURALE, ROMANO, LEONE, FENU - Ai Ministri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali e della salute. - Premesso che: "Chi glielo va a dire...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-01813 presentata da ELIO LANNUTTI
mercoledì 19 giugno 2019, seduta n.123

LANNUTTI, DELL'OLIO, NATURALE, ROMANO, LEONE, FENU - Ai Ministri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali e della salute. - Premesso che:

"Chi glielo va a dire a uno qualsiasi dei 150mila volontari che la loro Croce Rossa è un carrozzone inefficiente e sprecone? Loro che, se va bene, prendono come rimborso per una giornata di lavoro un buono pasto. Un esercito di lettighieri, autisti e operatori sui mezzi di soccorso che donano gratis il loro tempo, mentre ogni anno lo Stato italiano sorregge i conti dell'associazione umanitaria e di assistenza con la bellezza di 180 milioni di euro", scriveva Fabio Pavesi su "Il Sole-24 ore" del 5 febbraio 2013, in un pezzo intitolato "Tutti gli sprechi della Croce Rossa italiana, mega-stipendificio di Stato";

il 5 novembre 2018 su "Themis & Metis", un articolo dal titolo "Croce Rossa Italiana in rosso. Dove sono finiti i soldi?" racconta che «La Prestigiosa organizzazione italiana che ha lottato a tutte le latitudini per combattere povertà e fame è in croce. Ed è in rosso. L'organizzazione che è sempre stata in prima fila nei paesi più poveri per alleviare denutrizione e carestie sta morendo di stenti. Una prodigiosa realtà in rapido disfacimento. Oltre 150.000 'volontari' (molti dei quali veri e propri dipendenti mascherati da volontari), con all'attivo 5000 dipendenti e 3000 unità in mobilità coatta, senza risposte e TFR. Un'eccellenza italiana ridotta a colabrodo, tanto è vero che più volte negli ultimi trent'anni è stata sottoposta a commissariamento nell'utopica ipotesi d'un risanamento. Non sorprende che siano spuntati fuori qua e là come funghi comitati spontanei di aficionados indignati per la decadenza della nobile istituzione. Soldi a pioggia comunque di per sé non possono spiegare il perché di un dissesto così imponente. Forse neanche gli stipendi da nababbi della classe dirigente della Croce Rossa Italiana (da 100.000 in su i top manager mentre migliaia di volontari non prendono il becco d'un quattrino). Il Presidente, l'Avv. Francesco Rocca s'intasca la bellezza di 263.995 Euro più 126.525 euro per spese varie, totale 390.520 euro. Circa 32.000 euro al mese più o meno (quasi sotto la soglia di sopravvivenza). Guglielmo Stagno D'Alcontres (ex Presidente di CRI Sicilia) percepiva il più modesto compenso di 260.000 euro all'anno (120.000 euro di indennità da Presidente, 120.000 Euro indennità di Amministratore Delegato più altri 20.000 Euro come indennità di Consigliere + lauti indennizzi per spese personali con rimborsi a piè di lista). Da reddito di cittadinanza" (...) Come pure merito dei vari decreti legge ad personam, i decreti "salva Croce Rossa", il "Decreto Milleproroghe" etc etc. Il merito è tutto dei Governi che vanno da Berlusconi in poi (ma anche prima). In primis il Governo Monti, a seguire il Governo Renzi e dulcis in fundo il Governo Gentiloni, che hanno sostituito il vecchio "carrozzone" della C.R.I. con una carretta sgangherata che perde pezzi di giorno in giorno. Un carrozzone decrepito che è il perfetto specchio della politica che l'ha sostenuto. L'ennesimo caso di come anche stavolta la cura si è rivelata molto peggiore del male. Per un pelo è quasi caduto nel tranello anche il nuovo governo pentaleghista. Ricordate l'articolo fantasma "pro Croce Rossa" del Decreto Fisco all'insaputa di tutti? (altri 84 milioni di euro ch'erano pronti a volatilizzarsi per continuare a foraggiare la gestione liquidatoria del "carrozzone")»;

considerato che:

secondo quanto rivelato dal giornalista Antonio Rossitto sul numero del 10 giugno 2019 del quotidiano "La Verità", i 2.500 ex dipendenti della Croce rossa hanno visto sfumare i soldi delle loro liquidazioni accumulati nel corso degli anni, perché la Croce rossa non ha mai trasferito i soldi per i trattamenti di fine servizio (Tfs) all'Inps; secondo il segretario generale del Co.S.P., il Coordinamento sindacale di polizia penitenziaria, che rappresenta oltre 300 ex crocerossini, sarebbero andati persi «almeno 120 milioni di euro» di contributi;

la riforma del 28 settembre 2012 della Croce rossa attuata dal Governo pro tempore Monti (decreto legislativo n. 178 del 2012), che ha privatizzato (solo sulla carta) l'ente assistenziale, trasformandolo in associazione nazionale Croce rossa italiana, per ridurre gli sprechi e far gravare il debito su una bad company (Esacri), non ha risolto il problema dei Tfs, perché a quanto pare i soldi continuano a non esserci;

per rimediare alla mancanza di liquidità, la Croce rossa ha proposto all'Inps il trasferimento del suo vasto patrimonio immobiliare, che da anni sta cercando invano di vendere. Proposta che l'Inps ha rifiutato, visto che a sua volta possiede un patrimonio immobiliare di 30.000 unità, che da anni cerca inutilmente di vendere, chiedendo il pagamento in contanti dei contributi Tfs;

il 19 febbraio 2019, l'Inps ha chiesto ad Esacri, in liquidazione coatta amministrativa, in cui si legge: «Se continuate a non trasferirci i fondi non si dovrà procedere al pagamento del Tfs maturato presso la Croce rossa dal personale ex dipendente»;

la privatizzazione della Croce rossa, sembra sia stata attuata al buio, senza alcuna analisi contabile tale da cristallizzare la situazione economica, in gergo "due diligence", in modo da verificare lo stato patrimoniale, le procedure gestionali e amministrative; i dati economico-finanziari; gli aspetti fiscali e legali; i ruoli delle risorse umane; il patrimonio immobiliare;

considerato che la Corte dei conti ha sentenziato: «Il percorso di riordino e privatizzazione di un ente complesso come Croce rossa italiana è stato, anche dal lato normativo, particolarmente arduo e non senza contraddizioni e ritardi». E la Croce Rossa finora ha trovato come unica soluzione al problema (senza risolverlo) il licenziamento dei dipendenti, come ha dichiarato il direttore della Croce rossa di Roma Pietro Giulio Mariani: «La nostra è una via obbligata, non una scelta. Per noi la parola licenziamento è imposta dalle regole e dalla realtà, ma continueremo a essere parte di un sistema che accoglie i più deboli»,

si chiede di sapere:

se il Governo intenda accertare, nell'ambito delle proprie competenze, le reali responsabilità della mancata corresponsione ai 2.500 ex dipendenti della Croce rossa delle liquidazioni accumulate negli anni e perché la Croce rossa non abbia mai trasferito i soldi per i trattamenti di fine servizio;

se non ritenga che la riforma del 28 settembre 2012 della Croce rossa attuata dal Governo pro tempore Monti, invece di risolvere i problemi di trasparenza e chiarezza dei conti e del patrimonio immobiliare, non li abbia al contrario aggravati;

se non ritenga opportuno attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall'ordinamento, per verificare le evidenti responsabilità dei massimi vertici della Croce rossa, salvaguardando il diritto alla liquidazione ai suoi dipendenti ed ex dipendenti.

(4-01813)