• Testo RISOLUZIONE CONCLUSIVA

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Atto a cui si riferisce:
C.8/00026 Risoluzione conclusiva 8-00026presentato daMURONI Rossellatesto diMercoledì 3 aprile 2019 in Commissione VIII (Ambiente) 7-00207 Muroni: Misure per assicurare maggiore efficacia...



Atto Camera

Risoluzione conclusiva 8-00026presentato daMURONI Rossellatesto diMercoledì 3 aprile 2019 in Commissione VIII (Ambiente)

7-00207 Muroni: Misure per assicurare maggiore efficacia e pubblicità agli interventi di tutela della qualità dell'aria.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    città soffocate dallo smog, dove l'aria è irrespirabile sia d'inverno sia d'estate, tra le principali fonti di emissione il traffico, il riscaldamento domestico, le industrie e le pratiche agricole; e dove l'auto privata continua ad essere di gran lunga il mezzo più utilizzato, se ne contano 38 milioni e soddisfano complessivamente il 65,3 per cento degli spostamenti;
    il 2018 è stato un anno da «codice rosso» per la qualità dell'aria, segnato anche dal deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia europea in merito alle procedure di infrazione per qualità dell'aria e che costerà multe salate alla Penisola. A parlare chiaro sono i numeri: nel 2018 in ben 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l'ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l'ozono), in 24 dei 55 capoluoghi il limite è stato superato per entrambi i parametri, con la conseguenza diretta, per i cittadini, di aver dovuto respirare aria inquinata per circa 4 mesi nell'anno;
    la città che nel 2018 ha superato il maggior numero di giornate non a norma è Brescia (Villaggio Sereno) con 150 giorni (47 per il Pm10 e 103 per l'ozono), seguita da Lodi con 149 (78 per il Pm10 e 71 per l'ozono), Monza (140), Venezia (139), Alessandria (136), Milano (135), Torino (134), Padova (130), Bergamo e Cremona (127) e Rovigo (121). Tutte le città capoluogo di provincia dell'area padana (ad eccezione di Cuneo, Novara, Verbania e Belluno) hanno superato almeno uno dei due limiti;
    la prima città non ubicata nella pianura padana è Frosinone, nel Lazio, con 116 giorni di superamento (83 per il Pm10 e 33 per l'ozono), seguita da Genova con 103 giorni (tutti dovuti al superamento dei limiti dell'ozono), Avellino con 89 (46 per il Pm10 e 43 per l'ozono) e Terni con 86 (rispettivamente 49 e 37 giorni per i due inquinanti);
    tutto questo è quanto emerge dalla lettura di «Mal'aria 2019» il dossier annuale di Legambiente sull'inquinamento atmosferico in Italia che ci restituisce un quadro puntuale del 2018;
    un quadro preoccupante che indica l'urgenza a livello nazionale di pianificare misure strutturali capaci di abbattere drasticamente le concentrazioni di inquinamento presenti e di riportare l'aria a livelli qualitativamente accettabili, misure che spesso oggi mancano, dimenticando così che ogni anno in Europa, stando ai dati dell'Agenzia europea per l'ambiente, sono oltre 422 mila le morti premature all'anno per inquinamento atmosferico e che l'Italia si colloca tra i Paesi europei peggiori, con più decessi in rapporto alla popolazione, pari a più di 60.600 nel solo 2015;
    i trasporti stradali costituiscono una delle principali fonti di emissioni di inquinanti atmosferici nelle aree urbane, come ricorda l'Ispra, e una mobilità sostenibile consentirebbe di limitare le emissioni in aria dal trasporto stradale, garantendo il soddisfacimento della domanda di mobilità dei cittadini;
    la sfida che oggi deve affrontare il nostro Paese è quella di fare della mobilità sostenibile il motore del cambiamento in modo da ripensare le città per le persone, non per le auto; è questo il cambio di paradigma che deve prendere piede nella Penisola. Il filo conduttore per vincere questa sfida è il tema della mobilità sostenibile, già praticata da alcune città come: Bolzano, Firenze, Pisa, Torino e Milano dove il 50 per cento degli abitanti usa i mezzi pubblici, cammina e pedala;
    è del tutto evidente che per far uscire l'Italia dall'emergenza cronica dello smog occorre realizzare in primis un piano nazionale contro l'inquinamento con misure strutturali ed economiche di ampio respiro e redigere piani urbani per la mobilità sostenibile ambiziosi ripensando l'uso di strade, piazze e spazi pubblici delle città, creando ampie «zone 30» e prevedendo nuovi spazi verdi nei centri urbani;
    è indispensabile ridurre il tasso di motorizzazione riportandolo ai livelli delle altre nazioni europee, gli incentivi sulle emissioni devono prevedere criteri sociali e per ridurre il parco circolante in Italia si dovrebbe prevedere un bonus di rottamazione per chi vuole rottamare l'auto inquinante senza acquistarne una nuova. Inoltre, è fondamentale incentivare davvero la mobilità sostenibile, potenziando il trasporto pubblico locale, urbano e pendolare, prevedere rete ciclabili che attraversino nelle diverse direttrici i centri urbani, ma anche ripensare il proprio stile di vita in una chiave più ecofriendly;
    in Italia continuano a pesare enormemente la mancanza di una efficace strategia antismog e il fatto che in questi anni l'emergenza inquinamento atmosferico è stata affrontata in maniera disomogenea ed estemporanea. A quasi nulla sono serviti i piani anti smog in nord Italia scattati il primo ottobre 2018 con il blocco, parziale, della circolazione per i mezzi più inquinanti. L'inquinamento atmosferico ad oggi continua ad essere un'emergenza costante nel nostro Paese non più giustificabile con le avverse condizioni meteo-climatiche della pianura padana o con il riferimento alla sola stagionalità invernale;
    per uscire da questa emergenza gli strumenti ci sarebbero: ogni città dovrebbe adottare dei Pums, piani urbani di mobilità sostenibile, ambiziosi. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrebbe guidare le città, supportando e verificando le scelte fatte, affinché siano coerenti con le scelte e i piani nazionali; inoltre, il Governo dovrebbe finanziare i progetti davvero utili per mettere in campo questa rivoluzione e, allo stesso tempo, dovrebbe destinare più risorse per incentivare davvero la mobilità sostenibile;
    entrando nello specifico dell'indagine di Mal'aria si legge, che nel 2018, sono state 26 le città, circa un capoluogo su quattro, a oltrepassare il limite quotidiano del Pm10 fissato per legge a 50 g/mc, come media giornaliera, da non superare per più di 35 giorni l'anno;
    a guidare la «top ten» delle città più critiche per le polveri sottili: Torino (Rebaudengo) con 87 giorni, Frosinone (scalo) con 83 e Lodi (Vignati) con 78 sono sul podio della speciale classifica, seguite da Milano (Marche) 74, Venezia (Tagliamento) 63, Padova (Arcella) 60;
    per quanto riguarda l'ozono, nel 2018 sono stati ben 53 i capoluoghi di provincia che hanno superato il limite di 25 giorni con una media mobile sulle otto ore superiore a 120 microgrammi per metro cubo. Genova e Brescia sono risultate le città peggiori per questo inquinante con 103 giorni, seguite da Monza (89), Lecco (88), Bergamo (85), Piacenza (80), Varese (78), Alessandria (77) e Venezia (76);
    l'Italia è uno dei Paesi europei con il più alto tasso di motorizzazione, con una media di circa 65 auto ogni 100 abitanti. Si tratta di valori enormi se confrontati con quelli di alcune capitali europee: a Parigi ci sono 36 auto per 100 abitanti come a Londra e a Berlino, a Barcellona 41, a Stoccolma e Vienna 38. Negli ultimi anni il tasso di motorizzazione medio dei capoluoghi italiani ha mostrato addirittura un incremento, passando da 62,4 a 63,3 auto ogni 100 abitanti e risulta stabile o in aumento in tutte le città. Nonostante l'auto sia il mezzo di gran lunga più diffuso per gli spostamenti, una ricerca condotta da Isfort (2016) segnala come il 41,3 per cento degli abitanti delle grandi città italiane vorrebbe muoversi di più coi mezzi pubblici, mentre, parallelamente, il 32,2 per cento auspica di poter stare meno tempo al volante. A far crescere la voglia di scendere dall'auto è principalmente il tempo perso in coda negli ingorghi;
    è del tutto evidente che per far tornare a far respirare le città si dovrebbe intervenire drasticamente per ridurre con decisione il traffico motorizzato privato intervenendo sull'incentivazione della mobilità. Secondo l'Eea servirebbe una trasformazione radicale della nostra mobilità, perché non ci si può attendere dai limiti emissivi degli Euro 6 una significativa riduzione degli inquinanti a rischio sanitario e ancor meno una riduzione della CO2;
    a tal proposito si evidenzia che nelle città le reti di centraline di monitoraggio sia in termini strutturali che gestionali risultano spesso carenti, non in grado ad esempio di misurare gli inquinanti più pericolosi oppure non inserite in modelli di dispersione aventi sufficiente livello di dettaglio;
    con la conseguenza, tra le molte, che le azioni previste dai piani di risanamento della qualità dell'aria (Prqa) potrebbero risultare inefficaci o inapplicate, provocando di fatto il mancato raggiungimento degli obiettivi e dei principi sanciti dalle direttive europee;
    per salvare il Pianeta bisogna partire anche dalle abitazioni, renderle efficienti da un punto di vista energetico, anche attraverso la sostituzione dei vecchi impianti di riscaldamento altamente inquinanti, perché per centrare gli obiettivi fissati dagli accordi internazionali sul clima di Parigi non basta ridurre le emissioni inquinanti delle automobili. C’è un'altra fonte di inquinamento, che contribuisce anche più delle auto alle emissioni di gas dannosi: il riscaldamento domestico. E, più in generale, sussiste il problema delle case «colabrodo», dove vecchie caldaie emettono più sostanze inquinanti del dovuto, perché il calore si disperde all'esterno degli edifici. Servono interventi per riqualificare da un punto di vista energetico il patrimonio edilizio;
    gli impianti termici per il riscaldamento degli edifici inquinano fino a sei volte di più dei trasporti su strada. Questo è il risultato di un'elaborazione dell'Osservatorio Autopromotec sulla base di uno studio realizzato l'anno scorso del Politecnico di Milano sull'impatto sulla qualità dell'aria urbana da parte delle principali fonti di inquinamento, come denunciato in un articolo di Elisabetta Tramonto pubblicato sul sito online di Valori;
    lo studio è stato condotto su un campione rappresentativo di cinque città italiane (Milano, Genova, Firenze, Parma e Perugia). Il risultato è il seguente: il contributo fornito dal settore del riscaldamento da edifici all'inquinamento atmosferico in termini di emissioni di CO2 è pari in media al 64,2 per cento del totale delle emissioni stimate per le città considerate, contro il 10,2 per cento che proviene dal settore della mobilità e dei trasporti motorizzati. La restante quota di CO2 (25,6 per cento) è invece generata dal settore delle attività industriali;
    se si riqualificassero gli edifici si otterrebbe il risultato di diminuire di 20,7 milioni di tonnellate di CO2. Occorre riconvertire 30 mila condomini all'anno, quelli con maggiori problemi di efficienza energetica, entro il 2030. È la sfida lanciata da Legambiente alla presentazione dei risultati del monitoraggio Civico 5.0, la campagna nazionale di studio e informazione dell'associazione ambientalista per sensibilizzare e informare cittadini, ma anche amministratori e tecnici su questi temi, dando strumenti utili per acquisire una maggiore consapevolezza sul peso energico della propria abitazione;
    se si riqualificassero 30 mila edifici all'anno si eviterebbero emissioni in atmosfera per 840.000 tonnellate di CO2 all'anno e si ridurrebbero i consumi di circa 420 milioni di metri cubi di gas all'anno. Questo non farebbe bene solo al nostro Paese, ma farebbe bene anche al portafoglio degli italiani. Si otterrebbero, infatti, quasi 400 milioni di euro annui di risparmi in bolletta per le famiglie, per una media di circa 620 euro l'anno a famiglia;
    al 2030 questa operazione permetterebbe complessivamente un taglio alle emissioni di CO2 di 20,7 milioni di tonnellate, 10,3 miliardi di metri cubi di gas non consumati e una riduzione di 9,7 miliardi di euro di risparmi globali in bolletta per le famiglie;
    inoltre, un'azione di questo tipo permetterebbe di creare nuovi posti di lavoro, circa un milione puntando proprio sulla riqualificazione energetica. Sono 1,2 milioni i condomini presenti in Italia dove vivono circa 14 milioni di famiglie. Di questi almeno 740 mila (16 per cento) necessitano di un'ampia riqualificazione energetica, perché costruiti nel dopoguerra con materiali e tecniche che avevano scarsissima attenzione all'efficienza dei sistemi di riscaldamento, mentre l'82 per cento sono stati costruiti prima dell'entrata in vigore della legge n. 10 del 1991 sull'efficienza energetica in edilizia;
    riqualificare significa isolare gli edifici con cappotti termici, sostituire i vecchi infissi con quelli nuovi e, soprattutto, sostituire le vecchie caldaie con nuove caldaie a condensazione o con pompe di calore. E fondamentale fare un salto di qualità e quantità degli interventi di riqualificazione energetica dei condomini per ridurre i consumi energetici, per riuscire davvero ad aiutare le famiglie a vivere meglio e spendere meno, oltre che a ridurre le emissioni di gas serra di cui il Pianeta ha fortemente bisogno;
    inoltre, si ricorda che gli incentivi esistono; tra «ecobonus» e «sismabonus» si può arrivare a coprire fino all'85 per cento dell'intervento di riqualificazione energetico. Il problema è che manca una chiara strategia ambientale che leghi l’«ecobonus» al risultato raggiunto dall'intervento di riqualificazione energetica;
    anche sul fronte del trasporto pubblico le città italiane sono lente e indietro rispetto alle sorelle europee; senza contare i tagli, i tardi, i guasti e i disservizi legati al trasporto pubblico che i cittadini ogni giorno si trovano ad affrontare. Il bus rimane il principale mezzo di trasporto collettivo:
     in Italia assorbono una quota di traffico del 64 per cento, più che doppia rispetto a quella tedesca e inglese, dove invece la mobilità nelle aree metropolitane è garantita prioritariamente dal ferro;
     nel nostro Paese – segnala Asstra, l'associazione di categoria delle imprese di trasporto pubblico locale – la rete ferroviaria suburbana e metropolitana dispone di 41 linee ferroviarie contro le 81 della Germania e le 68 del Regno Unito. Le linee di metropolitana sono invece 14, contro le 44 della Germania, le 30 spagnole e le 27 francesi. E così sono i bus il principale mezzo di trasporto collettivo: in Italia assorbono una quota di traffico del 64 per cento, più che doppia rispetto a quella tedesca e inglese, dove invece la mobilità nelle aree metropolitane è garantita prioritariamente dal ferro;
     secondo i dati di Ispra, inoltre, gli autobus con standard emissivi inferiori all'Euro4 corrispondono ancora al 55 per cento del parco mezzi circolante totale; nonostante sia in crescita la percentuale di mezzi con performance emissive migliori – il 13,4 per cento del totale risponde agli standard Euro6 –, tantissimi comuni stanno ancora investendo in mezzi alimentati con fonti fossili – quindi inquinanti – invece di investire, ad esempio, in mezzi elettrici o a basse emissioni, come quelli a biometano;
     la dotazione di metropolitane nelle città italiane continua a mostrare un gap importante rispetto alle altre città europee. Nel nostro Paese sono in esercizio 250 chilometri di metropolitane, estensione paragonabile a quella di singole città europee come Madrid (291,5 chilometri) Londra (464,2 chilometri) Parigi (221,5 chilometri) e Berlino (147,5 chilometri) tutte impegnate in importanti progetti di sviluppo per aumentare il numero di persone trasportate;
     è del tutto evidente che questi numeri si traducono nel nostro Paese inevitabilmente con la perdita di attrattività da parte dei cittadini nell'utilizzare il trasporto pubblico al posto dell'automobile. Come confermato dai dati Ispra, nel 2016, «il trasporto pubblico ha registrato nei Comuni capoluogo di Provincia una riduzione della domanda rispetto all'anno precedente, da circa 187 passeggeri per abitante a 185, ma il trend è in atto già dal 2011 dove il valore dell'indicatore di domanda era pari a 217 passeggeri per abitante». Il confronto dei dati nel periodo 2011-2016 mostra come il numero di passeggeri annui sia diminuito costantemente con una riduzione di circa l'11 per cento rispetto al 2011, ovvero si è registrato un calo di 434,5 milioni di passeggeri all'anno che non hanno voluto usufruire più del trasporto pubblico;
     un aiuto alla lotta all'inquinamento è anche la corretta applicazione del decreto legislativo «Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa», ma perché questo avvenga, tra le altre cose, deve funzionare la reciprocità tra Stato, regioni e gli enti di controllo e di ricerca, in modo da coordinare gli interventi, monitorarne i risultati che devono essere pubblicati con periodicità annuale insieme alla pubblicazione di report che ne analizzino l'andamento;
    tali attività devono essere svolte dal coordinamento tra Ministero, regioni e autorità competenti in materia di aria ambiente. Tale coordinamento è presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui partecipano il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero della salute, le regioni e le provincie autonome, l'Unione delle province italiane (UPI) e l'Associazione nazionale comuni italiani (Anci) insieme all'Ispra, all'Enea e al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e altre autorità competenti e su indicazione del Ministero della salute, rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità, nonché, su indicazione della regione o provincia autonoma di appartenenza, rappresentanti delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente;
    è importante ricordare che il Coordinamento opera attraverso l'indizione di riunioni periodiche e la creazione di una rete di referenti per lo scambio di dati e di informazioni. Inoltre, assicura, anche mediante gruppi di lavoro, l'elaborazione di indirizzi e di linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame congiunto di temi, anche al fine di garantire un'attuazione coordinata e omogenea delle nuove norme e di prevenire le situazioni di inadempimento e delle relative conseguenze;
    il 7 marzo 2019 si è appresa la notizia del deferimento dell'Italia alla Corte giustizia dell'Unione europea per smog e fogne, da parte della Commissione europea che segue quello del 2018 per sforamenti dei limiti di Pm10. Tale notizia non sorprende affatto, anzi è la conferma di quanto poco il nostro Paese abbia fatto in questi anni su questi due fronti sui quali, invece, è urgente intervenire;
    l'inquinamento atmosferico è oramai una malattia cronica del nostro Paese e non più giustificabile con le avverse condizioni meteo-climatiche della pianura padana o legate alla sola stagionalità invernale. Se si continua di questo passo potrebbero arrivare altri deferimenti e nuove possibili «maxi-multe», e a pagare ancora una volta sarebbero i cittadini in termini di salute e denaro;
    è del tutto evidente che in Italia continua a pesare la mancanza di un efficace strategia antismog, per non parlare dei problemi legati al mancato adeguamento alle norme dell'Unione europea sui sistemi di trattamento delle acque di scarico. Ancora oggi nella Penisola circa il 25 per cento delle acque di fognatura viene scaricato in mare, nei laghi e nei fiumi, senza essere opportunamente depurato, nonostante siano passati oltre dieci anni dal termine ultimo che l'Unione europea aveva imposto per mettere a norma i sistemi fognari e depurativi;
    per questi motivi è urgente realizzare al più presto un piano nazionale contro l'inquinamento, penalizzare economicamente il traffico motorizzato privato investendo sul potenziamento del trasporto pubblico locate, pendolare e su ferro; ridurre le emissioni industriali e quelle prodotte dal riscaldamento; dall'altro, occorre, velocizzare al più presto la messa a norma di quei sistemi fognari e depurativi su cui l'Europa, sempre attenta all'ambiente e alla salute dei cittadini, da anni chiede di intervenire. Un'Europa di cui si parla spesso male in questo ultimo periodo, dimenticando che è proprio grazie al suo intervento se, ad esempio, è stata chiusa la discarica di Malagrotta a Roma o se Milano ha costruito nel 2001 il suo depuratore,

impegna il Governo:

   ad assicurare che il programma di controllo da predisporre ai sensi della direttiva 2016/2284, contenente misure ed iniziative per la riduzione delle emissioni al 2030 dei principali inquinanti atmosferici, sia integrato e contenga previsioni coerenti e proporzionate con il piano «energia e clima», predisposto nell'ambito degli impegni sul clima;
   a garantire un rafforzamento dell'azione nazionale in materia di risanamento della qualità dell'aria, a supporto dell'azione degli enti territoriali, con l'obiettivo da un lato di rispettare i valori limite in atmosfera degli inquinanti maggiormente critici, anche da un punto di vista sanitario, e dall'altro di accelerare il processo di risoluzione delle procedure di infrazione in corso;
   ad assumere le iniziative necessarie affinché le attività, gli indirizzi e le linee guida elaborati dal Coordinamento di cui all'articolo 20 del citato decreto legislativo n. 155 del 2010 siano adeguatamente valorizzati, nonché resi più efficaci, anche rendendoli accessibili al pubblico, attraverso la loro pubblicazione sul sito web del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   a trasmettere a cura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione periodica al Parlamento in cui siano riportati gli interventi e le iniziative assunte anche sulla base degli indirizzi e delle linee guida predisposti, ai sensi del comma 2 del citato articolo 20;
   ad adottare iniziative per rendere prontamente consultabile, con le opportune modalità del caso, l'informazione ambientale concernente le emissioni atmosferiche, con particolare riferimento agli impianti di produzione di energia con potenza installata superiore ai 300 megawatt e agli impianti di trattamento rifiuti.
(8-00026) «Muroni, Braga, Buratti, Del Basso De Caro, Morassut, Morgoni, Orlando, Pellicani, Pezzopane».