• C. 1843 EPUB Proposta di legge presentata il 9 maggio 2019

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Atto a cui si riferisce:
C.1843 Norme in materia di ineleggibilità degli editori operanti nel settore della comunicazione elettronica e dei gestori di piattaforme telematiche e divieto di utilizzazione di sistemi tecnologici di profilazione o di alterazione inconsapevole del comportamento degli elettori


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1843

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
BOCCIA, DELRIO, FIANO, MADIA, BRUNO BOSSIO, LACARRA, UBALDO PAGANO, CARNEVALI, BAZOLI, CARLA CANTONE, MOR, PELLICANI, FRAGOMELI, FRAILIS, GARIGLIO, SCALFAROTTO, NAVARRA, BORDO, ROSSI, FREGOLENT, GRIBAUDO, SERRACCHIANI, SCHIRÒ, PEZZOPANE, CENNI, ANDREA ROMANO

Limiti all'assunzione e al mantenimento di cariche politiche da parte degli editori operanti nel settore della comunicazione elettronica e dei gestori di piattaforme telematiche e divieto di utilizzazione di sistemi tecnologici di profilazione o di alterazione inconsapevole del comportamento degli elettori

Presentata il 9 maggio 2019

  Onorevoli Colleghi! – L'obiettivo di questa proposta di legge, che si affianca e integra gli innumerevoli altri progetti di legge sul conflitto di interessi, aggiorna la nozione di conflitto di interessi alle istanze della società digitale.
  Si intende così contrastare le ipotesi in cui il titolare di una carica pubblica dipende in tutto o in parte, nell'elezione o nelle proprie scelte politiche, da soggetti o società private che utilizzino sistemi di profilazione e di nudging, tecniche sino a ieri adoperate solo per scopi commerciali e che, invece, oggi sono usate per influenzare le scelte politiche mediante l'analisi e la conseguente manipolazione degli umori e del sentiment degli elettori.
  In tal modo è l'interesse privato – e non più l'interesse generale della collettività – a influenzare in via esclusiva l'adempimento dei doveri istituzionali. Si altera così la nozione di democrazia, non più intesa come partecipativa – cioè quale sede di condivisione di idee e di programmi – ma come mero strumento per orientare le scelte e i contenuti di attori inconsapevoli.
  È ormai innegabile l'utilizzo dei dati personali acquisiti sui sistemi digitali, specialmente in forma massiva, per condizionare e orientare i risultati elettorali. La stessa Unione europea ha stigmatizzato i risultati di tale operazione con il regolamento (UE, Euratom) n. 1141/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, relativo allo statuto e al finanziamento dei partiti politici europei e delle fondazioni politiche europee, come modificato dal regolamento (UE) 2019/493 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 marzo 2019.
  Appare quindi urgente aggiornare l'ordinamento giuridico in materia di disciplina del conflitto di interessi con una specifica normativa che regoli il conflitto di interessi determinato dal web e dalle attività digitali. Esso si verifica ogniqualvolta il titolare della carica politica dipende in tutto o in parte, sia in sede di elezione che nell'esercizio delle scelte proprie della sua funzione, da soggetti estranei al proprio contesto politico.
  La presente proposta di legge regolamenta altresì l'esercizio dell'attività di editore nel settore della comunicazione elettronica o di gestore di piattaforme telematiche, fattori che condizionano sia il consumo delle notizie, sia i processi di produzione e distribuzione dell'informazione. Tali iniziative di comunicazione, infatti, sono spesso guidate da motivazioni di natura ideologica o politico-elettorale e hanno un forte impatto – per tematiche, tempi e diffusione capillare – sul pluralismo e sulla correttezza dell'informazione; ciò produce effetti concreti e tangibili sulle scelte degli utenti-cittadini, sia sotto il profilo della formazione delle preferenze, sia per quanto riguarda il rafforzamento di preferenze polarizzate pre-esistenti. La comunicazione online è infatti una fonte primaria di informazioni a supporto di specifici punti di vista e orientamenti politici, anche al fine di orientare le competizioni elettorali.
  La prospettiva evocata suggerisce, quindi, di elaborare adeguate garanzie che consentano, attraverso l'estensione dei casi di ineleggibilità e di decadenza, la tutela dell'interesse pubblico primario.
  Anche il Garante per la protezione dei dati personali, nel recentissimo provvedimento n. 96 del 2019 in materia di propaganda elettorale e comunicazione politica, raccomanda alle forze politiche – in vista delle prossime consultazioni per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia – il rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali. Tale presupposto è essenziale per mantenere la fiducia dei cittadini e garantire il regolare svolgimento delle consultazioni elettorali in tutte le fasi. Come anticipato, proprio in considerazione dei potenziali rischi che l'uso illecito dei dati personali può comportare per i processi elettorali e la democrazia, il legislatore europeo, con il citato regolamento (UE, Euratom) n. 1141/2014, come modificato dal regolamento (UE) 2019/493, ha previsto l'irrogazione di sanzioni pecuniarie nei casi in cui i partiti politici europei o le fondazioni politiche europee sfruttino le violazioni delle norme in materia di protezione dei dati personali al fine di influenzare l'esito delle elezioni del Parlamento europeo.
  Il regolamento individua specifici presupposti di liceità del trattamento dei dati nell'ambito descritto, a garanzia dei diritti e delle libertà degli interessati: la previa acquisizione del consenso degli interessati, che deve essere libero, specifico, informato e inequivocabile (articoli 6, paragrafo 1, lettera a), e 7, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016), nonché esplicito ove il trattamento riguardi categorie particolari di dati (articolo 9, paragrafo 2, lettera a), del medesimo regolamento). Il consenso al trattamento dei dati personali, pertanto, deve essere richiesto con formulazione specifica e distinta rispetto alle ulteriori eventuali finalità del trattamento, quali, ad esempio, quelle di marketing, di profilazione, di comunicazione a terzi per le loro finalità promozionali oppure di profilazione di tali distinti soggetti. Il consenso, inoltre, deve essere documentabile (ad esempio per iscritto o su supporto digitale), ossia il titolare deve essere in grado di dimostrare che l'interessato ha prestato il proprio consenso al trattamento dei suoi dati (articoli 5, paragrafo 2, e 7, paragrafo 1, del citato regolamento).
  Stante la presenza nell'ordinamento di presìdi legislativi stringenti a tutela degli interessi dei titolari dei dati, la presente proposta di legge intende completare il vigente quadro normativo anche con riferimento agli interessi generali della collettività.
  La presente proposta di legge prevede dunque un trattamento sanzionatorio combinato:

   l'ineleggibilità e la decadenza nei confronti di colui che riveste la carica politica;

   sanzioni per i titolari delle piattaforme web che forniscano il proprio supporto in maniera non trasparente o tracciabile.

  Tali soggetti privati, profilando i loro utenti (su una scala considerevole di accessi) possono fornire al soggetto che riveste – o che vuol rivestire – una carica politica informazioni che gli consentono di determinare gli interessi e le opinioni degli stessi utenti (la cosiddetta «sentiment analysis»), per lanciare campagne elettorali mirate sul sentiment che l'utente inconsapevole fornisce a tali piattaforme. Detto processo consente di manipolare la diffusione di messaggi in campo politico, suscettibile di alterare le opinioni di voto, con l'ulteriore effetto di rendere il soggetto politico succube di soggetti o società private che sono estranei al contesto politico o, comunque, la cui influenza non è conosciuta né conoscibile agli elettori il cui consenso viene utilizzato e che, infine, vengono lautamente compensati.
  Si è peraltro ben consapevoli dell'esistenza di circostanze completamente diverse, che rientrano nei meccanismi fisiologici della democrazia e riguardano, invece, le piattaforme o le profilazioni direttamente effettuate e immediatamente riconducibili a partiti o movimenti politici, attraverso i propri presìdi nell'ambito del web. In tali casi, a differenza di quanto avviene con soggetti terzi estranei al contesto politico – non conosciuti o conoscibili dai cittadini – gli applicativi sono o dovrebbero essere basati su sistemi a codice sorgente aperto, dotati di adeguata trasparenza algoritmica (che consente una verifica da parte delle autorità pubbliche competenti). Nel contesto di tali piattaforme il cittadino ha il diritto di esprimere coscientemente e volontariamente opinioni, di indicare linee di pensiero e di promuovere idee nell'interesse di quel soggetto politico a cui liberamente e consapevolmente ha aderito. Il cittadino ha anche il diritto di essere certo che il proprio contributo non possa essere manipolato con maggiori o minori «click» per incontrare i desiderata o gli interessi esclusivi privati di chi gestisce la piattaforma e non viene palesato.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Tutela dell'interesse pubblico)

  1. I titolari di cariche o incarichi politici, nell'esercizio delle loro funzioni, devono operare nell'esclusiva cura degli interessi pubblici e in assenza di conflitti di interesse.

Art. 2.
(Definizioni)

  1. Ai fini della presente legge si applicano le seguenti definizioni:

   a) «piattaforma web»: un sistema informativo che rende accessibile un insieme di contenuti interconnessi tra loro, denominati «pagine web», attraverso la rete internet, utilizzando un software di navigazione, denominato «browser». I fruitori di tali contenuti possono, a seconda delle funzionalità messe a disposizione dalla piattaforma stessa, interagire con i contenuti stessi o creare propri contributi, disponibili agli altri utenti secondo le politiche di visibilità definite dal gestore;

   b) «gestore di piattaforme web»: il soggetto che possiede, gestisce o controlla, anche ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, le piattaforme di cui alla lettera a);

   c) «profilazione degli utenti»: l'operazione con la quale i gestori di piattaforme web analizzano il comportamento degli utenti sulle piattaforme web, allo scopo di tracciare le variabili comportamentali, senza che gli utenti ne siano effettivamente consapevoli;

   d) «nudging»: le pratiche di natura psicologica che consentono di orientare il comportamento degli utenti senza porre divieti o imporre sanzioni.

Art. 3.
(Ambito soggettivo di applicazione)

  1. La presente legge si applica ai seguenti titolari di cariche politiche:

   a) i titolari di cariche di governo nazionali: il Presidente del Consiglio dei ministri, i Vicepresidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

   b) i titolari di cariche di governo regionali: i presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e i componenti delle giunte regionali e delle province autonome;

   c) i membri del Parlamento;

   d) i consiglieri regionali.

  2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplinano le situazioni di conflitto di interessi dei titolari di cariche di governo regionali, uniformandosi alle disposizioni della presente legge. Decorso tale termine e sino all'emanazione dell'apposita normativa, si applicano le disposizioni della presente legge.
  3. Le disposizioni del comma 2 si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto dei loro statuti e delle relative norme di attuazione.

Art. 4.
(Conflitto di interessi digitale)

  1. Sussiste il conflitto di interessi digitale in tutti i casi in cui il titolare della carica politica:

   a) è dipeso o dipende in tutto o in parte, nell'elezione o nelle scelte politiche dopo l'assunzione dell'incarico, da soggetti o società private che utilizzano sistemi di profilazione degli utenti ovvero di nudging;

   b) ha esercitato negli ultimi tre anni o esercita l'attività di editore operante nel settore della comunicazione elettronica o di gestore di piattaforme web che utilizza i sistemi di cui alla lettera a).

  2. Le disposizioni del comma 1 non si applicano alle piattaforme web e ai sistemi di profilazione degli utenti direttamente realizzati e immediatamente riconducibili a partiti o movimenti politici, basati su sistemi a codice sorgente aperto, dotati di adeguata trasparenza algoritmica, definiti con provvedimento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nei quali l'utente rilascia coscientemente e volontariamente opinioni, indica linee di pensiero e promuove idee nell'interesse del soggetto politico a cui liberamente e consapevolmente ha aderito.

Art. 5.
(Divieto di profilazione degli utenti
e di
nudging)

  1. Fermo restando quanto previsto dal regolamento (UE, Euratom) n. 1141/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla procedura di verifica relativa alle violazioni delle norme in materia di protezione dei dati personali nelle elezioni del Parlamento europeo, è vietato esercitare attività di profilazione degli utenti o di nudging al fine di favorire l'assunzione delle cariche o incarichi politici indicati all'articolo 3.
  2. Con regolamento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le procedure per l'accertamento delle violazioni del divieto di cui al comma 1.
  3. Per la violazione del divieto di cui al comma 1 del presente articolo si applica la sanzione di cui all'articolo 9, comma 4.

Art. 6.
(Obblighi di comunicazione all'Autorità
garante della concorrenza e del mercato)

  1. Entro venti giorni dall'assunzione dell'incarico, i titolari di cariche politiche dichiarano all'Autorità garante della concorrenza e del mercato se abbiano utilizzato, in sede di elezione, soggetti o società private che hanno impiegato o impiegano sistemi di profilazione degli utenti o di nudging e se abbiano esercitato negli ultimi tre anni o esercitino l'attività di editore operante nel settore della comunicazione elettronica o di gestore di piattaforme telematiche.
  2. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, provvede agli accertamenti sulla completezza e sulla veridicità delle dichiarazioni di cui al medesimo comma 1, avvalendosi, ove occorra, della polizia postale e delle comunicazioni. L'Autorità può, entro lo stesso termine, chiedere chiarimenti o informazioni integrative al dichiarante, assicurando il rispetto del principio del contraddittorio. Qualora le dichiarazioni di cui al comma 1 non siano presentate o risultino incomplete o non veritiere, l'Autorità ne informa immediatamente gli interessati affinché provvedano, entro venti giorni, all'integrazione o alla correzione delle dichiarazioni stesse. Trascorso inutilmente tale termine o permanendo comunque dichiarazioni incomplete o non veritiere, l'Autorità:

   a) procede all'acquisizione di tutti gli elementi ritenuti utili, con le modalità previste dall'articolo 14, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, avvalendosi, ove occorra, della polizia postale e delle comunicazioni;

   b) qualora le dichiarazioni di cui al comma 1 siano rese successivamente alla scadenza del termine fissato per l'integrazione o la correzione delle stesse ma non oltre trenta giorni da tale scadenza, applica nei confronti dei soggetti interessati una sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 euro a 1 milione di euro e, ove ne sussistano i presupposti, informa la competente autorità giudiziaria.

  3. I titolari di cariche politiche che non presentano le dichiarazioni di cui al comma 1 nei trenta giorni successivi al termine fissato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'integrazione o la correzione delle stesse sono puniti ai sensi dell'articolo 328, secondo comma, del codice penale; nel caso di dichiarazioni di cui al citato comma 1 non veritiere o incomplete si applica l'articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
  4. Le dichiarazioni dei soggetti di cui al comma 1 sono pubblicate nel sito internet istituzionale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in un'apposita sezione dedicata al conflitto di interessi digitale.
  5. Chiunque vi abbia interesse, anche successivamente all'assunzione della carica politica e alle verifiche sulle dichiarazioni presentate dal titolare ai sensi del presente articolo, può segnalare all'Autorità garante della concorrenza e del mercato circostanze che possano far presumere casi di incompatibilità per conflitto di interessi digitale.
  6. Nei casi di presunta incompatibilità di cui al comma 5, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato trasmette, per competenza, entro quindici giorni dal ricevimento, la segnalazione alle rispettive Giunte delle elezioni delle Camere o delle regioni a cui il titolare della carica politica appartiene.

Art. 7.
(Ineleggibilità e decadenza)

  1. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato accerta la sussistenza della situazione di conflitto di interessi digitale di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), vigila sul rispetto dei divieti conseguenti e promuove, nei casi di inosservanza, la rimozione o la decadenza dalla carica o dall'ufficio a opera dell'organo competente.
  2. La situazione di conflitto di interessi digitale di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), della presente legge costituisce causa di ineleggibilità ai sensi dell'articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361. La Camera di appartenenza delibera ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione.

Art. 8.
(Ineleggibilità dei consiglieri regionali)

  1. Dopo la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 della legge 2 luglio 2004, n. 165, è inserita la seguente:

   «a-bis) previsione di una causa di ineleggibilità per coloro che hanno esercitato negli ultimi tre anni o esercitano l'attività di editore operante nel settore della comunicazione elettronica o di gestore di piattaforme telematiche che utilizzano sistemi per analizzare il comportamento degli utenti sulle medesime piattaforme allo scopo di tracciare le variabili comportamentali, senza che gli utenti ne siano effettivamente consapevoli, ovvero utilizzano pratiche di natura psicologica che consentono di orientare il comportamento degli utenti senza porre divieti o imporre sanzioni (cosiddetto “nudging”)».

Art. 9.
(Sanzioni accessorie alla decadenza)

  1. Dichiarata la decadenza del titolare della carica politica, l'organo che ha provveduto a dichiararla, entro quindici giorni dalla data di adozione del provvedimento, trasmette all'Autorità garante della concorrenza e del mercato gli atti relativi a quanto accertato.
  2. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, entro i trenta giorni successivi alla ricezione degli atti di cui al comma 1, può chiedere chiarimenti o informazioni integrative al soggetto dichiarato decaduto dalla carica politica, assicurando il rispetto del principio del contraddittorio.
  3. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in ogni caso, procede all'acquisizione di tutti gli elementi ritenuti utili, con le modalità previste dall'articolo 14, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, avvalendosi, ove occorra, della polizia postale e delle comunicazioni.
  4. All'esito dell'istruttoria, ove non emergano elementi utili ulteriori e diversi da quelli già emersi nella sede politica deputata alla dichiarazione di decadenza, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato applica nei confronti del soggetto interessato una sanzione amministrativa pecuniaria da 1 milione di euro a 10 milioni di euro e, ove ne sussistano i presupposti, informa la competente autorità giudiziaria.