• C. 1816 EPUB Disegno di legge presentato il 30 aprile 2019

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Atto a cui si riferisce:
C.1816 [Decreto servizio sanitario regione Calabria] Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, recante misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria
approvato con il nuovo titolo
"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, recante misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria"


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE
                        Articolo 1

DECRETO-LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                Capo II
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                Capo III
                        Articolo 14
                        Articolo 15
                        Articolo 16

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1816

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(CONTE)

e dal ministro della salute
(GRILLO)

di concerto con il ministro dell'interno
(SALVINI)

con il ministro della difesa
(TRENTA)

con il ministro dell'economia e delle finanze
(TRIA)

con il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca
(BUSSETTI)

e con il ministro per gli affari regionali e le autonomie
(STEFANI)

Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, recante misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria

Presentato il 2 maggio 2019

  Onorevoli Deputati! – Il capo I del decreto di cui si propone la conversione con il presente disegno di legge consta di 10 articoli, recanti un nucleo di misure, di natura eccezionale e, dunque, con una vigenza ben limitata nel tempo, volte a realizzare un regime speciale per la gestione commissariale della regione Calabria. Il capo II del decreto, con gli articoli da 11 a 13, reca misure urgenti su specifiche tematiche del settore sanitario su cui è necessario intervenire al fine di assicurare la continuità nell'erogazione delle prestazioni sanitarie afferenti ai livelli essenziali di assistenza, tra le quali viene in evidenza un tema di particolare rilevanza connesso ai limiti di spesa per le assunzioni di personale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, limite che, nel corso degli anni, ha determinato il blocco del turn over e, quindi, la carenza del personale; meritano, altresì, particolare rilevanza le disposizioni in tema di formazione specifica in medicina generale, di carenza di medicinali e di riparto del Fondo sanitario nazionale che, unitamente alle altre ivi previste, sono tutte finalizzate a garantire una maggiore efficienza e funzionalità del Servizio sanitario nazionale che si traduce in una migliore erogazione delle prestazioni rese a favore degli utenti. Il capo III, che comprende gli articoli da 14 a 16, reca le disposizioni finanziarie, transitorie e finali.
  Per comprendere le ragioni dell'intervento normativo, con particolare riguardo al capo I, nonché per apprezzare le motivazioni sottese alla necessità d'intervenire con urgenza, risulta indefettibile, innanzitutto, un'illustrazione del contesto generale della sanità calabrese oltre che della cronistoria dei principali passaggi istituzionali connessi alla governance del sistema sanitario di quella regione negli ultimi anni. Tale illustrazione, peraltro, è viepiù necessaria laddove si consideri che i gravissimi fattori di criticità di cui si darà conto di seguito sono sinteticamente citati nelle premesse del decreto quali presupposti delle misure speciali che il decreto stesso introduce.
  Come noto, il sistema sanitario della regione Calabria, sottoposto da tempo a un'azione di risanamento attraverso lo strumento dei Piani di rientro e, da alcuni anni, alla gestione commissariale, registra, nonostante i molteplici interventi sostitutivi governativi, una grave situazione di stallo, se non di peggioramento della maggior parte degli indici di misurazione sia delle capacità organizzative/gestionali del servizio sanitario regionale nelle sue diverse articolazioni, sia del corretto utilizzo delle risorse, sia, infine, della qualità dei servizi sanitari resi ai cittadini e nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
  Giova ricordare fin da subito che l'attivazione della procedura per la sottoscrizione di un Piano di rientro è stata richiesta dalla regione fin dal 2007, a seguito delle plurime riscontrate criticità, ed è stata infine prevista da apposita disposizione normativa (articolo 22, comma 4, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009 n. 102, che ha stabilito, attesa la straordinaria necessità ed urgenza di tutelare, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, l'erogazione delle prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA), e di assicurare il risanamento, il riequilibrio economico-finanziario e la riorganizzazione del sistema sanitario regionale della regione Calabria, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, che la regione predisponesse un Piano di rientro contenente misure di riorganizzazione e riqualificazione del servizio sanitario regionale, da sottoscriversi con l'Accordo di cui all'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311).
  L'Accordo per il Piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della regione Calabria per il triennio 2010-2012 è stato poi siglato in data 17 dicembre 2009 (recepito con la delibera della Giunta regionale n. 908/2009 e successivamente con la delibera della Giunta regionale n. 97/2010) con la previsione di interventi volti a ristabilire l'equilibrio economico-finanziario della regione.
  In relazione alle inadempienze regionali nell'attuazione del Piano di rientro, la regione è stata successivamente commissariata a far data dal 30 luglio 2010.
  Successivamente, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il Piano di rientro è proseguito con il programma operativo 2013-2015, approvato con il decreto del Commissario ad acta (DCA) n. 14 del 2 aprile 2015, e con il programma operativo 2016-2018, approvato con il DCA n. 119 del 4 novembre 2016.
  Le criticità e le inadeguatezze del sistema sanitario regionale avevano, come detto, portato alla nomina del primo Commissario ad acta, individuato nella figura dell'allora presidente della Giunta regionale (delibera del Consiglio dei ministri 30 luglio 2010). Successivamente sono intervenute le nomine delle nuove strutture commissariali (delibere del Consiglio dei ministri 19 settembre 2014 e 12 marzo 2015), fino alla nomina dell'attuale struttura commissariale, avvenuta con delibera del Consiglio dei ministri 7 dicembre 2018.
  In tutto questo lasso di tempo, i tavoli tecnici, preposti alla verifica dello stato di attuazione dei piani di rientro, hanno costantemente evidenziato il permanere di significative criticità.
  La persistenza della situazione di significativa criticità in capo al servizio sanitario della regione Calabria non può, peraltro, prescindere dalla considerazione dei gravi effetti sul sistema salute determinati dalle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore.
  In particolare, l'analisi di contesto svolta tra il 2014 e il 2015 dall'AGENAS ha messo in luce come la criminalità organizzata abbia concentrato soprattutto nel settore sanitario i propri interessi economici e di espansione, in ragione di fattori quali l'importanza delle dimensioni economiche del settore, la necessità di creare una rete di relazioni con gli operatori sanitari al fine di acquisire posizioni di privilegio (sia nell'erogazione dell'assistenza sanitaria che nella fruizione di «perizie mediche compiacenti», di informazioni riservate ed altri «accomodamenti»), la necessità di costruire relazioni per l'acquisizione di appalti pubblici, l'esigenza di intessere rapporti nei settori che favoriscono il collegamento con la politica al fine di influenzarne le scelte e la necessità di creare le condizioni per favorire talune strutture, private e private accreditate.
  Siffatta situazione è riscontrabile in particolare con riferimento ad alcune aziende sanitarie della regione, su tutte quelle di Locri (ex ASL 9) e di Reggio Calabria (ex ASL 11 e ASP 5).
  A questo riguardo va ricordato che negli scorsi anni, anche a seguito dell'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale nonché dirigente medico dell'ex ASL di Locri, dottor Francesco Fortugno, le indagini avviate nel settore della sanità calabrese avevano portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), delle aziende sanitarie locali di Reggio Calabria e di Locri e alle connesse gestioni commissariali straordinarie.
  Lo scioglimento per condizionamenti della criminalità organizzata ha riguardato, tuttavia, anche altre realtà aziendali, quale quella dell'azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia (2010), essendosi rilevato come diversi settori della vita dell'ente risentissero pesantemente «di un forte e pervasivo condizionamento della criminalità organizzata vibonese con particolare riguardo per alcuni gruppi mafiosi che, in modo evidente, occupano settori vitali dell'Azienda Sanitaria di Vibo Valentia» (relazione della prefettura di Vibo Valentia, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 2010).
  Da ultimo, lo scorso 7 marzo il Consiglio dei ministri ha deliberato un nuovo scioglimento degli organi dell'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e l'affidamento della gestione a una Commissione straordinaria, in ragione dell'esito dell'accesso antimafia eseguito nei mesi precedenti.
  A tale specifico riguardo va peraltro considerato che – come evidenziato chiaramente dalla stessa relazione del prefetto di Reggio Calabria dell'11 dicembre 2018, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 78 del 2 aprile 2019 – sussiste una stretta compenetrazione tra le gravissime criticità emerse nell'ambito delle attività di prevenzione antimafia – dalla quale è scaturito il rimedio, di per sé straordinario, dello scioglimento della più grande azienda sanitaria regionale – e la diffusa condizione di «caos amministrativo e gestionale», pure rilevata nella citata attività di accesso.
  Tale aspetto è bene evidenziato nella citata relazione del prefetto che, anzi, ha puntualizzato, fin dalle sue prime pagine, come tale situazione costituisca il contesto migliore per l'emersione dei gravissimi fenomeni d'infiltrazione mafiosa che hanno giustificato lo scioglimento dell'ASP di Reggio: «in altre parole, si sono dapprima accertate, e tenute nel dovuto conto, le molte innumerevoli manifestazioni del vero e proprio “caos organizzativo e gestionale” nel quale versa l'ASP di Reggio Calabria [...] quindi si sono poi ricercati e rinvenuti gli elementi di condizionamento e di infiltrazione criminale che vi sono connessi, o perché sono causa o concausa della predetta cattiva gestione amministrativa che regna sovrana oppure perché, viceversa, trovano nella rilevata “mala gestio” e nella confusione terreno fertile per attecchire». E, ancora: «l'attività svolta ha messo, infatti, in evidenza sia l'inefficienza ed il disordine amministrativo che i condizionamenti della criminalità organizzata, ai primi legati, dimostrando come la cattiva gestione rilevata non sia solo effetto dell'incapacità del personale e dell'inefficacia dell'azione amministrativa, bensì il risvolto della presenza di interessi illeciti nella vita amministrativa dell'Azienda sottoposta ad indagine».
  Sempre nella citata relazione, censure specifiche sono state poi rivolte alla gestione organizzativa del personale – che è apparsa «assolutamente fuori controllo», tanto che «l'attuale condizione non consente all'Azienda di avere contezza delle mansioni attribuite a ciascun dipendente, dell'effettiva attività svolta, della identificazione del posto in organico e della figura professionale che ricopre» – nonché nell'attività contrattuale, dove si è riscontrata «la perdurante inapplicabilità della regola della evidenza pubblica, nella scelta dei contraenti», nonché la costante «presenza di rapporti artificiosamente proseguiti per anni sulla base di illegittime proroghe a favore di imprenditori contigui alle consorterie criminali» ed «il generalizzato ricorso al sistema degli affidamenti diretti, senza lo svolgimento di alcuna procedura di gara».
  Per ciò che riguarda l'ufficio economico-finanziario, la commissione di accesso ha, innanzitutto, rilevato come «le criticità del predetto ufficio, note da anni, non siano state mai seriamente affrontate dai responsabili che si sono succeduti alla guida dell'ASP. In effetti con nomina nel tempo di Commissari ad acta non si è provveduto alle sistemazioni contabili cui si sarebbe dovuto attendere causando, di fatto, l'impossibilità per l'Azienda di approvare i bilanci già a decorrere dall'esercizio [OMISSIS]. A nulla sono valse le plurime segnalazioni nei propri verbali del Collegio Sindacale che — almeno negli ultimi tre anni — non ha mancato di evidenziare agli Organi di vertice dell'Azienda le criticità che man mano venivano in evidenza. In effetti la mancata generalizzata opposizione ai DD.II. che erano stati presentati negli anni pregressi, unitamente al caos amministrativo-contabile derivante dalla mancata unificazione dei sistemi contabili delle AASSLL previgenti, oltre ad altre vischiosità amministrative ed organizzative, quali l'assenza di dirigenti economico-finanziari competenti, ha di fatto causato — anche attraverso la liquidazione ed il pagamento di ingentissimi interessi moratori sui debiti pregressi esistenti da anni — un depauperamento di risorse economico finanziarie ingentissime e assolutamente assurde — evidenziate anche dalla Corte dei Conti – che, oltre ad incidere in via sostanziale sui risultati economici dell'Azienda, ha provocato distorsioni contabili di grave entità che [...] ha di fatto, da un lato reso impossibili le approvazioni dei bilanci e dall'altro causato un aumento di assegnazioni giudiziarie da regolarizzare in contabilità che, a giudizio dei responsabili, supererebbe i [OMISSIS] di euro. Ciò, di fatto, come anche rilevato dal Collegio Sindacale, rende impossibile la chiusura dei suddetti bilanci. Ove a ciò si aggiunga che — come evidenziato — manca la quantificazione del debito pregresso e sussiste un disallineamento nello stato patrimoniale del bilancio aziendale tra la contabilità ed i valori inseriti in bilancio, la situazione appare così critica e grave da dover imporre, a giudizio di questa Commissione di indagine, una separazione tra il “prima” ed il “dopo” al fine di pervenire ad una generale e molto accurata disamina e controllo di quanto liquidato e pagato almeno a decorrere dall'ultimo bilancio approvato che risulta essere quello relativo all'esercizio finanziario del [OMISSIS]».
  Orbene, pur nella consapevolezza che le summenzionate considerazioni, in quanto estratte dalla relazione del prefetto di Reggio Calabria, devono riferirsi alla specifica situazione di tale azienda, nonché agli obiettivi dell'indagine su di essa svolta, è pur vero che esse hanno riguardo alla seconda azienda della regione e che, di recente, si è insediata un'ulteriore Commissione d'accesso antimafia presso l'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro – che è, come noto, la terza della regione per bacino di utenza: circostanze, queste, che impongono di valutare, mai come in questo preciso momento, misure straordinarie, quali quelle contenute nel decreto in oggetto, che tengano conto sia della già cennata compenetrazione tra il livello di disordine organizzativo e gestionale ed i ben documentati rischi di infiltrazione della criminalità organizzata sia della necessità, in particolare, di concepire misure – come, ad esempio, quelle relative alla gestione degli appalti e sul dissesto – in grado d'introdurre una decisa discontinuità rispetto al passato.
  Invero, va affermato senza tema di smentita che in ordine alla descritta situazione, nonostante i ripetuti provvedimenti sanzionatori e le consequenziali gestioni straordinarie e malgrado l'alternarsi di governi regionali di diverso colore politico, le aziende sanitarie della regione Calabria permangano, più o meno tutte, in uno stato di caos gestionale e amministrativo.
  Deve peraltro essere segnalato che ad ostacolare il raggiungimento della «normalità» amministrativa della sanità calabrese hanno concorso, altresì, le note divergenze emerse tra i vertici politici regionali e la struttura commissariale.
  La dicotomia tra la struttura commissariale – quando non diretta emanazione della regione – ed i vertici politici della regione stessa si è manifestata con palese evidenza in frequenti attacchi ed esternazioni, oltre che in continue reciproche accuse di trascurare l'interesse della salute dei cittadini, facilmente rinvenibili nelle copiosissime fonti di stampa, oltre che negli atti di sindacato ispettivo parlamentare.
  Estremamente significativi, a tal riguardo, risultano gli elementi forniti dal Commissario ad acta pro tempore nell'audizione del 19 settembre 2018 dinanzi alla Commissione 12a del Senato; dalla relazione resa in tale occasione è emersa, in particolare, per ciò che qui rileva, anche e soprattutto la mancanza di sinergia tra la struttura commissariale ed i vertici regionali, con conseguente proposizione di ostacoli di varia natura, ma comunque tali da contribuire all'inadeguatezza sia dell'efficienza dell'azione commissariale che di quella amministrativa regionale.
  Esattamente in quest'ottica ostruzionistica è stato riferito, nel corso dell'audizione, anche del depotenziamento del Dipartimento Tutela della salute della regione Calabria, nel quale continuerebbero a mancare i dirigenti responsabili di settori vitali quali la rete ospedaliera, le autorizzazioni e l'accreditamento, l'emergenza-urgenza, i LEA, il bilancio, gli affari generali, la rete informatica, il personale e l'ufficio delle convenzioni.
  Di converso, la struttura commissariale è stata spesso pubblicamente accusata di operare in piena solitudine anche sui provvedimenti più significativi, come nel caso delle assunzioni e della definizione dei budget per la sanità accreditata, per la stesura dei quali non sarebbero stati coinvolti, né tantomeno consultati, i competenti organi regionali.
  Tale quadro conflittuale – di cui si è dato sinteticamente conto – risulta, peraltro, tanto più grave e significativo laddove si consideri che esso è emerso anche in sede parlamentare – oltre che diffusamente rilevato sui media – da parte dell'organo commissariale nominato nel corso della passata legislatura, e, dunque, in un momento in cui non è dato supporre che tale quadro potesse, anche solo in parte, essere condizionato, in ipotesi, da alterità di appartenenza politica.
  In siffatto contesto, la situazione di disavanzo prima del conferimento delle obbligatorie risorse fiscali regionali fino alla concorrenza del risultato di gestione stesso ha contribuito a rendere ancor più difficoltoso ogni tentativo di riassetto del sistema e di pianificazione delle relative spese; un ostacolo peraltro aggravato dall'ingente spesa della sanità privata, componente non sempre rispettosa della programmazione definita dalla struttura commissariale molto attiva sul versante del contenzioso.
  Il quadro complessivo della tenuta del bilancio regionale, nel campo dell'assistenza sanitaria, è stato riportato, da ultimo, dalla Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per la Calabria nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della regione per l'esercizio finanziario 2017 (udienza del 22 novembre 2018).
  Dalla relazione del presidente di sezione si evincono, infatti, i seguenti elementi che costituiscono una testimonianza inequivocabile dello stato di sofferenza del bilancio regionale per effetto delle diffuse inefficienze gestionali degli enti del servizio sanitario della regione Calabria; nell’incipit di tale relazione si afferma subito, infatti, che «è noto che la Regione Calabria è entrata nel programma di risanamento sanitario (c.d. piano di rientro) nel 2009, a causa dei consistenti disavanzi accumulati. Le criticità da lungo tempo presenti – il cui peso, sia in termini di assistenza medica inadeguata rispetto ai livelli medi nazionali sia in termini di contribuzione, grava notevolmente sui cittadini» sono di seguito illustrate.
  «Una prima criticità riguarda gli impatti, sulle risorse regionali, del saldo della mobilità: spesso, infatti, i cittadini calabresi preferiscono curarsi in altre Regioni ma ciò comporta che la Calabria deve “rifondere” le prestazioni rese ai propri residenti da strutture extraregionali.
  È noto, infatti, che l'attuale assetto del Sistema Sanitario Nazionale prevede che le risorse per la gestione della sanità vengano trasferite dallo Stato alle varie Regioni, tenendo conto anche di meccanismi premiali e perequativi: per la Calabria tali risorse sono fortemente incise, in negativo, dal saldo della mobilità.
  Il saldo della mobilità, in Calabria, ha da sempre avuto un andamento fortemente negativo. Nel 2017 è stato pari a oltre – 293 mln di euro, che impattano negativamente su tutti i residenti: infatti, dividendo tale saldo per il numero degli abitanti, la Sezione ha calcolato che nel 2017, per ogni cittadino calabrese, il fenomeno della mobilità ha avuto un costo di € 150 euro. È il valore pro capite peggiore d'Italia, e, in base ai dati provvisori disponibili, è destinato ad aumentare fino a 163 euro nel 2018, quando il saldo da mobilità dovrebbe essere pari a oltre – 319 mln di euro.
  [...]
  Altre iniziative riguardano la programmazione della rete sanitaria ospedaliera e territoriale e delle reti di specialità e oncologiche, l'aumento dei posti-letto, gli investimenti nel lungo periodo rivolti a: personale (specializzazione delle competenze medico-chirurgiche), risorse tecnologiche (aggiornamento delle apparecchiature diagnostiche e chirurgiche), qualità delle prestazioni, comfort alberghiero, accessibilità (abbattimento delle liste di attesa e delle intermediazioni per l'ammissione alle cure). Tuttavia, tali iniziative risultano in ritardo sulla tempistica di realizzazione pianificata; dovrebbero essere quindi più incisivamente perseguite e accompagnate, ove possibile, da altri strumenti come per esempio la conclusione di accordi interregionali per il governo della mobilità.
  Una seconda criticità riguarda, per il momento soprattutto prospetticamente, l'equilibrio reddituale e finanziario della gestione sanitaria.
  Il disavanzo creatosi dopo il piano di rientro, a partire dal 2012, ha trovato, allo stato, sostanzialmente copertura nelle entrate fiscali.
  Però, l'analisi condotta sugli aspetti della gestione dell'esercizio 2017 (CE e SP cod. 999) evidenzia che i notevoli oneri finanziari che sono via via maturati – anche per il frequente e massiccio ricorso ad anticipazioni di tesoreria – pur essendo stati adeguatamente ripagati attraverso l'utilizzo di entrate straordinarie (sopravvenienze attive per recupero crediti derivanti da prestazioni sanitarie erogate dai PP.SS. in codice bianco e verde, incassi da Ticket per specialistica ecc.), hanno determinato l'incremento, rispetto al 2016, della perdita d'esercizio. I dati prospettici sul 2018 sono indicativi della stessa tendenza dei risultati gestionali delle annualità precedenti: quindi, anche per l'annualità in corso un peso rilevante avranno le entrate straordinarie non ripetitive. Tali componenti di entrata, per loro natura, non sono come è evidente stabili, e non possono costituire elemento su cui fondare un effettivo risanamento.
  In tale contesto, si assiste ad un tendenziale scostamento dei fenomeni contabili rispetto alla programmazione operativa finalizzata al risanamento; la Regione Calabria ha accumulato ritardi tali da far ritenere opportuna una opera di rivisitazione della pianificazione, che tenga conto delle criticità e delle sopravvenienze in concreto manifestatesi in questi ultimi anni.
  La terza criticità è la difficoltà della Regione a recuperare il proprio disavanzo pregresso, quello alla base del piano di rientro, anche a motivo [...] dell'inefficienza delle Aziende del Sistema Sanitario Regionale (SSR), che devono curare i pagamenti dei debiti passati.
  È necessario sottolineare che il disavanzo originariamente accumulato dalla Regione Calabria, alla base della sottoscrizione del piano di rientro più volte citato, è stato notevole (pari a oltre 900 mln di euro originariamente) e ha trovato copertura in fonti straordinarie (come finanziamenti FAS e anticipazioni di liquidità), in mutui, in manovre fiscali.
  Tutto ciò ha chiaramente gravato pesantemente i costi sostenuti dai cittadini calabresi considerando che, solamente negli anni 2015, 2016 e 2017, le manovre fiscali che hanno finanziato il rientro dal disavanzo sono state, complessivamente, pari a oltre 279 mln di euro; inoltre, il debito contratto per le anticipazioni di liquidità e per i mutui ha prodotto, solo nel 2017, interessi per oltre 47 mln di euro (oltre a restituzioni di quote capitale per oltre 15 mln di euro)».
  Tali conclusioni trovano pieno riscontro nelle informazioni in possesso del Ministero della salute.
  Sulla base dei dati del Nuovo sistema informativo sanitario, i risultati di esercizio a consuntivo prima delle coperture hanno, infatti, presentato un progressivo peggioramento negli anni 2014-2017. Anche nell'anno 2018, il dato di quarto trimestre (preconsuntivo) ha confermato la presenza di un disavanzo di gestione di circa 128,7 milioni di euro, dunque quasi raddoppiato nell'arco di cinque anni. Va evidenziato, in proposito, che il risultato di gestione è stato anche influenzato dai tardivi impegni del bilancio regionale concernenti l'integrale copertura delle spese sociali, che sono in ogni caso state successivamente conferite al servizio sanitario regionale.
  Deve richiamarsi, inoltre, la circostanza, che già era prevedibile sulla base del monitoraggio trimestrale in corso d'anno, del prospettarsi di un disavanzo ancora maggiore rispetto alla capacità di copertura determinata dalle aliquote fiscali dell'anno d'imposta 2019 e, dunque, non coerente con le coperture obbligatorie previste dal Piano di rientro (pari a circa 100 milioni di euro), con la conseguente attivazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente, vale a dire l'ulteriore aumento delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale IRPEF nella misura rispettivamente dello 0,15 per cento e dello 0,30 per cento, oltre che il blocco automatico del turn over – a legislazione vigente – del personale del servizio sanitario regionale e il divieto di effettuare spese non obbligatorie da parte del bilancio regionale, fino al 31 dicembre dell'anno successivo a quello in corso.
  Una circostanza, quest'ultima, come detto, prospettata anche nell'ambito della riunione congiunta del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, tenutasi lo scorso 15 novembre 2018 e che evidenzia una diffusa inefficienza nel presidio della spesa delle aziende sanitarie e nell'attuazione degli interventi di riequilibrio della dinamica della spesa previsti nel piano di rientro.
  Inoltre, sebbene la regione Calabria abbia rispettato il limite previsto dall'articolo 3, comma 7, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64 (destinando al proprio Servizio sanitario regionale la totalità delle risorse appositamente incassate dallo Stato e delle somme destinate dalla stessa regione a valere su risorse proprie), la citata riunione congiunta dei Tavoli tecnici ha evidenziato che al 31 marzo 2018 rimanevano in Gestione sanitaria accentrata (GSA) 142,8 milioni di euro di risorse non trasferite agli enti del SSR.
  L'immotivata trattenuta da parte della GSA di ingenti somme, di cui una parte rilevante costituita da finanziamento indistinto e risorse fiscali, limita, infatti, il trasferimento di liquidità agli enti del SSR, aggravando la circostanza per la quale questi ultimi presentano su scala nazionale i maggiori ritardi nei tempi di pagamento dei fornitori.
  In aggiunta, lo stato patrimoniale (relativo all'anno 2017), come emerso sulla base della verifica condotta dai Tavoli tecnici, evidenzia l'alta dimensione delle disponibilità liquide aziendali, a cui però si contrappone, oltre ai citati alti tempi di pagamento dei fornitori, una crescita delle anticipazioni verso il tesoriere (+369 per cento) che non ha pari in Italia – ove invece, al netto della Calabria, le anticipazioni verso il tesoriere sono diminuite considerevolmente (-53 per cento).
  A ciò si aggiunga che la regione Calabria rappresenta – nell'ambito delle regioni impegnate nei piani di rientro ovvero nella loro prosecuzione in programmi operativi – quella che ha registrato il valore più basso nel contesto nazionale, che identifica nel livello di valutazione ministeriale (cosiddetta griglia LEA) il livello di soddisfacimento minimo dei livelli essenziali di assistenza.
  Infatti, il punteggio complessivo per il 2017 della c.d. griglia LEA si attesta per la regione Calabria su un punteggio pari a 136 che, secondo i parametri di riferimento fissati dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (Comitato LEA) (range 25-225; positivo a 160), risulta sotto la soglia di adempienza e in preoccupante flessione rispetto alla precedente annualità.
  A tale specifico riguardo, non può non darsi rilievo alle recentissime valutazioni effettuate in occasione della periodica riunione congiunta di verifica del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e del Comitato LEA per il monitoraggio dello stato di attuazione del Piano di rientro della regione Calabria, che ha avuto luogo il 4 aprile 2019, che, dunque, recano la più attendibile ed aggiornata rappresentazione dello stato della sanità calabrese.
  Da una parte, in tale sede, è stata innanzitutto confermata la performance, appena illustrata, relativa alla c.d. griglia LEA che, dunque, continua a recare il peggior risultato tra tutte le regioni, pari a 136, molto al di sotto della soglia minima di 160.
  Dall'altra, con riferimento alla situazione economico-finanziaria, i tavoli tecnici hanno rilevato che la regione Calabria, al IV trimestre 2018, presenta un disavanzo di 168,898 milioni di euro, che rappresenta il 4,7 per cento del finanziamento ordinario incrementato delle maggiori entrate proprie rispetto a quelle cristallizzate e inglobate nel livello di finanziamento. Dopo il conferimento delle coperture, il risultato di gestione del IV trimestre 2018 evidenzia ancora un disavanzo di circa 61 milioni di euro. Pertanto i suddetti tavoli hanno dato atto che si sono realizzate, con riferimento al risultato di gestione dell'anno 2018, le condizioni per l'applicazione degli automatismi fiscali previsti dalla legislazione vigente, ovvero: l'ulteriore incremento delle aliquote fiscali dell'IRAP e addizionale regionale all'IRPEF per l'anno d'imposta in corso, rispettivamente nelle misure di 0,15 e 0,30 punti; l'applicazione del blocco automatico del turn over del personale del SSR fino al 31 dicembre dell'anno successivo a quello in corso; il divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo.
  Con particolare riferimento all'ASP di Reggio Calabria, è stato, inoltre, rilevato come non risultino adottati i bilanci – addirittura – dal 2013 al 2017.
  Con riferimento, invece, alla verifica dello stato di attuazione del Programma operativo (PO) 2016-2018, i tavoli tecnici hanno segnalato importanti ritardi e/o disfunzioni – che si elencano, partitamente qui di seguito – che testimoniano, di fatto, anche le difficoltà e le inefficienze che la stessa struttura commissariale ha registrato in questi anni.
  E, dunque, come emerge dalle conclusioni della citata riunione congiunta del 4 aprile, il Tavolo tecnico e il Comitato LEA:

   con riferimento alle reti tempo-dipendenti: hanno rilevato il ritardo nell'implementazione delle reti rispetto a quanto previsto dal DCA 64/2016 di riorganizzazione della rete ospedaliera ex DM 70/2015;

   con riferimento alla rete oncologica: sono rimasti in attesa della prevista revisione, segnalandone il ritardo rispetto alle tempistiche previste dal PO 2016-2018;

   con riferimento alla rete della riabilitazione e lungodegenza: hanno sollecitato l'emanazione del provvedimento di definizione dei nodi della rete, segnalandone il ritardo rispetto alle tempistiche previste dal PO 2016-2018;

   con riferimento alla rete perinatale: sono rimasti in attesa delle determinazioni della struttura commissariale sui PN sub-standard di Cetraro e, in particolare, Soverato;

   con riferimento all'assistenza territoriale: hanno chiesto un cronoprogramma dettagliato sulle attività di verifica del fabbisogno regionale e sono rimasti in attesa del nuovo atto di programmazione della rete, unitamente alla ridefinizione delle tariffe e della revisione dei manuali di accreditamento, che recepisca le osservazioni rese, con particolare riferimento alla necessità di renderlo coerente con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 di definizione e aggiornamento dei LEA;

   in tema di sanità veterinaria e sicurezza alimentare: hanno richiamato la necessità di una maggiore governance nel settore, procedendo all'approvazione del Piano Regionale Integrato dei controlli 2019, nonché: a) a elevare il livello di attività dei Servizi; b) a raggiungere i principali obiettivi sanitari inerenti alle profilassi obbligatorie, alla prevenzione del randagismo, all'uso corretto dei farmaci veterinari mediante l'implementazione della ricetta veterinaria elettronica; c) a definire una programmazione regionale includente i controlli su animali e produzioni alimentari nelle aree ad alto impatto ambientale e coerente con la specifica pianificazione nazionale;

   in tema di accreditamento: sono rimasti in attesa delle più volte richieste proposte di legge regionale relative alla modifica degli articoli 17 e 18 della legge regionale n. 22 del 2007, nonché della legge regionale n. 24 del 2008 per l'autorizzazione/accreditamento e rapporti con gli erogatori privati;

   in tema di personale: hanno chiesto di ricevere, con ogni celerità, lo stato dell'arte delle assunzioni effettuate, delle graduatorie approvate dalle quali le aziende non hanno proceduto ad effettuare assunzioni e delle procedure di concorso avviate e non ancora concluse;

   in tema di liste di attesa: hanno sollecitato il recepimento del nuovo Piano Nazionale Liste di Attesa 2019-2021 e la conseguente definizione del Piano regionale;

   in tema di spesa farmaceutica: hanno rilevato il mancato rispetto sia della spesa convenzionata, che di quella per acquisti diretti;

   in tema di contabilità analitica: continuano a rilevare gravi criticità e carenze nell'implementazione della stessa in tutte le aziende del SSR.

  Con riferimento, ancora, alla verifica adempimenti, il Tavolo tecnico e il Comitato LEA hanno rilevato il persistere di numerose inadempienze riferite agli anni 2016 e 2017 che pregiudicano l'accesso alla quota premiale del Fondo sanitario nazionale. Anche per l'anno 2015 persistono talune inadempienze e, a tal proposito, i due organi tecnici hanno rammentato che nella scorsa riunione del 15 novembre 2018, al fine di non pregiudicare la disponibilità di liquidità nella regione, erano state sbloccate le risorse premiali 2015, fermo restando la gravità di tutte le inadempienze ancora presenti in sede verifica dei LEA, che dovranno essere riprese in sede di definizione dei PO 2019-2021, nonché nei piani di rientro ex legge 28 dicembre 2015, n. 208, delle aziende sanitarie. Il Tavolo tecnico e il Comitato LEA, dunque, hanno valutato negativamente il mancato superamento anche delle inadempienze relative all'anno 2015.
  In aggiunta agli esiti dei tavoli di verifica, ulteriori parametri oggettivi consegnano il quadro attuale del livello della sanità calabrese e del relativo, grave ritardo rispetto agli standard di tutte le altre regioni italiane.
  E così, anche con riferimento ai dati relativi al Programma nazionale di valutazione degli esiti (PNE), che misura il livello di efficacia degli interventi clinici, si registrano per i principali indicatori di esito valori significativamente al di sotto degli standard nazionali.
  Quanto sopra spiega anche il fenomeno della alta mobilità passiva extraregionale, che nel corso degli anni ha contribuito ad aumentare l'entità del disavanzo sanitario, oltre che il sempre importante ricorso agli erogatori privati accreditati della medesima regione.
  Complessivamente, infatti, la quota di valore delle prestazioni ospedaliere erogate a residenti calabresi da strutture ubicate in altre regioni è in sostanziale crescita, attestandosi a quasi 320 milioni di euro. Volendo, poi, mettere a confronto la percentuale dei ricoveri dei residenti calabresi in altre regioni rispetto a quelli eseguiti fuori regione dai residenti delle altre regioni in piano di rientro, si evince che la Calabria si attesta su valori superiori alla media, con un tasso di ricoveri in mobilità passiva extraregionale che supera il 24 per cento.
  I tavoli di verifica hanno inoltre costantemente rilevato un sostanziale ritardo nell'attuazione dei mandati conferiti alle precedenti strutture commissariali, essendo la maggior parte delle azioni previste dai Programmi operativi in ritardo rispetto a quanto programmato.
  Le varie carenze sono ascrivibili in primo luogo alla qualità e alla sicurezza dell'assistenza ospedaliera. Specifici indicatori di qualità e sicurezza assistenziale evidenziano una quota di parti cesarei primari superiore ai valori standard di riferimento (29,6 per cento vs 15 per cento nelle strutture con meno di mille parti/anno; 27,4 per cento vs 25 per cento nelle strutture con più di mille parti/anno) e una quota di pazienti ultra-sessantacinquenni con diagnosi principali di frattura del collo del femore, operati entro 2 giornate in regime ordinario, molto inferiore allo standard di riferimento stabilito dal DM n. 70/2015 (31,84 per cento vs 60 per cento). Le criticità sono ascrivibili anche all'adesione agli screening oncologici (che mostra valori fortemente inadeguati) e all'erogazione dell'assistenza territoriale (che evidenzia, tra i vari indicatori, una quota insufficiente di anziani assistiti a domicilio).
  Si rilevano, inoltre, ritardi nella riorganizzazione della rete ospedaliera (programmata con il decreto del commissario ad acta n. 64/2016 e valutata positivamente dai tavoli preposti) e nella definizione dei nodi della rete riabilitativa e della lungodegenza, oltre che mancanze nella trasmissione dei report in materia di controlli delle cartelle cliniche, continui sforamenti dei tetti relativi alla spesa farmaceutica e la carenza dei flussi informativi, che non consente una valutazione corretta dell'erogazione dei LEA e della programmazione e della governance regionale.
  In estrema sintesi, dunque, l'odierna situazione della sanità calabrese appare il risultato di molteplici concause, spesso interrelate tra loro e stratificatesi nel tempo, coinvolgendo, senza apprezzabili differenze, tutte le diverse gestioni politiche e amministrative che si sono succedute nel tempo.
  Cause diverse e numerose in cui l'elemento unificante è dato dal criterio dell'inefficienza, che non si manifesta sotto una veste difforme a seconda delle diverse cornici territoriali ma che, all'opposto, evidenzia affinità nei vari contesti infraregionali, a iniziare dalle realtà più compromesse, offrendo in tal modo uno spaccato omogeneo delle distorsioni del sistema.
  Restano – come in tutti i settori della società civile e della pubblica amministrazione – casi di buona sanità, anche con punte di eccellenza, e si rilevano anche tante figure di professionisti di assoluta competenza che operano nelle strutture sanitarie della regione. Ciò che è indubbio, tuttavia, è che tali casi – a differenza delle altre regioni – si devono soprattutto alle qualità ed all'abnegazione di singoli professionisti sanitari, ai quali non può richiedersi oltre un sacrificio personale eccessivo e, in ogni caso, destinato ad essere frustrato da un contesto di generale e diffusa inefficienza.
  È proprio la presenza di una inefficienza generalizzata il tratto dominante del sistema sanitario calabrese, al punto da conferire a quest'ultimo le caratteristiche tipiche di un sistema strutturalmente debole, stretto nella combinazione tra un governo regionale incapace di imporre scelte di rinnovamento, un governo aziendale troppo spesso privo di capacità di gestione, una diffusa inadeguatezza strutturale dei presidi sanitari, una generalizzata disorganizzazione amministrativa e gestionale e, ultimo ma non ultimo, una pervicace sovrapposizione degli interessi tipici della criminalità organizzata: un insieme di fattori che ha pregiudicato le esigenze assistenziali e che preclude un governo efficace della spesa, determinando il permanere di disavanzi, prima delle obbligatorie coperture fiscali.
  Nella già citata relazione del Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per la Calabria nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della regione per l'esercizio finanziario 2017, vengono espresse, con estrema chiarezza, le criticità connesse all'inefficienza amministrativa degli Enti del SSR che giustificano la necessità di inserire nel presente decreto le disposizioni finalizzate al commissariamento delle Aziende (articolo 3) nonché alla loro eventuale dichiarazione di dissesto (articolo 5).
  Si legge, infatti, in tale relazione che le «Aziende sono salite spesso agli onori delle cronache, per le inchieste giudiziarie che le hanno riguardate. Dal punto di vista strettamente contabile, la Sezione ha osservato che le stesse, pur avendo ampie disponibilità liquide, non riescono a far fronte tempestivamente ai pagamenti.
  Ancora, l'adempimento del debito pregresso è stato, dal 2015, affidato agli enti del SSR ma i pagamenti, nel 2017, non registrano progressi ed è stata soddisfatta soltanto il 70 per cento della massa passiva, nonostante i significativi trasferimenti di risorse da parte della Regione.
  Gli adempimenti verso fornitori evidenziano costantemente l'accumularsi di debiti correnti il cui tardivo adempimento (che avviene in tempi lunghissimi: in media, 209 gg., con “punte” che hanno superato anche gli oltre 800 gg.) genera la formazione di ingenti interessi di mora, che aggravano ulteriormente la posizione debitoria delle Aziende.
  In tale preoccupante panorama, occorre particolarmente considerare la situazione di gravissimo disordine amministrativo/contabile in cui versa la ASP di Reggio Calabria. Nonostante il problema sia noto alla Regione e alla struttura commissariale, la ASP continua a non approvare bilanci dal 2013, ha effettuato il pagamento dei propri debiti pregressi solo in minima parte (14 per cento del totale) e non dispone evidentemente di una struttura deputata a verificare la correttezza dei pagamenti effettuati, con il costante rischio di estinguere più volte lo stesso debito, o di pagare somme oggettivamente non dovute.
  Inoltre, occorre tenere presente che per ben quattro enti del SSR (le Aziende Ospedaliere di Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria e l'Azienda Ospedaliera Universitaria Mater Domini di Catanzaro) è stato ritenuto che ricorrano i presupposti per l'adozione di un piano di rientro aziendale. L'adozione dei suddetti piani ha avuto una gestazione lunga, che ha reso in parte non coerenti le prescrizioni con l'arco temporale di riferimento (2017-2019); sempre il lungo iter formativo degli strumenti di risanamento aziendale è alla base, secondo quanto riferito dalla Regione, della mancata appostazione nel bilancio 2017 della GSA di una quota del fondo sanitario regionale corrispondente alla somma degli scostamenti negativi di cui ai piani di rientro in parola.
  Appaiono particolarmente generiche le misure, previste in alcuni piani, rivolte alla riorganizzazione delle strutture operative e del personale. In particolare, saranno da verificare i risultati che afferiscono alle programmate riduzioni dei costi per beni e servizi (sanitari e non sanitari), sia sul piano quantitativo sia rispetto ai tempi previsti per l'attuazione dei piani: è il caso, per esempio, delle AO di Cosenza e AO Mater Domini, che hanno previsto misure di risanamento (come l'attivazione dei corpi operatori e di nuove sale per l'AO di Cosenza e l'integrazione delle due aziende sanitarie Mater Domini e Pugliese Ciaccio) allo stato non attuate e non coerenti con il triennio considerato (2017-2019), del quale è già trascorsa la prima annualità e buona parte della seconda. Deve aggiungersi, inoltre, che alcune misure indicate nei piani sono condizionate da variabili di contesto (come il turnover del personale e le nuove assunzioni) non pienamente dominabili dalle aziende».
  Tutto ciò porta a ritenere – e la relazione della Corte dei Conti lo evidenzia chiaramente – che un'adeguata qualità dei servizi sanitari non possa prescindere dall'efficacia e dall'efficienza della struttura amministrativa e della gestione commissariale, con riferimento alle quali appare indifferibile un'inversione di percorso e una decisa discontinuità sia delle regole che dei soggetti che formano la governance del sistema sanitario regionale.
  La gravità della situazione in cui versa il servizio sanitario della regione Calabria, alla luce dei dati disponibili presso il Ministero della salute, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'AGENAS, nonché delle più recenti valutazioni emerse dai verbali delle riunioni dei tavoli tecnici, è, infatti, la chiara espressione delle gravi difficoltà incontrate dall'amministrazione sanitaria regionale e dallo stesso intervento sostitutivo statale, le cui prerogative hanno comunque consentito nelle altre regioni interessate da tale istituto un effettivo miglioramento dei rispettivi sistemi sanitari.
  Queste considerazioni convincono, dunque, che l'efficacia dell'intervento statale risenta nella regione in esame di un contesto fortemente provato da diffuse illegalità, oltre che di una macchina amministrativa regionale non sufficientemente adeguata dal punto di vista organizzativo e della carenza delle risorse professionali disponibili.
  Al fine di affrontare con determinazione e rapidità il tentativo di traghettare la sanità calabrese verso situazioni di «normalità» amministrativa è necessario, dunque, adottare un intervento normativo straordinario, attraverso il quale si auspica – nella piena consapevolezza dei limiti costituzionali connessi ad ogni intervento in senso lato sostitutivo – di poter almeno originare un percorso finalizzato ad una prima rimozione dei principali fattori di criticità, dotando il Commissario ad acta per l'attuazione degli obiettivi del piano di rientro della regione Calabria di poteri straordinari che consentano in tempi certi e definiti il ripristino della normalità, garantendo la trasparenza nel settore sanitario, superando anche ostacoli burocratici ed ambientali.
  Si passa ora all'illustrazione delle singole disposizioni normative.
  L'articolo 1 si limita a definire – per le ragioni che si ritiene di aver ampiamente illustrato in premessa – l'ambito di applicazione delle disposizioni di quella parte del decreto che riguarda la Calabria. Viene chiarito, infatti, che il decreto reca misure di dichiarata natura «speciale», che avranno applicazione solo nel contesto del sistema sanitario della regione Calabria.
  L'articolo 2 attribuisce al Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario il compito di effettuare una verifica straordinaria sull'attività dei direttori generali degli enti del servizio sanitario della regione Calabria. Si fa presente che, a legislazione vigente e in via ordinaria, la verifica dell'attività dei direttori generali rientra nelle attribuzioni della regione; tuttavia, ricondurre tale compito al Commissario ad acta e imporre dei termini più abbreviati per l'esercizio di tale competenza appare una misura sistematica necessaria per garantire il raggiungimento degli obiettivi posti dal Piano di rientro: ciò proprio in considerazione del fatto che la gestione deficitaria condotta fin d'ora dalla maggior parte delle aziende sanitarie calabresi trova una sua ragione anche nella insufficienza delle verifiche attuate dalla regione Calabria, le quali non hanno quasi mai impedito il riconoscimento ai direttori generali di tutti gli emolumenti accessori connessi al raggiungimento degli obiettivi gestionali.
  Con l'articolo 3 s'individuano le misure da attivare in caso di esito negativo della verifica dei direttori generali ai sensi dell'articolo 2 ovvero nel caso in cui, in luogo dei direttori generali, presso gli enti del servizio sanitario regionale risultino in carica, alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, dei commissari individuati dalla regione sulla base della normativa regionale di riferimento, per i quali viene, peraltro, disposta l'immediata decadenza. In entrambi i casi il Commissario ad acta è tenuto a nominare un Commissario straordinario con i requisiti individuati dalla norma.
  Al comma 1 viene, in particolare, definita la procedura di nomina del commissario straordinario, per la quale si stabilisce che essa sia effettuata dal Commissario ad acta, d'intesa con la regione. In mancanza dell'intesa – la quale, atteso il carattere d'urgenza del presente provvedimento, si ritiene ragionevole doversi acquisire entro 10 giorni – viene stabilito che la nomina sia effettuata dal Ministro della salute, previa delibera del Consiglio dei ministri, alla cui riunione è invitato a partecipare il Presidente della Giunta regionale.
  Al comma 2 si stabilisce che il Commissario straordinario possa essere scelto anche nell'ambito dello specifico elenco dei soggetti idonei di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, e, comunque, anche tra soggetti in quiescenza che abbiano le qualità indicate dalla norma. Tali indicazioni lasciano aperte, dunque, più possibilità, di cui la disposizione dà conto, individuando misure specifiche a seconda dell'inquadramento giuridico del soggetto chiamato a ricoprire l'incarico di Commissario straordinario. E così, nel caso in cui tale soggetto sia legato alla pubblica amministrazione latamente intesa (e, dunque, sia ad altri enti del servizio sanitario, anche di altre regioni, sia ad altri enti pubblici) con incarichi di natura privatistica, alla nomina consegue de jure lo scioglimento del rapporto contrattuale preesistente, essendo tale nomina causa legittima di recesso di tale rapporto. Nel caso in cui il soggetto prescelto per l'incarico da commissario straordinario sia un dipendente pubblico, per questi viene, invece, stabilita l'aspettativa senza assegni e con conservazione dell'anzianità. La puntualità di tali disposizioni è, invero, richiesta dalla necessità che, atteso il carattere di estrema urgenza delle disposizioni introdotte dal decreto, non si determini alcuna impasse nella fase di nomina e/o insediamento dei Commissari straordinari individuati.
  Con il comma 3 al fine di assicurare la piena continuità amministrativa nella gestione dell'ente, si chiarisce che, nelle more della nomina del Commissario straordinario, si applicano le disposizioni vigenti in tema di assenza e/o impedimento del direttore generale (e, cioè, l'articolo 3, comma 6, del decreto legislativo n. 502 del 1992) prevedendo, altresì, anche ulteriori meccanismi automatici di sostituzione nella denegata ipotesi della mancanza, nella struttura, del direttore amministrativo e del direttore sanitario.
  Con il comma 4 si attribuisce al Commissario ad acta la facoltà di nominare un Commissario straordinario per uno o più enti del SSR. Con tale facoltà si intende agevolare, tra l'altro, il percorso di aggregazione degli enti del SSR, già avviati o da avviarsi nell'ambito dell'esercizio delle prerogative del Commissario ad acta, rinvenibili nella delibera di nomina, afferenti all'attuazione del Piano di rientro e finalizzati, se del caso, anche alla revisione della rete territoriale e/o ospedaliera della regione.
  Con il comma 5 viene individuato il compenso aggiuntivo dei Commissari straordinari, nella convinzione della scarsa attrattività – sia per manager del settore sanitario, eventualmente iscritti all'albo dei direttori generali di cui all'articolo 1 del citato decreto legislativo n. 171 del 2016, sia per le altre professionalità, eventualmente anche in quiescenza, aventi le qualità e i requisiti previsti dalla disposizione in parola – di un incarico estremamente limitato nel tempo e connotato da un indiscutibile carattere di complessità, nonché non privo di rischi connessi a un contesto ambientale in cui si sono verificati, come noto, molteplici casi di malaffare, per i quali è stata accertata la responsabilità di dipendenti delle aziende sanitarie, e, addirittura, taluni, ripetuti scioglimenti per infiltrazioni mafiose, oltre che gravissimi episodi delittuosi proprio ai danni di alcuni dirigenti medici locali (su tutti l'assassinio del dirigente medico dell'ex A.S.L. di Locri, dr. Francesco Fortugno). La disposizione prevede, dunque, che ferma restando la retribuzione corrisposta, a carico della regione, per l'incarico di direttore generale – che, come detto, il commissario straordinario provvede a sostituire – e dato atto, pertanto, della invarianza di oneri per la regione, lo Stato si faccia carico di un emolumento aggiuntivo, pari a 50.000 euro lordi. Per i commissari straordinari residenti fuori regione è previsto, inoltre, il rimborso delle spese documentate entro un limite massimo di euro 20.000 annui: ciò, nella ulteriore – e ancora più convinta – considerazione che, essendo massimamente auspicabile che i soggetti scelti per l'incarico commissariale provengano al di fuori del contesto professionale ed ambientale della regione, l'incertezza di una prospettiva di un incarico così breve, quale quella che si prefigura con questo decreto, non possa essere compensata dal solo emolumento aggiuntivo di cui si è detto sopra, ma vada, in qualche modo, ulteriormente rinforzata dalla sterilizzazione delle principali spese vive (in particolare quelle relative a un alloggio, che non potrà che essere reperito con modalità transitorie) che detto incarico inevitabilmente comporterà. Si aggiunge, peraltro, che il reperimento di figure di elevata qualificazione professionale, anche nell'ambito delle procedure di selezione ordinarie di cui al decreto legislativo n. 171 del 2016 avviate dalla regione Calabria, è reso oggettivamente più difficoltoso dalla circostanza che la retribuzione prevista da quella regione per l'incarico di direttore generale (pari a euro 123.949,65 lorde) è tra le più basse tra quelle previste dalle regioni.
  Il comma 6 impone ai Commissari straordinari di adottare, entro il termine di nove mesi dalla loro nomina, un nuovo atto aziendale. Si rammenta che l'adozione dell'atto aziendale rientra tra le prerogative ordinarie – in quanto atto gestorio per eccellenza – dei direttori generali (i quali, come si è detto, sono sostituiti dai Commissari straordinari di cui al presente decreto in tutte le loro attribuzioni); tale prerogativa, peraltro, è qualificata dalla legge come attribuzione esercitabile in via continuativa, o comunque senza alcun termine, e, pertanto, ogni qual volta il direttore generale ne ravvisi la necessità. La condizione generale, di cui si è dato atto in premessa, di tutte le Aziende sanitarie calabresi impone, dunque, che gli atti aziendali attuali – ai quali, in ragione di una elementare deduzione logica si devono, almeno in parte, le condizioni di confusione organizzativa e amministrativa, se non addirittura di vero degrado riscontrate nei numerosi documenti dianzi citati – vengano rimessi in discussione dal Commissario straordinario, con particolare riferimento ai meccanismi di controllo interno, di cui è stata lamentata, in più sedi, l'insufficienza.
  Con il comma 7 si individuano modalità specifiche per la verifica, da parte del Commissario ad acta, anche dell'attività dei Commissari straordinari nominati ai sensi del presente decreto. Attesa la particolare esigenza di coerenza dell'attività delle singole aziende sanitarie nel contesto degli obiettivi posti – e finora mai raggiunti – dai Piani di rientro e dei relativi programmi operativi succedutisi nel tempo, si ritiene che anche nell'ambito di un percorso d'azione speciale e molto limitato nel tempo, qual è quello prefigurato dal presente decreto, sia indispensabile verificare in via continuativa anche l'azione dei soggetti che, in qualità di commissari – e, dunque, nell'esercizio di una funzione latu sensu sostitutiva, promanante dal Governo, per il tramite del Commissario ad acta – svolgeranno, di fatto, un ruolo assimilabile a quello di «soggetti attuatori» delle azioni poste dal Commissario ad acta.
  Con il comma 8 viene specificato che l'attività svolta come Commissario straordinario ai sensi del presente decreto vale come attività dirigenziale ai fini della valutazione per l'ammissione nell'elenco, di cui al comma 7-ter dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 171 del 2016. La volontà di inserire tale precisazione, per quanto si possa ritenere già che l'attività commissariale – in quanto del tutto sostitutiva delle funzioni del direttore generale – vada pacificamente valutata ai predetti fini, risiede esclusivamente nella necessità di fugare ogni residuo dubbio, che costituirebbe un ulteriore elemento di scarsa attrattività dell'incarico commissariale per quei soggetti – peraltro, per certi versi, professionalmente più qualificati – che ambiscono all'inserimento, o al mantenimento dell'iscrizione, nell'elenco nazionale dei direttori generali.
  Con il comma 9 si danno indicazioni circa la durata dell'incarico dei Commissari straordinari precisando, per effetto del rinvio all'articolo 15, che essa non possa superare l'efficacia delle disposizioni dell'intero decreto, pari a diciotto mesi dall'entrata in vigore. Allo stesso tempo, al fine di contemperare due esigenze costituzionalmente rilevanti – e cioè, da una parte, il forte convincimento, che muove dietro tutte le misure speciali qui previste, che, in nome della garanzia del diritto costituzionale alla salute e dei livelli essenziali di assistenza dei cittadini calabresi, debba essere introdotta una profonda discontinuità nella governance degli Enti del SSR e, dall'altra, la consapevolezza che tale intervento, latu sensu sostitutivo, debba essere rigorosamente limitato nel tempo per consentire alla regione di esercitare il prima possibile le prerogative ad essa spettanti in nome del dettato costituzionale – si prevede che la regione possa avviare le nuove procedure selettive per l'individuazione dei direttori generali, laddove lo ritenga opportuno, già dodici mesi dopo l'entrata in vigore del presente decreto. Da ciò si desume, pertanto, che la durata dell'incarico commissariale sarà pari almeno a tale lasso di tempo, che deve considerarsi il minimo indispensabile per poter assicurare il raggiungimento di qualsivoglia, significativo obiettivo di natura gestionale. Dopo dodici mesi, dunque, la regione, ai sensi e con le modalità previste dalla disciplina ordinaria vigente, potrà nuovamente avviare le procedure di nomina dei nuovi direttori generali che, ove compiute nell'arco dei diciotto mesi di vigenza del presente decreto, non determineranno alcuna soluzione di continuità tra l'azione dei commissari e quella dei neonominati direttori generali.
  Con l'articolo 4 si stabilisce che i Commissari straordinari debbano verificare periodicamente, e comunque entro 60 giorni dalla nomina, una verifica sull'attività dei direttori amministrativi e sanitari delle rispettive aziende. Tale verifica rimane, in ogni caso, ancorata all'eventuale accertamento delle cause di decadenza dall'incarico previste dalla legislazione vigente, espressamente richiamata nella disposizione in parola. Sotto questo aspetto, dunque, nulla viene innovato, essendo solo stabilita la doverosità di una verifica che sulla base della normativa nazionale di riferimento, cui la disposizione in parola fa espresso rinvio, è comunque sempre esercitabile da parte del direttore generale. Anche le conseguenze connesse alla eventuale decadenza dall'incarico e alla conseguente esigenza di nominare un nuovo soggetto, non sono in alcun modo diverse da quelle già a oggi determinabili sulla base della citata legislazione nazionale. Con la disposizione in parola si stabilisce, infatti, che ai fini della sostituzione dei direttori amministrativi e/o sanitari decaduti il direttore generale attinga solo nell'ambito di quegli elenchi regionali di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 171 del 2016, la cui iscrizione consegua a una selezione effettiva da parte della commissione prevista dalla legge: ciò nella consapevolezza che, in ragione delle diverse applicazioni avvenute in ambito regionale della citata disposizione nazionale, residuino tuttora elenchi regionali non adeguatamente confortati dalla procedura selettiva prevista dalla legge.
  Con l'articolo 5 s'intende estendere alle aziende sanitarie della regione Calabria la disciplina prevista per gli enti locali – nonché già estesa, per effetto di altre disposizioni speciali, anche ad altri enti e/o amministrazioni – in tema di dissesto. Per quanto numerosi atti e documenti analizzati dai competenti tavoli, nonché menzionati in molte altre sedi istituzionali (tra le quali si rammenta, in particolare, da ultimo, la relazione della Corte dei Conti – Sezione regionale di controllo per la Calabria nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della regione per l'esercizio finanziario 2017 – udienza del 22 novembre 2018 – già diffusamente citata nella premessa di questa relazione illustrativa) abbiano fornito prova di un generalizzato e gravissimo disordine contabile – che, di fatto, ha costituito finora uno dei principali ostacoli ad ogni seria gestione degli Enti del SSR (sia in regime di ordinarietà che in costanza di regime commissariale) – è previsto che la dichiarazione di dissesto consegua comunque a una verifica fattuale effettuata dai Commissari straordinari, entro sessanta giorni dalla loro nomina. Con la dichiarazione di dissesto si applicano, dunque, in quanto compatibili, le disposizioni del Titolo VIII del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL). Tra queste, una menzione espressa viene effettuata, nella disposizione in parola, ad alcune specifiche misure di cui al citato Titolo VIII del TUEL, e cioè a quelle finalizzate al blocco delle procedure esecutive e, più in generale, a quelle volte a isolare la gestione contabile passata rispetto a quella presente. L'obiettivo è, difatti, quello d'impedire che la gestione ordinaria – che si prevede di affidare ai commissari straordinari nominati ai sensi dell'articolo 3 – possa continuare ad essere pregiudicata dall'eredità della gestione contabile precedente. Per consentire un'effettiva gestione separata, la disposizione prevede che venga nominato un Commissario straordinario di liquidazione, scelto d'intesa tra il Commissario ad acta ed il Ministero dell'economia e delle finanze tra soggetti in possesso delle medesime qualità indicate dall'articolo 252 del TUEL in caso di dissesto degli enti locali. Al pari di altre gestioni liquidatorie viene peraltro stabilito che il compenso sia stabilito con successivo decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e che, in ogni caso, esso sia posto a carico della massa passiva.
  Con l'articolo 6 vengono stabilite disposizioni speciali in materia di appalti, servizi e forniture degli Enti del servizio sanitario della regione Calabria. Anche tale scelta muove dalla constatazione di una situazione di fatto – rinvenibile in molteplici atti e documenti ufficiali, nonché sottesi a numerosi procedimenti giudiziari che hanno coinvolto responsabili e dipendenti delle aziende sanitarie – che deve considerarsi estremamente critica e che ha generato le disfunzioni tra le più gravi tra quelle cui s'intende far fronte con il presente provvedimento. Con il comma 1 si stabilisce, innanzitutto, l'obbligatorietà – a fronte di una possibilità, invero, già prevista dalla legge (ci si riferisce all'articolo 9, comma 3, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66) – di avvalersi della CONSIP S.p.a. ovvero di altre centrali di committenza regionali per l'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, superiori alle soglie comunitarie. Con il comma 2, relativamente agli affidamenti sottosoglia, pur nella consapevolezza che proprio in questi possano annidarsi le peggiori disfunzionalità e, soprattutto, le più gravi e persistenti incrostazioni del malaffare, s'intende conseguire comunque un bilanciamento con l'opposto – e parimenti rilevante interesse – alla continuità dell'azione amministrativa in un settore, quale quello dei contratti e degli approvvigionamenti in ambito sanitario, che davvero non può ammettere soluzioni di continuità. Per tale motivo, la scelta qui compiuta risiede nella necessità che il Commissario ad acta stabilisca con l'ANAC, attraverso uno specifico protocollo d'intesa, l'esercizio della funzione – già prevista dalla legislazione vigente – della c.d. vigilanza collaborativa (comma 3, lettera h), dell'articolo 213 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50). L'innovatività di tale disposizione risiede sia nella previsione della obbligatorietà – a fronte di una generale eventualità indicata dalla citata disposizione di legge – sia nella circostanza che viene individuato nel Commissario ad acta – sostanzialmente in rappresentanza delle singole stazioni appaltanti (e, cioè, delle singole aziende del SSR) – il soggetto chiamato a definire il quadro generale della vigilanza collaborativa, con indicazione degli obiettivi e delle modalità con cui essa sarà esercitata a beneficio delle stazioni appaltanti. Con il comma 3 viene, inoltre, affidato al Commissario ad acta il compito di predisporre un Piano straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico con il fine di rendere coerenti le distinte programmazioni – esercitate sulla base di disposizioni legislative differenti – in tali materie. Per tale Piano, che potrà anche modificare misure già programmate, è prevista, in ogni caso, l'approvazione al più alto livello di coordinamento amministrativo, atteso che viene stabilito che esso sia adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e con il concerto di tutti i Ministeri coinvolti negli atti di programmazione che detto Piano straordinario intende sostituire; a tale ultimo riguardo, si rammenta che, allo stato, la programmazione in tema di edilizia sanitaria è rinvenibile nelle seguenti fonti normative: accordi di programma a valere sull'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67; finanziamenti ai sensi dell'articolo 71 della legge 23 dicembre 1998, n. 448; delibera CIPE n. 16 dell'8 marzo 2013, a valere sulle risorse rese disponibili dall'articolo 2, comma 69, della legge 23 dicembre 2009, n. 191; fabbisogno di edilizia sanitaria a valere su fondi INAIL di cui all'articolo 1, commi 602 e 603, della legge 11 dicembre 2016, n. 232. Al comma 4 viene, inoltre, stabilita la facoltà di avvalimento della società INVITALIA per le attività di progettazione in tema di edilizia sanitaria: anche tale disposizione si limita a estendere una facoltà già prevista per legge per le pubbliche amministrazioni (ci si riferisce all'articolo 55-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27). Al comma 5, infine, viene vincolata per legge una quota delle risorse ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988 per finanziare gli interventi previsti nella rilevazione del fabbisogno 2018/2020 a beneficio della regione Calabria.
  Con l'articolo 7 viene stabilita una mera semplificazione per la procedura – che rimane nella sua sostanza invariata – di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 (il c.d. «commissariamento», tra gli altri, anche delle imprese che esercitano attività sanitaria per conto del Servizio sanitario nazionale in base agli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502). Con tale disposizione ci si limita a conferire al Commissario ad acta un potere diretto di proposta al prefetto competente per territorio delle misure previste dalla citata norma. Ciò nella consapevolezza che la struttura commissariale, in considerazione delle funzioni esercitate, abbia già il sufficiente patrimonio informativo per esercitare, con piena cognizione, il potere di proposta, finora posto in capo alla sola ANAC.
  Con l'articolo 8 si è inteso operare un rafforzamento delle funzioni già esercitate dall'AGENAS per le finalità del presente decreto. Invero, nei confronti del Ministero della salute, l'Agenzia svolge già una funzione tecnico-operativa di supporto nell'affiancamento alle regioni sottoposte ai piani di rientro. Tale affiancamento si realizza attraverso attività di monitoraggio dello stato di attuazione dei piani di rientro, di valutazione della criticità dei sistemi sanitari delle regioni e di elaborazione di proposte e modelli organizzativi da implementare per il superamento delle criticità rilevate, attraverso azioni mirate sul territorio regionale. Questo tipo di attività viene esercitata attraverso uno specifico atto convenzionale tra il Ministero della salute e l'AGENAS nell'ambito del Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria – SiVeAS (articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296).
  A conferma di quanto sopra illustrato con riferimento ai compiti di monitoraggio e valutazione che caratterizzano le funzioni dell'AGENAS, l'articolo 1, comma 579, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016) ha previsto che «Il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, avvalendosi dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), assicura, su richiesta della regione interessata, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il necessario supporto agli enti interessati dai piani di rientro di cui ai commi da 528 a 536 e mette a disposizione, ove necessario, strumenti operativi per la presentazione del piano ed il perseguimento dei suoi obiettivi, nonché per l'affiancamento, da parte dell'AGENAS con oneri a carico del bilancio della medesima Agenzia, degli enti del Servizio sanitario nazionale per tutta la durata dei piani di rientro (...)».
  Accanto ai piani di rientro delle regioni sono stati, quindi, introdotti i c.d. piani di rientro degli ospedali volti a garantire il superamento delle criticità degli enti del servizio sanitario nazionale per il recupero, a seconda dei casi, dell'efficienza e dell'efficacia nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. In questo contesto, e in realtà già prima con il Patto per la salute 2014 – 2016, l'Agenzia si è impegnata a realizzare strumenti riconducibili a due principali categorie di interventi: metodologici (definizione di modelli organizzativi e indirizzi operativi, di monitoraggio e di valutazione) e di investimento (formazione e ricerca). Centrale, nel quadro complessivo delle linee di attività, è il sistema di misurazione, analisi, valutazione e monitoraggio delle performance delle attività sanitarie, delle strutture e dei servizi sanitari nelle diverse componenti economico-gestionale, organizzativa, finanziaria e contabile, clinico-assistenziale, di efficacia clinica e dei processi diagnostico-terapeutici, della qualità, della sicurezza e dell'esito delle cure, nonché dell'equità e della trasparenza dei processi che ha trovato pieno riconoscimento nel referente normativo di cui all'articolo 1, comma 513, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. Ed infatti, il legislatore ha voluto affidare all'AGENAS, ai sensi del predetto articolo 1, comma 513, della legge n. 145 del 2018, le attività di analisi, valutazione, controllo e monitoraggio delle performance sanitarie nel duplice livello regionale e aziendale, anche con riferimento alle componenti della trasparenza e dell'integrità dei processi con finalità di prevenzione della corruzione nel settore della sanità, in coerenza e in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal citato articolo 1, comma 579, della legge n. 208 del 2015. D'altronde, l'attività di affiancamento locale, da parte dell'AGENAS, per tutta la durata dei piani di rientro aziendali, è conforme alle competenze istituzionali e alle attività che la stessa già svolge nella valutazione delle criticità organizzative, economiche, di efficienza gestionale delle aziende sanitarie e delle strutture territoriali, nonché quelle relative all'efficacia degli interventi clinici attraverso il Programma nazionale di valutazione degli esiti (PNE). Come noto l'AGENAS, infatti, gestisce già da anni per conto del Ministero della salute e in collaborazione con le regioni, il Programma nazionale di valutazione degli esiti (PNE), ovvero lo strumento di valutazione a supporto di programmi di auditing clinico organizzativo, finalizzato al miglioramento dell'efficacia e dell'equità nel Servizio sanitario. Le predette considerazioni sono state anche il presupposto alla base della collaborazione istituzionale che ha visto l'AGENAS e l'ANAC cooperare sin dal 2014 sul tema della gestione dei rischi di corruzione nel settore sanitario, collaborazione che ha condotto alla predisposizione della sezione Sanità all'interno del Piano nazionale anticorruzione (determinazione dell'Autorità n. 12 del 28 ottobre del 2015, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 16 novembre 2015, a cui è seguito l'ulteriore aggiornamento nel PNA 2016, con deliberazione dell'ANAC n. 831 del 3 agosto 2016, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, supplemento ordinario n. 35 del 24 agosto 2016) a partire dall'aggiornamento del PNA 2015, che ha fornito agli enti del servizio sanitario un primo strumento concreto per il rafforzamento della trasparenza e il contrasto dei fenomeni di corruzione nel settore della sanità in condizioni ordinarie. Il metodo di lavoro interistituzionale avviato parallelamente alla sopra richiamata attività d'indagine è proseguito sino ad oggi, nella logica di un continuo perfezionamento degli strumenti di prevenzione del fenomeno della corruzione, da mettere a disposizione di enti ed operatori sanitari e dell'analisi di impatto sul sistema. Ciò anche attraverso un sistema di verifiche ispettive congiunte che vedono l'AGENAS e il Ministero della salute a supporto dell'ANAC nella composizione dei team ispettivi appositamente formati dall'Agenzia, per la valutazione del livello di adempimento del PNA negli enti del Servizio sanitario nazionale, in collaborazione con la Guardia di finanza e il Comando dei Carabinieri del NAS.
  Ciò premesso, tenuto conto delle finalità del presente decreto-legge e dell'urgenza di questa azione governativa, in considerazione del fatto che il Commissario ad acta per il piano di rientro deve esercitare il suo ruolo con tempestività e autonomia decisionale, si prevede il supporto tecnico – operativo dell'Agenzia nazionale dei servizi sanitari regionali (AGENAS) necessario al raggiungimento degli obiettivi attraverso un intervento ancora più corposo che può rivelarsi strategico e aderente alle finalità straordinarie del presente decreto. Pertanto con tale articolo si prevede che l'AGENAS fornisca supporto tecnico – operativo al Commissario ad acta per l'attuazione dei piani di rientro del disavanzo, nonché ai Commissari straordinari nominati ai sensi del presente decreto, nell'esercizio dei relativi poteri straordinari, per l'intera durata delle attività. Per la realizzazione del supporto dell'Agenzia si stabilisce che l'AGENAS rafforzi il contingente di personale, con profili professionali di area sanitaria, tecnica e giuridico – amministrativa specificamente formati in tema di analisi, valutazione, controllo e monitoraggio delle performance sanitarie, anche con riferimento alla trasparenza dei processi, con contratto di lavoro flessibile e attraverso personale all'uopo comandato. Per quel che concerne le modalità di reclutamento del suddetto personale l'AGENAS, fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 7, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in presenza dei presupposti di legittimità, si farà carico di valutare e selezionare i profili professionali nel rispetto delle procedure comparative per il conferimento di incarichi di collaborazione di cui al successivo comma 6-bis del predetto decreto e in ossequio alle procedure di cui al regolamento per il funzionamento, la tenuta e l'aggiornamento dell'albo degli esperti, dei collaboratori e dei ricercatori dell'AGENAS e per la disciplina delle procedure di conferimento degli incarichi, approvato con deliberazione del Consiglio di amministrazione n. 11 del 19 marzo 2018, al fine di garantire la massima trasparenza ed efficienza nell'esecuzione delle attività di cui al presente articolo.
  Con l'articolo 9 sono precisate le modalità di collaborazione tra la struttura commissariale e il Corpo della Guardia di finanza. Con il comma 1, dunque, viene stabilito che il Commissario ad acta, e anche i singoli commissari straordinari, possano avvalersi della Guardia di finanza, per la cui attività viene chiarito che è svolta nell'ambito delle proprie competenze istituzionali. Per tale ragione il supporto al Commissario ad acta e ai commissari straordinari potrà essere adeguatamente fornito, come avvenuto in passato proprio in relazione a contesti similari, con le risorse già disponibili – eventualmente da potenziare mediante manovre interne – sulla base di appositi protocolli volti a regolare gli aspetti tecnico-operativi di tale collaborazione, citati al comma 2 del medesimo articolo. Per tali finalità, il Ministero della salute stipula apposita convenzione con il Corpo della Guardia di finanza, con la quale sono stabilite le modalità operative della collaborazione e le procedure di ristoro degli oneri sostenuti dal Corpo, anche a norma dell'articolo 2133 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  Con l'articolo 10 vengono individuate misure di coordinamento tra il regime speciale introdotto dal decreto in oggetto e quello altrettanto eccezionale relativo al commissariamento delle aziende sanitarie a causa di infiltrazioni mafiose, ai sensi del combinato disposto degli articoli 143 e 146 del TUEL. In ogni caso si evidenzia che la disposizione in esame non concerne l'attività degli enti locali commissariati per infiltrazioni mafiose ai sensi degli articoli da 143 a 146 del TUEL. Tali nuove disposizioni risultano, peraltro, viepiù necessarie laddove si consideri che al momento attuale risulta già commissariata, ai sensi della citata disciplina, una delle più grandi ASP della regione (quella di Reggio Calabria) e che sono già in corso altri procedimenti propedeutici all'adozione di consimili eccezionali misure. Con il comma 1, dunque, si specifica che l'attività delle commissioni straordinarie di nomina prefettizia – ferme restando le funzioni specifiche assegnate dalla disciplina di riferimento – debba concorrere agli obiettivi del Piano di rientro nonché a quelli fissati negli altri atti di programmazione a quello connessi. Tale specificazione, peraltro, potrebbe già ritenersi ricavabile da una lettura sistematica delle disposizioni che regolano il commissariamento antimafia, atteso che, come noto, la predetta commissione assorbe tutte le funzioni degli organi gestionali dell'ente. Anche le aziende oggetto di commissariamento antimafia, infatti, laddove insistano in una regione in Piano di rientro, sono comunque tenute al raggiungimento degli obiettivi previsti dal medesimo Piano. Con il comma 2 si prevede, invece, che in aggiunta alle tradizionali figure poste in posizione di sovraordinazione ai sensi dell'articolo 145 del TUEL, su proposta del Ministro della salute, possano essere individuati altri soggetti, in qualità di esperti, per la parte sanitaria, delle citate commissioni: ciò nella convinzione che, in aggiunta alle professionalità espresse dalla commissione straordinaria, siano necessarie una o più figure con maggiori competenze specifiche nel settore sanitario e, allo stesso tempo, una più diretta riconducibilità alle funzioni connesse agli obiettivi del Piano di rientro, i quali, come noto, sono innanzitutto perseguiti dal Commissario ad acta. Con i commi 3 e 4, infine, si attuano solo meri coordinamenti finalizzati a rendere possibile anche alla commissione straordinaria di nomina prefettizia l'esercizio delle funzioni attribuite dal decreto in oggetto.
  Passando alla illustrazione del capo II, l'articolo 11 recante disposizioni in materia di personale e di nomine negli enti del Servizio sanitario nazionale interviene con misure finalizzate a superare la ormai cronica carenza di personale del Servizio sanitario nazionale, determinatasi negli anni a seguito del blocco del turn over anche in relazione, in particolar modo, ai limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente in materia assunzionale. Peraltro, tale criticità è destinata ad acuirsi a seguito dell'entrata in vigore delle disposizioni sul pensionamento anticipato (c.d. quota 100) di cui all'articolo 14 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, che inciderà inevitabilmente sulla consistenza numerica del personale sanitario in servizio presso le strutture dei servizi sanitari regionali, rischiando di compromettere l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
  Infatti, a legislazione vigente l'articolo 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, prevede un vincolo alla spesa del personale ancorato alla spesa storica dell'anno 2004, oltre tutto ridotta dell'1,4 per cento; inoltre l'articolo 17, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha confermato fino al 2020 le disposizioni già previste dal citato articolo 2, comma 71, stabilendo che gli enti del Servizio sanitario nazionale concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che la spesa del personale non superi il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1,4 per cento.
  Peraltro, lo stesso articolo 17, comma 3-bis, del medesimo decreto-legge stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, la regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento del predetto obiettivo di spesa. In caso contrario, per gli anni dal 2013 al 2019, la regione è considerata adempiente ove abbia raggiunto l'equilibrio economico e abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale, ovvero una variazione dello 0,1 per cento annuo fino al totale conseguimento nell'anno 2020 degli obiettivi previsti all'articolo 2, commi 71 e 72, della citata legge n. 191 del 2009.
  Tali disposizioni, ad oggi, hanno perso qualsiasi attualità e significato e necessitano, quindi, di essere riviste alla luce della dinamica più recente della spesa effettiva di personale sostenuta delle regioni, in rapporto anche alla riorganizzazione intervenuta nei sistemi sanitari regionali.
  Infatti sulla base dei dati consolidati a livello nazionale (dati CE 2008-2016) si è riscontrata negli ultimi anni una sensibile riduzione dei costi del personale dipendente alla quale non ha fatto comunque seguito un miglioramento del risultato di esercizio nei periodi considerati, comportando un aumento degli altri costi della produzione, in particolare delle attività convenzionate.
  Pertanto, l'articolo in esame ha l'obiettivo di rivedere i predetti limiti alla spesa di personale del Servizio sanitario nazionale salvaguardando nel contempo l'equilibrio economico finanziario del sistema, nel quadro del rispetto degli adempimenti relativi all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
  In tal senso, il comma 1 prevede che a decorrere dal 2019, la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale di ciascuna regione e provincia autonoma, nell'ambito del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e ferma restando la compatibilità finanziaria, sulla base degli indirizzi definiti da ciascuna regione e provincia autonoma e in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale, non può superare il valore della spesa sostenuta nell'anno 2018, come certificata dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, ovvero, se superiore, il valore della spesa prevista dal citato articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
  Inoltre, tali valori sono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Tale importo include le risorse per il trattamento accessorio del personale.
  Si prevede, altresì, che dall'anno 2021, il predetto incremento di spesa del 5 per cento è subordinato all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, in coerenza con quanto previsto dal decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, e dall'articolo 1, comma 516, lettera c), della legge 30 dicembre 2018, n. 145, sulla valutazione dei fabbisogni del personale del Servizio sanitario nazionale.
  Con il comma 2 si precisa che la spesa per il personale considerata include la spesa, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'imposta regionale sulle attività produttive, per il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e di personale che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni. Nella predetta spesa non sono considerate quelle derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro successivi all'anno 2004, quelle per personale a carico di finanziamenti comunitari o privati e quelle relative alle assunzioni a tempo determinato e ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca finanziati ai sensi dell'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
  Con il comma 3 si dispone che le regioni e le province autonome, previo accordo da definirsi con il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze, possono ulteriormente incrementare i limiti di spesa di cui al comma 1 di un ammontare non superiore alla riduzione della spesa già sostenuta per servizi sanitari esternalizzati prima dell'entrata in vigore del presente decreto-legge.
  Alla luce e in conformità degli interventi previsti dal presente articolo, le regioni e le province autonome indirizzano e coordinano la spesa dei propri enti del servizio sanitario.
  Si ritiene, quindi, che le disposizioni sopra riportate concernenti la previsione di nuovi limiti di spesa, comportino una correzione degli effetti distorsivi della spesa stessa generati nel lungo periodo dal limite del 2004 meno 1,4 per cento, e dalle quali potrebbero conseguire complessivamente anche risparmi di spesa.
  Il comma 5 si rende necessario per superare le criticità che si sono venute a creare nella disciplina relativa alla nomina dei direttori generali degli Istituti zooprofilattici sperimentali (II.ZZ.SS) dettata dall'articolo 11 del decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106, a seguito delle disposizioni recate dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 171 del 2016, che ha istituito l'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina a direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale. Infatti, le difficoltà sono determinate dal fatto che per la nomina dei direttori generali degli II.ZZ.SS non è agevole attingere dall'attuale elenco nazionale in quanto i requisiti di ammissione al predetto elenco, previsti per la nomina a direttore generale delle aziende sanitarie e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, non risultano congrui con la specificità dei compiti e delle funzioni attribuiti dall'ordinamento agli II.ZZ.SS.
  A tal fine, nelle more di una revisione dei requisiti per l'iscrizione nel suddetto elenco nazionale e comunque non oltre 18 mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, si prevede che in deroga alla procedura di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 171 del 2016, e al fine di assicurare una maggiore partecipazione alla procedura selettiva gestita a livello regionale, si dispone che i direttori generali degli Istituti zooprofilattici sperimentali sono nominati secondo le modalità di cui all'articolo 11, commi 5 e 6, del citato decreto legislativo n. 106 del 2012.
  L'articolo 12 reca disposizioni in materia di formazione sanitaria e di medici di medicina generale.
  Il comma 1 è volto ad ovviare alla difficoltà degli Atenei ad adeguarsi alla nuova disciplina prevista dal decreto ministeriale 9 maggio 2018, n. 58, in materia di esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo.
  Tali criticità, rilevate dagli Atenei, dai docenti e dagli studenti, riguardano, in particolare, il nuovo tirocinio professionalizzante che sembra incompatibile con l'acquisizione dei prescritti 60 crediti formativi universitari (CFU) durante l'ordinario VI anno di corso. Si ricorda, infatti, che, ai sensi del decreto ministeriale n. 58 del 9 maggio 2018, ai fini dell'ammissione all'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo, lo studente deve svolgere un tirocinio pratico-valutativo, della durata di tre mesi, durante gli ultimi due anni del corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, dopo aver sostenuto positivamente tutti gli esami fondamentali relativi ai primi quattro anni di corso previsti dall'ordinamento della sede universitaria. Con l'entrata in vigore del regolamento di cui al decreto ministeriale n. 58 del 9 maggio 2018, a partire dalla sessione di esame del mese di luglio 2019, gli studenti del VI anno di corso dovrebbero, quindi, affrontare l'intero periodo di tirocinio, con l'acquisizione di almeno 15 CFU per un periodo complessivo pari a 300 ore, che si sommerebbero ai 60 CFU previsti per il VI anno di corso «ordinario», pari a non meno di 1.200 ore.
  Risulta, pertanto, problematico, per gli studenti che si laureeranno nel luglio 2019, poter frequentare in quest'unico, ultimo, anno accademico 2018-2019, l'intero tirocinio previsto dal nuovo modello d'esame e, contemporaneamente, seguire il ritmo ordinario degli studi del VI anno di corso, a cui per legge corrispondono 60 CFU. Come già evidenziato, infatti, il tirocinio prevede un periodo di frequenza di almeno tre mesi, non necessariamente consecutivi, nelle tre aree previste dal regolamento: area medica, area chirurgica e ambito della medicina generale. A ciascuna area corrispondono 5 CFU, pari a 100 ore, dal momento che ogni credito equivale a 20 ore. Gli studenti dell'attuale VI anno di corso dovrebbero quindi affrontare l'intero periodo di tirocinio, per un periodo complessivo di almeno 15 CFU, pari a 300 ore, che si sommerebbero ai 60 CFU del VI anno, pari a non meno di 1.200 ore. Né, d'altra parte, è accettabile che gli studenti, attualmente iscritti e frequentanti il VI anno, per laurearsi a luglio e sostenere subito dopo l'esame di abilitazione, pregiudichino la qualità formativa dei loro studi e l'intensità e l'efficacia formativa del tirocinio. Comprimere, inoltre, in un unico anno di corso il tirocinio di tutti gli studenti del VI anno di corso, significa occupare in determinati periodi, quelli senza lezioni, le corsie degli ospedali, a cominciare dai policlinici universitari. Alla luce di quanto sopra, la disposizione posticipa l'entrata in vigore del regolamento di cui al citato decreto ministeriale alla sessione di esame prevista per il mese di luglio dell'anno 2021. Conseguentemente, viene precisato che alle prove di esame relative agli anni 2019 e 2020 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto ministeriale n. 445 del 19 ottobre 2001. Al riguardo, si rappresenta altresì, che con circolare del 18 marzo 2019, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dato indicazioni agli Atenei al fine di consentire, in via transitoria, a coloro che non hanno ancora espletato il tirocinio pratico-valutativo, di effettuarlo a partire dalla prima sessione utile, già fissata al 10 aprile 2019, per poter, quindi, accedere alla sessione di esame relativa all'anno 2019 per il prossimo mese di luglio. Il differimento dell'applicazione delle modalità di svolgimento dell'esame di abilitazione, disciplinate dal citato decreto ministeriale n. 58 del 2018, alla sessione di esami del luglio 2021 non esclude, quindi, che lo svolgimento e il superamento del predetto tirocinio pratico-valutativo ai sensi dell'articolo 3 dello stesso decreto, consenta l'ammissione alla sessione di esame di luglio 2019, ciò in applicazione della previsione di cui all'articolo 7, comma 1, del medesimo decreto.
  Il comma 2 estende le previsioni dell'articolo 1, commi 547 e 548, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019), anche ai medici veterinari in formazione specialistica iscritti all'ultimo anno del relativo corso, ciò al fine di consentire anche a loro, come già previsto per i medici e con la condizione di cui al comma 548, evitando in tal modo una disparità di trattamento, di poter partecipare alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario nella specifica disciplina bandita, con collocazione in una graduatoria separata rispetto ai medici veterinari con specializzazione risultati idonei nella procedura concorsuale. Ovviamente, al pari degli altri medici, l'assunzione a tempo indeterminato è comunque condizionata al conseguimento del titolo di specializzazione e al previo esaurimento della graduatoria dei medici veterinari già specialisti alla data di scadenza del bando.
  Con il comma 3 si dà la possibilità, fino al 31 dicembre 2021, ai laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale e già risultati idonei al concorso di ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale, che hanno già maturato un'esperienza con incarichi convenzionali, per almeno 24 mesi anche non continuativi negli ultimi 10 anni alla data di scadenza della presentazione della domanda di partecipazione al concorso per l'accesso al corso di formazione specifica in medicina generale, previsti dall'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, di accedere attraverso una graduatoria riservata al corso di formazione specifica in medicina generale senza borsa al fine di non sottrarre risorse ai giovani medici. A tal fine, si prevede altresì che accedono in via prioritaria all'iscrizione al corso coloro che risultino avere il maggior punteggio per anzianità di servizio maturata nello svolgimento dei suddetti incarichi convenzionali, attribuito sulla base dei criteri previsti dall'accordo collettivo nazionale vigente per il calcolo del punteggio di anzianità di servizio. Infine, a garanzia dei medici già iscritti al corso di formazione in medicina generale, si prevede che gli stessi siano interpellati, in fase di assegnazione degli incarichi, comunque in via prioritaria rispetto ai medici di cui al comma in esame. Il numero massimo dei candidati ammessi al corso è comunque determinato entro i limiti consentiti dalle risorse previste dalla medesima disposizione
  Il comma 4 apporta alcune opportune e necessarie integrazioni alle misure già introdotte in materia di formazione specifica in medicina generale dall'articolo 9 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, costituendone un corollario. In particolare, la lettera a) precisa che in relazione alla vigente disposizione di cui al predetto articolo 9, comma 1, quarto periodo, del citato decreto-legge n. 135 del 2018 – che dispone in tema di decadenza dall'incarico assegnato in caso di mancato conseguimento del titolo di formazione specifica in medicina generale – sono salvaguardati in ogni caso i periodi di sospensione (gravidanza, malattia, assenze per motivi personali autorizzate) di cui all'articolo 24, commi 5 e 6, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368. La lettera b), integrando l'attuale comma 2 dell'articolo 9, chiarisce che le regioni e le province autonome possono prevedere limitazioni del massimale di assistiti in carico o del monte ore settimanale da definire nell'ambito dell'Accordo collettivo nazionale e possono, altresì, organizzare corsi anche a tempo parziale.
  Il comma 5 apporta alcune necessarie modifiche al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, recante «Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE» e, in particolare, all'articolo 21, comma 1, prevedendo per l'esercizio dell'attività di medico chirurgo di medicina generale, alla luce delle disposizioni introdotte dall'articolo 9 del citato decreto-legge n. 135 del 2018, in alternativa al possesso del diploma di formazione specifica in medicina generale, l'iscrizione al corso di formazione, e all'articolo 24, comma 3, disponendo l'abrogazione delle lettere d) ed e). Tali lettere concernono condizioni per l'organizzazione dei corsi di formazione a tempo parziale da parte delle regioni e possono ritenersi ricomprese nelle precedenti lettere a), b) e c), in osservanza del disposto dell'articolo 22 della direttiva 2005/36/CE, il quale prevede che gli Stati membri possono autorizzare una formazione a tempo parziale, alle condizioni previste dalle autorità competenti, facendo sì che la durata complessiva, il livello e la qualità di siffatta formazione non siano inferiori a quelli della formazione continua a tempo pieno, condizioni già riprese da tali lettere. Tale abrogazione è coerente con le previsioni del citato articolo 9 del decreto-legge n. 135 del 2018, ove, al comma 2, si raccomanda alle regioni l'organizzazione dei corsi a tempo parziale, per le finalità di cui al comma 1 dell'articolo medesimo.
  Il comma 6 dell'articolo in esame, sempre in coerenza con le disposizioni introdotte per la medicina generale, interviene sull'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, in tema di disciplina dei rapporti tra il Servizio sanitario nazionale e i medici di medicina generale, prevedendo delle integrazioni ai princìpi di cui devono tener conto gli Accordi collettivi nazionali. In particolare, con la lettera a) si integra il principio di cui alla lettera b-quinquies), demandando agli accordi la possibilità di prevedere, senza ulteriori nuovi oneri, un incremento del massimale degli assistiti a carico di ogni medico di medicina generale nell'ambito delle forme organizzative multiprofessionali di cui alla legislazione vigente, laddove viene prevista la presenza oltre al collaboratore di studio anche di personale infermieristico. Con la lettera b) si aggiunge la lettera m-quater), con cui, per cercare di risolvere il problema delle zone carenti che ad oggi sono rifiutate dai medici di medicina generale, s'introducono princìpi che consentano di stabilire nell'accordo collettivo nazionale specifiche misure che, da un lato, incentivino l'assunzione degli incarichi nelle zone disagiate e, dall'altro, disincentivino i medici inseriti in graduatoria a non accettare tali incarichi.
  L'articolo 13 interviene in tema di carenza di medicinali e di quota premiale in sede di riparto del Fondo sanitario nazionale.
  Il comma 1 modifica l'articolo 34, comma 6, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, di attuazione della direttiva 2001/83/CE relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE, in materia di obblighi del titolare dell'AIC (autorizzazione all'immissione in commercio) e l'articolo 148 del medesimo decreto legislativo n. 219 del 2006, in materia di sanzioni amministrative. Conseguentemente a tali modifiche, il comma 1 reca una modifica anche all'articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 17, recante attuazione della direttiva 2011/62/UE, che modifica la direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale.
  Quanto alla modifica di cui al menzionato articolo 34, comma 6, la norma è volta a estendere il termine entro cui il titolare dell'AIC del medicinale deve comunicare l'interruzione temporanea o definitiva della commercializzazione del medicinale, nel senso che viene disposto, in luogo dei due mesi previsti a legislazione vigente, il termine di quattro mesi per la comunicazione che deve essere resa all'Aifa da parte dell'azienda, ove ricorrano i casi d'interruzione di cui sopra. L'estensione dell'intervallo temporale si ritiene necessaria per consentire all'Aifa di avviare ogni necessaria iniziativa per scongiurare possibili criticità connesse alla potenziale carenza del medicinale.
  Per quanto attiene alla consequenziale modifica di cui all'articolo 148, la norma proposta è volta a sanzionare la condotta relativa all'interruzione temporanea o definitiva della commercializzazione dei medicinali, di cui al già riferito comma 6 dell'articolo 34 che, come noto, genera la carenza sul territorio dei medicinali. Allo scopo, la norma sanziona la fattispecie di cui al comma 6 dell'articolo 34 del decreto legislativo n. 219 del 2006, che a normativa vigente non è sanzionata.
  L'importo della sanzione è proporzionato rispetto alle sanzioni già previste dal comma 1 dell'articolo 148 in esame.
  In ordine alla modifica di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 17, si evidenzia che tale decreto legislativo, al fine del recepimento della direttiva comunitaria, nel novellare il citato decreto legislativo n. 219 del 2006, ha dettato norme in materia di autorità competente per l'applicazione delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 148 citato. Quindi, con la estensione della sanzione anche alle fattispecie di cui al comma 6 dell'articolo 34 del citato decreto legislativo n. 219 del 2016 si è reso necessario procedere al relativo coordinamento.
  Le disposizioni in esame non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, così come evidenziato nella relazione tecnica.
  Il comma 2 è finalizzato a consentire anche per l'anno 2019, in via transitoria ed eccezionalmente, l'utilizzo delle risorse finanziarie, a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, accantonate per le quote premiali da destinare alle regioni virtuose, ai sensi dell'articolo 2, comma 67-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, secondo la proposta di riparto delle risorse finanziarie per l'anno 2019 della Conferenza delle regioni e province autonome. A tal fine, si estende anche al predetto anno, la procedura di cui al quinto periodo del citato comma 67-bis, prevista per l'anno 2014 e già estesa agli anni 2015, 2016, 2017 e da ultimo per il 2018 con l'articolo 8, comma 3, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, pur sempre nelle more dell'adozione del decreto di cui al primo periodo del comma medesimo, il quale dispone che «Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 30 novembre 2011, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite forme premiali a valere sulle risorse ordinarie previste dalla vigente legislazione per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, applicabili a decorrere dall'anno 2012, per le regioni che istituiscano una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un importo determinato con il medesimo decreto e per quelle che introducano misure idonee a garantire, in materia di equilibrio di bilancio, la piena applicazione per gli erogatori pubblici di quanto previsto dall'articolo 4, commi 8 e 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione». L'urgenza dell'intervento, peraltro richiesto dalle regioni così come già avvenuto per gli anni precedenti, risiede nella necessità di garantire il riparto delle predette risorse alle citate regioni, in assenza delle quali si determinerebbero criticità di ordine finanziario in merito agli equilibri di bilancio.
  L'articolo 14, ai commi 1, 2 e 3, concerne le disposizioni finanziarie del capo I che introducono nuovi o maggiori oneri per l'erario cui si dà contezza nella relazione tecnica al presente disegno di legge.
  E, dunque, al comma 1 si stabilisce che i compensi aggiuntivi previsti per i commissari straordinari delle aziende sanitarie della regione Calabria, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, e gli eventuali maggiori oneri determinati dalla stipula della convenzione tra il Ministero della salute e il Corpo della Guardia di finanza di cui all'articolo 9 siano, sostanzialmente, a carico del Ministero della salute.
  Al comma 2 si stabilisce che, relativamente al capo I, fermi restando gli oneri di cui si fa carico, con le distinte modalità che sono state illustrate, la parte statale in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 5, all'articolo 8 ed al comma 1 dello stesso articolo 14, resta fermo che la regione Calabria dovrà assicurare tutto il supporto necessario all'attività del Commissario ad acta. Tale specificazione, peraltro, costituisce una mera riaffermazione di quanto già previsto dalla vigente disciplina dei piani di rientro, essendo tale principio contenuto nell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007, la cui applicazione si estende anche ai commissariamenti di cui all'articolo 2 della legge n. 191 del 2009, per effetto del comma 85 del medesimo articolo.
  Infine, con riferimento alle disposizioni del capo II, con il comma 3 si dà conferma che dall'attuazione delle disposizioni recate dal decreto, come sopra dimostrato, non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e comunque vi si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 15 reca le disposizioni transitorie e finali relativamente alle norme di cui al capo I del presente provvedimento; si stabilisce che le misure introdotte dal presente decreto abbiano una vigenza di 18 mesi. L'individuazione di un termine ragionevolmente breve costituisce un punto qualificante del presente decreto, essendo chiara la consapevolezza che l'introduzione di misure effettivamente «speciali» imponga, nel quadro del nostro ordinamento costituzionale, una durata delimitata nel tempo. Il termine individuato, dunque, costituisce un congruo punto di equilibrio per consentire alle nuove gestioni commissariali delle aziende l'adozione degli atti e delle verifiche straordinarie indicate dal presente decreto, nell'auspicio che dall'esito di tali azioni possa scaturire la necessaria discontinuità di gestione di cui potranno successivamente beneficiare i nuovi organi della governance sanitaria, individuati dalla regione secondo la normativa ordinaria e, pertanto, nell'esercizio delle proprie prerogative, presto ricondotte alla loro pienezza. Per consentire l'effettività delle misure indicate dal capo I del presente decreto viene anche stabilito, al comma 2, che le nomine eventualmente effettuate dalla regione nei trenta giorni antecedenti l'entrata in vigore del decreto, nonché le procedure finalizzate alle predette nomine, debbano considerarsi revocate. Infine, al comma 3, al fine di evitare un'ingiustificata disparità di trattamento tra la qualificazione dell'incarico di commissario straordinario ai sensi del presente decreto e quello di Commissario ad acta, nonché di subcommissario, si introduce una novella al decreto-legge n. 159 del 2007 che chiarisce che anche l'attività di questi ultimi debba essere positivamente valutata quale esperienza ai fini di cui al comma 7-ter dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 171 del 2016.
  L'articolo 16 stabilisce esclusivamente l'entrata in vigore.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

  1. È convertito in legge il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, recante misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria.
  2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 101 del 2 maggio 2019.

Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

  Visti gli articoli 77 e 87, quinto comma, della Costituzione;

  Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di prevedere, allo scopo di tutelare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA) in ambito sanitario di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione nonché di garantire il fondamentale diritto alla salute, misure eccezionali, volte anche alla risoluzione delle riscontrate, gravi inadempienze amministrative e gestionali, per la Regione Calabria, supportando l'azione commissariale di risanamento del servizio sanitario regionale;

  Accertati il mancato rispetto degli obiettivi economico-finanziari previsti dalla cornice programmata nell'ambito dei programmi operativi, il mancato raggiungimento del punteggio minimo previsto dalla griglia dei livelli essenziali di assistenza, nonché rilevanti criticità connesse alla gestione amministrativa, più volte riscontrati, da ultimo, dai Tavoli di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei LEA nella seduta congiunta del 4 aprile 2019;

  Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure in materia di carenza di personale sanitario, di formazione sanitaria, di carenza di medicinali e altre misure, tutte volte a garantire e a promuovere la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e ad assicurare una maggiore efficienza e funzionalità del Servizio sanitario nazionale nonché una migliore erogazione delle prestazioni, rispondendo in maniera sempre più adeguata alle esigenze dell'utenza;

  Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 18 aprile 2019;

  Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e per gli affari regionali e le autonomie;

emana

il seguente decreto-legge:

Capo I
DISPOSIZIONI URGENTI PER IL SERVIZIO SANITARIO
DELLA REGIONE CALABRIA

Articolo 1.
(Ambito di applicazione)

  1. Il presente Capo reca disposizioni speciali per la Regione Calabria inerenti al raggiungimento degli obiettivi previsti nei programmi operativi di prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario regionale.

Articolo 2.
(Verifica straordinaria sui direttori generali degli enti del Servizio sanitario regionale)

  1. Il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario, nominato ai sensi del combinato disposto dell'articolo 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, e dell'articolo 2, comma 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, di seguito denominato «Commissario ad acta», entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto e, successivamente, almeno ogni sei mesi, è tenuto ad effettuare una verifica straordinaria sull'attività dei direttori generali delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliere universitarie, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171. La verifica è volta altresì ad accertare se le azioni poste in essere da ciascun direttore generale sono coerenti con gli obiettivi di attuazione del piano di rientro, anche sotto il profilo dell'eventuale inerzia amministrativa o gestionale. Il Commissario ad acta, nel caso di valutazione negativa del direttore generale, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, provvede motivatamente, entro quindici giorni dalla formulazione della predetta contestazione e senza i pareri di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 171 del 2016, a dichiararne l'immediata decadenza dall'incarico, nonché a risolverne il relativo contratto. In caso di valutazione positiva, al direttore generale si estendono le disposizioni relative alle attribuzioni ed ai compiti dei commissari straordinari di cui all'articolo 3, comma 6, nonché all'articolo 5, comma 1.

Articolo 3.
(Commissari straordinari degli enti del Servizio sanitario regionale)

  1. In caso di valutazione negativa del direttore generale ai sensi dell'articolo 2, comma 1, il Commissario ad acta, previa intesa con la Regione, nomina un Commissario straordinario. In mancanza d'intesa entro il termine perentorio di dieci giorni, la nomina è effettuata con decreto del Ministro della salute, su proposta del Commissario ad acta, previa delibera del Consiglio dei ministri, a cui è invitato a partecipare il Presidente della Giunta regionale con preavviso di almeno tre giorni. Quando risulti nominato dalla Regione, in luogo del direttore generale, un commissario regionale che, a qualsiasi titolo, ne svolge le funzioni, questi decade alla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano le disposizioni del presente articolo.
  2. Il Commissario straordinario è scelto, anche nell'ambito dell'elenco nazionale di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, fra soggetti di comprovata competenza ed esperienza, in particolare in materia di organizzazione sanitaria o di gestione aziendale, anche in quiescenza. Restano ferme le disposizioni in materia d'inconferibilità e incompatibilità, nonché le preclusioni di cui all'articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. La nomina a Commissario straordinario costituisce causa legittima di recesso da ogni incarico presso gli enti del servizio sanitario nazionale e presso ogni altro ente pubblico. Il Commissario straordinario, se dipendente pubblico, ha altresì diritto all'aspettativa non retribuita con conservazione dell'anzianità per tutta la durata dell'incarico.
  3. Fino alla nomina del Commissario straordinario, si applica quanto previsto dall'articolo 3, comma 6, settimo periodo, del decreto legislativo n. 502 del 1992. In mancanza del direttore amministrativo e del direttore sanitario, l'ordinaria amministrazione è garantita dal dirigente amministrativo più anziano per età preposto ad unità operativa complessa, ovvero, in subordine, a unità operativa semplice.
  4. Può essere nominato un unico Commissario straordinario per più enti del servizio sanitario regionale.
  5. L'ente del Servizio sanitario della Regione corrisponde al Commissario straordinario il compenso stabilito dalla normativa regionale per i direttori generali dei rispettivi enti del servizio sanitario, anche cumulativamente nei casi di cui al comma 4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato di concerto col Ministro della salute entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è definito un compenso aggiuntivo per l'incarico di Commissario straordinario, comunque non superiore a euro 50.000 al lordo degli oneri riflessi a carico del bilancio del Ministero della salute. Restano comunque fermi i limiti di cui all'articolo 23-ter, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Per i Commissari straordinari residenti al di fuori del territorio regionale è altresì previsto il rimborso delle spese documentate, entro il limite di 20.000 euro annui. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di euro 472.500 annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e alla relativa copertura si provvede ai sensi dell'articolo 14.
  6. Entro nove mesi dalla nomina, il Commissario straordinario adotta l'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992, approvato dal Commissario ad acta, al fine di assicurarne la coerenza con il piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario e con i relativi programmi operativi di prosecuzione nonché al fine di ridefinire le procedure di controllo interno.
  7. Entro sei mesi dalla nomina e, successivamente, almeno ogni sei mesi, il Commissario ad acta provvede alla verifica delle attività svolte dal Commissario straordinario, per le cui modalità si rinvia, in quanto applicabili, all'articolo 2, comma 1. In caso di valutazione negativa, il Commissario ad acta dispone la decadenza immediata dall'incarico del Commissario straordinario e provvede alla relativa sostituzione.
  8. L'incarico di Commissario straordinario è valutabile quale esperienza dirigenziale ai fini di cui al comma 7-ter dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 171 del 2016.
  9. I Commissari straordinari restano in carica fino al termine di cui all'articolo 15, comma 1, e comunque fino alla nomina, se anteriore, dei direttori generali individuati, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 171 del 2016, in esito a procedure selettive, che sono avviate dalla Regione decorsi dodici mesi dall'entrata in vigore nel presente decreto.

Articolo 4.
(Direttori amministrativi e direttori sanitari degli enti del Servizio sanitario regionale)

  1. Il Commissario straordinario o il direttore generale verifica periodicamente, e comunque entro sessanta giorni dalla nomina ovvero dalla valutazione positiva effettuata dal Commissario ad acta, che non sussistano i casi di cui all'articolo 3, comma 1, quinto periodo, del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, in relazione all'attività svolta dai direttori amministrativi e sanitari. Qualora sia dichiarata la decadenza dei direttori amministrativi e sanitari, il Commissario straordinario o il direttore generale li sostituisce attingendo dagli elenchi regionali di idonei, costituiti nel rispetto delle procedure di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 171 del 2016.

Articolo 5.
(Dissesto finanziario degli enti del Servizio sanitario regionale)

  1. Entro novanta giorni dalla nomina, il Commissario straordinario, anche avvalendosi, ai sensi degli articoli 8 e 9, dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e del Corpo della Guardia di finanza, effettua una verifica generale sulla gestione dell'ente cui è preposto. Laddove emergano gravi e reiterate irregolarità nella gestione dei bilanci, anche alla luce delle osservazioni formulate dal collegio sindacale o delle pronunce della competente sezione regionale della Corte dei conti, ovvero una manifesta e reiterata incapacità di gestione, il Commissario straordinario propone al Commissario ad acta di disporre la gestione straordinaria dell'ente, alla quale sono imputate, con bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le entrate di competenza e tutte le obbligazioni assunte fino al 31 dicembre 2018.
  2. Alla gestione straordinaria provvede un Commissario straordinario di liquidazione nominato dal Commissario ad acta, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, fra dirigenti o funzionari del Ministero dell'economia e delle finanze e di altre amministrazioni dello Stato, in servizio o in quiescenza, dotati di idonea esperienza nel campo finanziario e contabile, ovvero fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili, nell'albo dei dottori commercialisti e nell'albo dei ragionieri. Al Commissario straordinario di liquidazione si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, secondo, terzo e quarto periodo.
  3. Con successivo decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è definito il compenso del Commissario straordinario di liquidazione, il cui onere è posto a carico della massa passiva dell'ente per il quale sia stata disposta la gestione straordinaria ai sensi del comma 1.
  4. Per la gestione straordinaria si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del Titolo VIII della Parte II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta ferma in ogni caso l'applicazione, per tutte le obbligazioni contratte anteriormente al 31 dicembre 2018, dell'articolo 248, commi 2, 3 e 4, e dell'articolo 255, comma 12, del citato decreto legislativo n. 267 del 2000.
  5. È data facoltà al Commissario ad acta di nominare un unico Commissario straordinario di liquidazione per uno o più enti del Servizio sanitario regionale che si trovino nelle condizioni di cui al comma 1.
  6. Entro trenta giorni dalla nomina, il Commissario straordinario di liquidazione presenta al Commissario ad acta, che l'approva entro i successivi novanta giorni, il piano di rientro aziendale, contenente la ricognizione della situazione economico-finanziaria dell'ente, nonché l'indicazione delle coperture finanziarie necessarie per la relativa attuazione, nei limiti delle risorse disponibili. A tali fini è autorizzata l'apertura di apposite contabilità speciali di tesoreria unica, ai sensi della legge 29 ottobre 1984, n. 720, intestate alla gestione straordinaria di cui al comma 2.

Articolo 6.
(Appalti, servizi e forniture per gli enti del Servizio sanitario della Regione Calabria)

  1. Gli enti del Servizio sanitario della Regione si avvalgono esclusivamente degli strumenti di acquisto e di negoziazione aventi ad oggetto beni, servizi e lavori di manutenzione messi a disposizione da CONSIP S.p.A. nell'ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti della Pubblica amministrazione ovvero, previa convenzione, di centrali di committenza di altre regioni per l'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, strumentali all'esercizio delle proprie funzioni, superiori alle soglie di rilevanza comunitaria di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Resta ferma, in ogni caso, la facoltà di avvalersi del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per la Sicilia-Calabria.
  2. Per l'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture inferiori alle soglie di rilevanza comunitaria di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016, il Commissario ad acta stipula un protocollo d'intesa con l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ai sensi dell'articolo 213, comma 3, lettera h) del medesimo decreto legislativo a cui si adeguano gli enti del Servizio sanitario della Regione.
  3. Al fine di assicurare la coerenza e la fattibilità degli interventi individuati dagli atti di programmazione previsti dalla legislazione vigente, ed, in ogni caso, nell'ambito delle risorse da questi assegnate, il Commissario ad acta predispone un Piano triennale straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, della rete ospedaliera e della rete territoriale della Regione. Il Piano è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, della salute, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali. Con l'approvazione del Piano sono revocate le misure già adottate in contrasto con la nuova programmazione.
  4. Per i progetti di edilizia sanitaria da finanziare ai sensi dell'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, per i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto non sia stato ancora definito il livello di progettazione richiesto per l'attivazione dei programmi di investimento e appalto dei lavori, gli enti del Servizio sanitario della Regione possono avvalersi, previa convenzione, di INVITALIA S.p.A. quale centrale di committenza, nonché delle altre strutture previste all'uopo da disposizioni di legge.
  5. Per garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie, anche in osservanza delle indicazioni previste nel vigente Piano nazionale di governo delle liste di attesa, è autorizzata per la Regione, per l'anno 2019, la spesa di euro 82.164.205 per l'ammodernamento tecnologico, in particolare per la sostituzione e il potenziamento delle tecnologie rientranti nella rilevazione del fabbisogno 2018-2020 del Ministero della salute, a valere sulle risorse di cui all'articolo 20 della legge n. 67 del 1988. Con uno o più decreti dirigenziali del Ministero della salute sono ammessi a finanziamento gli interventi di cui al presente comma, fino a concorrenza del predetto importo a carico dello Stato e al conseguente trasferimento delle risorse si provvede a seguito di presentazione da parte della Regione al Ministero dell'economia e delle finanze degli stati di avanzamento dei lavori.

Articolo 7.
(Misure straordinarie di gestione delle imprese esercenti attività sanitaria per conto del Servizio sanitario regionale nell'ambito della prevenzione della corruzione)

  1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, il Commissario straordinario propone al Prefetto, alternativamente, una delle misure di cui alle lettere a) e b) del medesimo articolo 32, comma 1, nei confronti delle imprese che esercitano attività sanitaria per conto del Servizio sanitario regionale, in base agli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dandone contestuale informazione al Presidente dell'ANAC e al Commissario ad acta.

Articolo 8.
(Supporto dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali)

  1. Per le finalità di cui al presente decreto, l'Agenzia per i servizi sanitari regionali (AGENAS) di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, fornisce supporto tecnico e operativo al Commissario ad acta e ai Commissari straordinari.
  2. Per la realizzazione di quanto previsto al comma 1, l'AGENAS può avvalersi di personale comandato, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
  3. Per le finalità di cui al comma 1, l'AGENAS può ricorrere a profili professionali attinenti ai settori dell'analisi, valutazione, controllo e monitoraggio delle performance sanitarie, anche con riferimento alla trasparenza dei processi, con contratti di lavoro flessibile.
  4. Per la copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, nel limite massimo di euro 2.000.000 per l'anno 2019 e di euro 4.000.000 per l'anno 2020, si provvede utilizzando l'avanzo di amministrazione di AGENAS, come approvato in occasione del rendiconto generale annuale. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto, pari a euro 1.022.000 per l'anno 2019 ed a euro 2.044.000 per l'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.

Articolo 9.
(Ulteriori disposizioni in tema di collaborazione e supporto ai Commissari)

  1. Nell'esercizio delle proprie funzioni il Commissario ad acta, i Commissari straordinari e i Commissari straordinari di liquidazione possono avvalersi del Corpo della Guardia di finanza per lo svolgimento di attività dirette al contrasto delle violazioni in danno degli interessi economici e finanziari connessi all'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario nella Regione. A tal fine, il Corpo della Guardia di finanza opera nell'ambito delle autonome competenze istituzionali, esercitando i poteri previsti dal decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68.
  2. Per le finalità di cui al comma 1, il Ministero della salute stipula apposita convenzione con la Guardia di finanza, con la quale sono stabilite le modalità operative della collaborazione e le procedure di ristoro degli oneri sostenuti dal Corpo, anche a norma dell'articolo 2133 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, mediante applicazione di quanto disposto dall'articolo 27, comma 2, della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
  3. Per l'attuazione del comma 2 è autorizzata la spesa nel limite massimo di euro 160.000 per l'anno 2019 e di euro 320.000 per l'anno 2020 e alla relativa copertura si provvede ai sensi dell'articolo 14.

Articolo 10.
(Aziende sanitarie sciolte ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)

  1. Nel caso in cui siano adottati i provvedimenti di cui agli articoli 143, 144, 145 e 146 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del presente decreto. In tali casi, la Commissione straordinaria per la gestione dell'ente di cui all'articolo 144 del medesimo decreto legislativo n. 267 del 2000, fermi restando i compiti e le prerogative ad essa assegnati dalla legislazione vigente, opera in coerenza con l'attuazione degli obiettivi del piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario, nonché di quelli dei piani di riqualificazione dei servizi sanitari.
  2. Per le finalità di cui al presente articolo, la Commissione straordinaria di cui all'articolo 144 del decreto legislativo n. 267 del 2000, oltre al personale in posizione di sovraordinazione di cui all'articolo 145, primo comma, del medesimo decreto legislativo, può avvalersi, in via temporanea, anche in deroga alle disposizioni vigenti, in posizione di comando o di distacco, di esperti nel settore pubblico sanitario, nominati dal prefetto competente per territorio su proposta del Ministro della salute, con oneri a carico del bilancio dell'azienda sanitaria locale od ospedaliera interessata.
  3. Per le finalità di cui all'articolo 3 del presente decreto, i termini di cui al comma 6 del medesimo articolo e di cui all'articolo 4, comma 1, decorrono dall'insediamento della Commissione straordinaria di cui all'articolo 144 del menzionato decreto legislativo n. 267 del 2000, ovvero, se la Commissione è già insediata, dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In tali casi la Commissione straordinaria adotta i provvedimenti previsti dall'articolo 3, comma 6, e dall'articolo 4, sentito il Commissario ad acta.
  4. Nel caso in cui gli enti del Servizio sanitario regionale siano interessati dai provvedimenti di cui agli articoli 143, 144, 145 e 146 del decreto legislativo n. 267 del 2000, la Commissione straordinaria di cui all'articolo 144 del decreto legislativo n. 267 del 2000 segnala al Commissario ad acta la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della disciplina del dissesto finanziario di cui all'articolo 5. Il termine previsto dall'articolo 5, comma 1, decorre dalla data di insediamento della Commissione ovvero, se già insediata, dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Capo II
DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI SALUTE

Articolo 11.
(Disposizioni in materia di personale e di nomine negli enti del Servizio sanitario nazionale)

  1. A decorrere dal 2019, la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale di ciascuna regione e Provincia autonoma di Trento e di Bolzano, nell'ambito del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e ferma restando la compatibilità finanziaria, sulla base degli indirizzi definiti da ciascuna regione e Provincia autonoma di Trento e di Bolzano e in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale, non può superare il valore della spesa sostenuta nell'anno 2018, come certificata dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa 23 marzo 2005 sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, o, se superiore, il valore della spesa prevista dall'articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. I predetti valori sono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Tale importo include le risorse per il trattamento accessorio del personale, il cui limite, definito dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 27 maggio 2017, n. 75, è adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l'invarianza del valore medio pro-capite, riferito all'anno 2018, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018. Dall'anno 2021, il predetto incremento di spesa del 5 per cento è subordinato all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, in coerenza con quanto stabilito dal decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, e con l'articolo 1, comma 516, lettera c), della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
  2. Ai fini del comma 1, la spesa è considerata, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'imposta regionale sulle attività produttive, per il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa e di personale che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni. La predetta spesa è considerata al netto degli oneri derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro successivi all'anno 2004, per personale a carico di finanziamenti comunitari o privati e relativi alle assunzioni a tempo determinato e ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca finanziati ai sensi dell'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
  3. Le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, previo accordo da definirsi con il Ministero della salute ed il Ministero dell'economia e delle finanze, possono ulteriormente incrementare i limiti di spesa di cui al comma 1, di un ammontare non superiore alla riduzione strutturale della spesa già sostenuta per servizi sanitari esternalizzati prima dell'entrata in vigore del presente decreto.
  4. Le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, si applicano con riferimento a quanto previsto dal presente articolo. Le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano indirizzano e coordinano la spesa dei propri enti del servizio sanitario in conformità a quanto è previsto dal comma 1.
  5. In deroga all'articolo 1 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, nelle more della revisione dei requisiti per l'iscrizione nel relativo elenco e comunque non oltre 18 mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, i direttori generali degli Istituti zooprofilattici sperimentali sono nominati ai sensi dell'articolo 11, commi 5 e 6, del decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106.

Articolo 12.
(Disposizioni sulla formazione in materia sanitaria e sui medici di medicina generale)

  1. Per consentire agli atenei una migliore organizzazione degli esami di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo, il termine di cui all'articolo 7, comma 2, del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 9 maggio 2018, n. 58, decorre dalla sessione di esame del mese di luglio 2021. Alle prove di esame relative agli anni 2019 e 2020 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto ministeriale 19 ottobre 2001, n. 445.
  2. All'articolo 1, commi 547 e 548, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, dopo le parole «medici» sono inserite le seguenti: «e medici veterinari».
  3. Fino al 31 dicembre 2021 i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale e già risultati idonei al concorso per l'ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale, che siano stati incaricati, nell'ambito delle funzioni convenzionali previste dall'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale per almeno ventiquattro mesi, anche non continuativi, nei dieci anni antecedenti alla data di scadenza della presentazione della domanda di partecipazione al concorso per l'accesso al corso di formazione specifica in medicina generale, accedono al predetto corso, tramite graduatoria riservata, senza borsa di studio. Accedono in via prioritaria all'iscrizione al corso coloro che risultino avere il maggior punteggio per anzianità di servizio maturata nello svolgimento dei suddetti incarichi convenzionali, attribuito sulla base dei criteri previsti dall'accordo collettivo nazionale vigente per il calcolo del punteggio di anzianità di servizio. I medici già iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale sono interpellati, in fase di assegnazione degli incarichi, comunque in via prioritaria rispetto ai medici di cui ai periodi precedenti. Il numero massimo di candidati ammessi al corso è determinato entro i limiti consentiti dalle risorse di cui al successivo periodo. Agli oneri derivanti dal presente comma, relativi alle ulteriori spese di organizzazione dei corsi di formazione specifica di medicina generale fino ad un massimo di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, in relazione al corso 2019-2021, 2020, in relazione al corso 2020-2022 e 2021, in relazione al corso 2021-2023, si provvede col vincolo di pari importo delle disponibilità finanziarie ordinarie destinate al fabbisogno sanitario standard nazionale, cui concorre lo Stato, con ripartizione tra le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla base delle effettive carenze dei medici di medicina generale calcolate sulla base del numero complessivo di incarichi pubblicati e rimasti vacanti.
  4. All'articolo 9 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, quarto periodo, dopo le parole «corso di rispettiva frequenza» sono inserite le seguenti: «fatti salvi i periodi di sospensione previsti dall'articolo 24, commi 5 e 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368,»;

   b) al comma 2, le parole «possono prevedere limitazioni del massimale degli assistiti in carico, ovvero organizzare i corsi a tempo parziale, prevedendo» sono sostituite dalle seguenti: «prevedono limitazioni del massimale degli assistiti in carico o del monte ore settimanale da definire nell'ambito dell'accordo collettivo nazionale, e possono organizzare i corsi anche a tempo parziale, garantendo».

  5. Al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 21, comma 1, dopo le parole «diploma di formazione specifica in medicina generale» sono aggiunte le seguenti: «o l'iscrizione al corso di formazione specifica in medicina generale»;

   b) all'articolo 24, comma 3, sono abrogate le lettere d) ed e).

  6. All'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono apportate le seguenti modifiche:

   a) alla lettera b-quinquies) dopo le parole «sulla base di accordi regionali e aziendali» sono aggiunte le seguenti: «, potendo prevedere un incremento del numero massimo di assistiti in carico ad ogni medico di medicina generale nell'ambito dei modelli organizzativi multi professionali nei quali è prevista la presenza oltre che del collaboratore di studio, anche di personale infermieristico, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica»;

   b) dopo la lettera m-ter) è aggiunta la seguente: «m-quater) fermo restando quanto previsto dalla lettera 0a), prevedere modalità e forme d'incentivo per i medici inseriti nelle graduatorie affinché sia garantito il servizio nelle zone carenti di personale medico nonché specifiche misure conseguenti alla eventuale rinuncia agli incarichi assegnati.».

Articolo 13.
(Disposizioni in materia di carenza di medicinali e di riparto del Fondo sanitario nazionale)

  1. All'articolo 34, comma 6, secondo periodo, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, la parola «due» è sostituita dalla seguente: «quattro» e all'articolo 148, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 219 del 2006, le parole «comma 7» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6 e 7». Conseguentemente all'articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 17, le parole «di cui ai commi da 7 a 15”» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi da 6 a 15».
  2. All'articolo 2, comma 67-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, al quinto periodo, le parole «e per l'anno 2018» sono sostituite dalle seguenti: «, per l'anno 2018 e per l'anno 2019».

Capo III
DISPOSIZIONI FINANZIARIE, TRANSITORIE E FINALI

Articolo 14.
(Disposizioni finanziarie)

  1. Agli oneri previsti dagli articoli 3, comma 5, e 9, comma 3, pari a 632.500 euro per l'anno 2019 e a 792.500 euro per l'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del Programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.
  2. Relativamente al Capo I, ad esclusione dell'articolo 6, comma 5, dell'articolo 8 e del comma 1 del presente articolo, la regione Calabria mette a disposizione del Commissario ad acta, del Commissario straordinario, del Commissario straordinario di liquidazione, del Dipartimento tutela della salute, politiche sanitarie e del personale impiegato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali il personale, gli uffici e i mezzi necessari all'espletamento dei relativi incarichi, utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  3. Relativamente all'attuazione delle disposizioni di cui al Capo II del presente decreto, si provvede senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Articolo 15.
(Disposizioni transitorie e finali)

  1. Le disposizioni di cui al Capo I si applicano per diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
  2. I direttori generali degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria eventualmente nominati dalla Regione nei trenta giorni anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto cessano dalle loro funzioni dall'entrata in vigore del presente decreto. Sono, in ogni caso, revocate le procedure selettive dei direttori generali in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.
  3. All'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, è aggiunto in fine il seguente periodo: «L'incarico di commissario ad acta e di subcommissario è valutabile quale esperienza dirigenziale ai fini di cui al comma 7-ter dell'articolo 1 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171.».

Articolo 16.
(Entrata in vigore)

  1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

  Dato a Roma, addì 30 aprile 2019

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei ministri
Grillo, Ministro della salute
Salvini, Ministro dell'interno
Trenta, Ministro della difesa
Tria, Ministro dell'economia e delle finanze
Bussetti, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca
Stefani, Ministro per gli affari regionali e le autonomie

Visto, il Guardasigilli: Bonafede.