• C. 1265 EPUB Proposta di legge presentata il 12 ottobre 2018

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Atto a cui si riferisce:
C.1265 Modifiche al codice civile in materia di attribuzione del cognome ai figli


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1265

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa delle deputate
DADONE, SALAFIA, DIENI, MACINA, BALDINO, BILOTTI, ELISA TRIPODI, PIERA AIELLO, ASCARI, D'ARRANDO

Modifiche al codice civile in materia di attribuzione
del cognome ai figli

Presentata il 12 ottobre 2018

  Onorevoli Colleghi! — In Italia, la legge ancora non riconosce espressamente alla donna la possibilità di attribuire il proprio cognome ai figli; tale questione, che si trascina già dal 1979, ha sollecitato diverse iniziative legislative che non si sono però mai concluse, purtroppo, con un'approvazione definitiva. La situazione, come è noto, è oggetto di censura anche da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, nonché della Corte costituzionale.
  Negli anni, comitati e organismi giuridici, sia nazionali che internazionali, si sono fatti carico di investire il Parlamento della questione, affinché provvedesse in via definitiva a eliminare la discriminazione che ancora esiste nei confronti della donna.
  La consuetudine di assegnare al figlio il cognome paterno costituisce un retaggio culturale che ci trasciniamo da millenni, ossia da quando alla donna non erano riconosciuti né la capacità giuridica, né la partecipazione ai procedimenti decisionali, né l'esercizio di arti e professioni, né tanto meno la capacità di testare.
  Nel nostro Paese, purtroppo, siamo ancora legati a tali obsolete tradizioni e non si può più accettare che il Parlamento rimanga inerte al riguardo: è dunque fondamentale che la donna e l'uomo raggiungano una vera uguaglianza in materia di diritto di famiglia.
  Come è noto a tutti, l'ordinamento italiano prevede che il figlio debba acquisire necessariamente il cognome paterno in quanto è vietato ai genitori concordare una soluzione diversa. Ciò è il risultato di una prassi giuridica che da tempo provoca diverse perplessità che vengono sollevate da più parti. La radicale assenza di norme circa l'attribuzione del cognome, infatti, impone di ricercare la soluzione nelle disposizioni dedicate agli altri tipi di filiazione contemplati dal nostro ordinamento.
  Le disposizioni più prossime all'ipotesi in esame risultano in effetti essere l'articolo 262, primo comma, del codice civile – che attribuisce il cognome paterno al figlio naturale riconosciuto contemporaneamente da parte di entrambi i genitori – e l'articolo 33 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, che dispone in senso analogo per quanto concerne il figlio legittimato per effetto del matrimonio tra i propri genitori.
  Oggi, il riconoscimento del diritto di libertà di entrambi i coniugi di assegnare un cognome, anziché un altro, ha trovato nuova linfa in numerose norme di diritto internazionale ed europeo.
  Invero, sebbene il legislatore europeo abbia cercato di incidere con profondità nel settore del diritto di famiglia, la competenza nella disciplina del nome è rimasta nazionale.
  In tal senso si ricordano i provvedimenti a tutela della protezione della fondamentale libertà di circolazione di ciascun cittadino europeo nel territorio dell'Unione, che hanno imposto la garanzia dell'altrettanto fondamentale diritto all'unità del nucleo familiare nello Stato di residenza.
  In questa direzione si è spiegata anche la giurisprudenza della Corte del Lussemburgo che ha, infatti, riconosciuto espressamente, ai singoli Stati membri, la potestà normativa esclusiva in materia di attribuzione del cognome, salvo censurare gli effetti pregiudizievoli sotto il profilo del godimento di diritti e di libertà, insiti nella cittadinanza dell'Unione, dovuti alla prevalenza di un ordinamento sull'altro, in presenza di concreti requisiti di transnazionalità.
  Invero, la rilevanza del principio di non discriminazione in base al sesso nella determinazione del cognome familiare è stata sancita a chiare lettere anche dall'interpretazione congiunta degli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) operata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
  Il carattere discriminatorio dell'attuale disciplina italiana è sottolineato dall'evidente contrasto sia con l'articolo 16, paragrafo 1, lettera g), della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979, sia con gli articoli 3 e 24, paragrafo 3, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966.
  La prima delle menzionate disposizioni, infatti, impone a tutti gli Stati contraenti l'adozione di misure adeguate per garantire alla moglie gli stessi diritti del marito, con particolare riferimento alla scelta del cognome.
  Anche il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, seppur senza menzionare espressamente la tematica afferente alla scelta del cognome familiare, impone la parità di diritti e di responsabilità tra coniugi per tutta la durata della vita matrimoniale.
  L'esecuzione dei due accordi internazionali, avutasi per effetto, rispettivamente, della legge 14 marzo 1985, n. 132, e della legge 25 ottobre 1977, n. 881, attribuisce a entrambi la qualità di parametro mediato di costituzionalità, secondo il disposto dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione.
  Pertanto, se si ritiene che l'attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo sia dovuta all'applicazione analogica o estensiva dell'articolo 262, primo comma, del codice civile, dedicato all'ipotesi di riconoscimento simultaneo del figlio naturale (o di altra norma di legge ordinaria), nei confronti di tale o di tali disposizioni potrebbe configurarsi una questione di legittimità costituzionale, per violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli articoli 8 e 14 della CEDU.
  A tale riguardo si segnalano due pronunce della Corte costituzionale che, in data 24 ottobre 2007 (n. 348 e n. 349), rilevano che, in virtù dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, le norme internazionali di natura pattizia vigenti per l'Italia hanno valore di norme interposte nella valutazione di costituzionalità delle disposizioni di legge ordinaria.
  Ne deriva che la conformità delle leggi ordinarie alla Costituzione deve essere esclusa se il loro contenuto risulti incompatibile con gli accordi internazionali esecutivi.
  Le finalità di questa proposta di legge sono, pertanto, da un canto, di dare immediata attuazione al principio che afferma la pari dignità tra uomo e donna, anche nella scelta del cognome, e, da un altro canto, di eliminare finalmente il contrasto tra i princìpi giuridici di matrice europea e internazionale, che con la novella dell'articolo 117 della Carta fondamentale hanno assunto il rango di norma costituzionale a cui tutte le norme interne devono uniformarsi.
  Non solo. La nota sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 7 gennaio 2014 ha constatato la violazione dell'articolo 14 (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della CEDU rispetto alla scelta di attribuire ai figli legittimi il cognome paterno, scelta che si baserebbe unicamente su una discriminazione fondata sul sesso dei genitori. In particolare, la Corte ha ravvisato, nell'impossibilità di derogare alla regola del patronimico, un trattamento discriminatorio nei confronti delle donne e per questo motivo in contrasto con la CEDU.
  Più di recente è intervenuta, peraltro, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 286 del 21 dicembre 2016, nella quale è stata rilevata, rispetto all'assegnazione automatica del cognome paterno ai figli, in primo luogo la violazione dell'articolo 2 della Costituzione, per compressione del diritto del singolo individuo all'identità personale, con riferimento ai segni di identificazione di entrambi i rami genitoriali, costituente un'irragionevole disparità di trattamento tra i coniugi, che non trova alcuna giustificazione nella finalità di salvaguardia dell'unità familiare. La pronuncia ha evidenziato, altresì, il contrasto con gli articoli 3 e 29, secondo comma, della Costituzione, per la lesione del diritto di uguaglianza e di pari dignità dei genitori nei confronti dei figli e dei coniugi tra loro. È stata, infine, ravvisata la violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in riferimento all'articolo 16, comma 1, lettera g), della Convenzione sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, alle raccomandazioni del Consiglio d'Europa 28 aprile 1995, n. 1271, e 18 marzo 1998, n. 1362, nonché alla risoluzione 27 settembre 1978, n. 37, relative alla piena realizzazione dell'uguaglianza dei genitori nell'attribuzione del cognome dei figli.
  L'illustrata disparità di trattamento tra uomo e donna è stata peraltro ampiamente superata dagli Stati europei con i quali il nostro Paese condivide una spiccata sensibilità in materia di evoluzione dei diritti umani. Gli ordinamenti interni della Spagna, della Francia, dell'Inghilterra e della Germania, infatti, prevedono l'applicazione di norme che garantiscano, con meccanismi differenti, una parità tra uomo e donna in materia di scelta del cognome da assegnare al proprio figlio; non vi è, dunque, traccia di alcuna ingerenza dello Stato – se non in via del tutto residuale – sulla scelta del cognome.
  Tra gli ordinamenti elencati la scelta è ricaduta, per motivi di equilibrio, su quello francese, il quale nella trasmissione del cognome non prevede alcuna distinzione tra la madre o il padre e il figlio può ricevere il cognome di uno o dell'altro genitore o entrambi i cognomi affiancati.
  La presente proposta di legge – volta all'introduzione di norme di civiltà – è strutturata in quattro articoli; con il primo articolo si intende riconoscere la parità di trattamento a entrambi i genitori, in quanto il figlio potrà ricevere il cognome di uno o dell'altro genitore. Si tratta di una statuizione di principio con la quale lo Stato riconosce, finalmente, pari dignità a entrambi i genitori nell'assegnazione del cognome.
  Il secondo articolo, che novella il libro del codice civile dedicato al diritto di famiglia introducendo l'articolo 143-bis.1, prevede l'ipotesi in cui i genitori riconoscano contemporaneamente il proprio figlio. In tale specifico caso l'attribuzione del cognome verrà decisa di comune accordo dai genitori, i quali potranno scegliere il cognome di uno o dell'altro o entrambi i cognomi, affiancati secondo l'ordine di loro scelta per un massimo di un cognome per genitore. Ai genitori verrà richiesto di presentare una dichiarazione congiunta davanti all'ufficiale di stato civile e, in assenza di tale dichiarazione, il bambino acquisirà il cognome di entrambi i genitori in ordine alfabetico.
  Il criterio scelto nell'ipotesi in cui non vi sia l'accordo di entrambi i genitori è coerente con l'innovazione proposta, in quanto impedisce a ognuno dei genitori di vietare l'inserimento del cognome dell'altro e prevede l'inserimento comunque di entrambi i cognomi. In riferimento all'ordine di assegnazione si è preferito il criterio dell'ordine alfabetico, ritenuto imparziale e impersonale.
  Lo stesso articolo, al quarto comma, prevede che i genitori possano scegliere il cognome solo per il figlio primogenito e tale scelta sarà applicata anche agli altri figli della coppia. Sarà, infatti, l'ufficiale di stato civile ad attribuire lo stesso cognome agli altri figli che risultino generati dalla stessa coppia.
  Il terzo articolo prevede una riformulazione dell'articolo 262 del codice civile. Con l'articolo novellato si intende ridisegnare l'ipotesi normativa del riconoscimento di un figlio naturale anche alla luce delle ultime modifiche intervenute in materia di filiazione. La nuova formulazione della norma prevede l'applicazione dello stesso meccanismo di scelta del cognome, da assegnare al figlio, nel caso in cui il riconoscimento successivo venga esercitato sia dalla madre sia dal padre.
  Al fine di rafforzare il principio di pari dignità previsto dall'articolo 1 della presente proposta di legge, viene coerentemente utilizzato il termine «genitore», anziché i termini «padre» e «madre». Il quarto articolo aggiorna, conseguentemente, anche l'articolo 299 del codice, relativo ai figli adottivi.
  In ragione delle considerazioni esposte e anche alla luce della più recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, si auspicano un celere esame della presente proposta di legge e l'adesione ad essa da parte di tutte le forze politiche.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Lo Stato riconosce a entrambi i genitori il diritto di assegnare al figlio il proprio cognome.

Art. 2.

  1. Dopo l'articolo 143-bis del codice civile è inserito il seguente:

   «Art. 143-bis.1. – (Cognome del figlio) – Nel caso in cui il figlio sia riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori, questi, di comune accordo, possono scegliere il cognome di uno o dell'altro o entrambi i cognomi, affiancati secondo l'ordine da loro scelto, per un massimo di un cognome per genitore.
   I genitori devono presentare una dichiarazione congiunta davanti all'ufficiale di stato civile, che comprovi l'accordo di cui al primo comma.
   In assenza di una dichiarazione congiunta dei genitori, l'ufficiale di stato civile attribuisce al figlio i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.
   Ai figli successivi al primo, generati dai medesimi genitori, l'ufficiale di stato civile attribuisce d'ufficio lo stesso cognome attribuito al primo figlio.
   Il figlio al quale sia attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno».

Art. 3.

  1. L'articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:

   «Art. 262. – (Cognome del figlio nato fuori dal matrimonio) – Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome scelto dai genitori. Si applica l'articolo 143-bis.1.
   Se la filiazione nei confronti di uno dei genitori è stata accertata, o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte dell'altro genitore, il figlio può aggiungere il cognome di quest'ultimo, anteporlo o sostituirlo a quello del genitore che lo ha riconosciuto per primo».

Art. 4.

  1. Il terzo comma dell'articolo 299 del codice civile è sostituito dal seguente:

   «Se l'adozione è compiuta da coniugi si applica l'articolo 143-bis.1».