• C. 1402 EPUB Proposta di legge presentata il 28 novembre 2018

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Atto a cui si riferisce:
C.1402 Modifiche al codice penale militare di pace, concernenti la definizione del reato militare nonché la disciplina e la procedibilità di alcune fattispecie di reato militare


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1402

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ARESTA, DEL MONACO, CORDA, RIZZO, CHIAZZESE, D'UVA, ERMELLINO, FRUSONE, GALANTINO, IORIO, IOVINO, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO, TRAVERSI

Modifiche al codice penale militare di pace, concernenti la definizione del reato militare nonché la disciplina e la procedibilità di alcune fattispecie di reato militare

Presentata il 28 novembre 2018

  Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge è volta a razionalizzare la giurisdizione militare, intervenendo in modo organico mediante la modifica della nozione di reato militare prevista dall'articolo 37 del codice penale militare di pace, e a modificare la disciplina e la procedibilità di alcune fattispecie di tale reato previste dal medesimo codice.
  La proposta di legge risponde, in primis, a esigenze di garanzia nei riguardi del militare indagato, che potrà così essere sottoposto a un solo procedimento penale anziché a due procedimenti da svolgersi innanzi a due diverse autorità giudiziarie. Attualmente, infatti, in numerosi casi l'accertamento dei medesimi fatti è attribuito sia all'autorità giudiziaria militare sia all'autorità giudiziaria ordinaria, a ciascuna delle quali spetta la cognizione di reati diversi, anche se tra loro soggettivamente e oggettivamente connessi.
  Il presente intervento legislativo promuove quindi l'efficienza e l'economicità del sistema, evitando un'inutile e dispendiosa duplicazione di procedimenti. Non da ultimo, lo spostamento di competenze ha l'effetto di ridurre l'enorme contenzioso che grava sulla giustizia ordinaria – caratterizzata da inefficienze, difficoltà e tempi processuali lunghissimi – e, contestualmente, di riequilibrare il carico di lavoro dei magistrati militari, oggi di fatto sottoutilizzati.
  Nel complesso, si tratta di misure che consentono una più efficace tutela dei diritti degli indagati e un più adeguato e completo esercizio della giurisdizione, senza pregiudicare eventuali future riforme ordinamentali, che potrebbero richiedere una revisione costituzionale.
  La giurisdizione speciale militare è prevista dalla Costituzione. La giurisdizione dei tribunali militari trova, infatti, la sua piena legittimazione nell'articolo 103 della Costituzione; inoltre, la VI disposizione transitoria, nel prevedere la revisione degli organi speciali di giurisdizione, fa eccezione, oltre che per il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, anche per i tribunali militari. Con la presente proposta di legge sono, dunque, pienamente rispettati i princìpi dell'unità della giurisdizione e del divieto di costituzione di nuovi giudici speciali.
  L'articolo 103, terzo comma, della Costituzione demanda al legislatore la definizione del «reato militare», che rappresenta il limite oggettivo della competenza della giurisdizione militare, ponendo l'ulteriore limite soggettivo degli «appartenenti alle Forze armate», che – come chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 429 del 1992 – sono solo i militari in servizio alle armi e quelli considerati tali al momento della commissione del reato.
  La Costituzione non impone alcuna limitazione in ordine al contenuto del reato militare e, pertanto, stabilire quali comportamenti siano lesivi dell'ordinamento militare è esclusivamente una questione di politica legislativa.
  Alla luce di quanto esposto, con la modificazione qui prevista è riconsiderato il confine tra la giurisdizione ordinaria e quella militare. La modifica all'articolo 37 del codice penale militare di pace razionalizza la ripartizione delle competenze, facendo corrispondere alla giurisdizione militare la presenza dell'interesse militare nel fatto e in tutte le sue circostanze. Ciò si realizza definendo come «reati militari» i reati che manifestano un carattere di offensività qualificato dalla presenza di elementi peculiari, considerati in rapporto agli interessi militari.
  La modifica proposta all'articolo 37 del codice penale militare di pace ne definisce la nozione riferendola soltanto alle violazioni della legge penale commesse dall'appartenente alle Forze armate «con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare o in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell'amministrazione militare o di un altro militare». Non si intende attribuire, quindi, al giudice speciale la competenza su tutti i reati commessi dall'appartenente alle Forze armate anche per violazioni non connotate da lesioni arrecate al bene o all'interesse militare. Pertanto la nuova formulazione normativa richiama evidentemente il ricordato limite riferito alla natura «particolare» della suddetta condotta.
  Nelle fattispecie di concorso di un militare e di un soggetto estraneo alle Forze armate nel medesimo reato militare resta ferma la competenza del giudice ordinario nei confronti dell'estraneo e del giudice speciale nei confronti del militare. L'articolo 13, comma 2, del codice di procedura penale ha implicitamente abrogato le disposizioni contenute nel previgente articolo 264 del codice penale militare di pace, regolando per intero la materia relativa alla connessione di procedimenti di competenza del giudice ordinario e del giudice militare. È infatti ora previsto che «Fra reati comuni e reati militari, la connessione di procedimenti opera soltanto quando il reato comune è più grave di quello militare, avuto riguardo ai criteri previsti dall'articolo 16 comma 3. In tale caso, la competenza per tutti i reati è del giudice ordinario».
  Attualmente sono molto numerose le fattispecie penali connesse, ma attribuite le une alla giurisdizione militare, le altre alla giurisdizione ordinaria. È il caso delle condotte di falso strumentali alla realizzazione, da parte di militari, di un peculato militare o di una truffa in danno dell'amministrazione militare. Infatti, in base alla legislazione vigente, per il medesimo fatto storico si verifica una duplicazione di procedimenti tra la giurisdizione militare, competente per il peculato o la truffa, e la giurisdizione ordinaria, competente per il connesso reato di falso. Il presente intervento normativo intende dunque evitare agli imputati l'onere di affrontare due diversi processi per la medesima vicenda, di precipuo interesse militare, e, al contempo, perseguire l'efficienza dell'amministrazione della giustizia, con i risparmi di spesa derivanti dalla celebrazione di un procedimento unitario.
  Attualmente – benché lesive di beni o interessi militari, trattandosi di reati commessi tra militari, in luogo militare o nel corso del servizio – sono irrazionalmente attribuite alla giurisdizione ordinaria, anziché a quella militare, molte ipotesi delittuose. A titolo di esempio, la modifica qui proposta all'articolo 37 del codice penale militare di pace consente di supplire alla lacuna relativa alla fattispecie di omicidio, così da evitare l'incongrua ripartizione che attribuisce alla giurisdizione ordinaria l'omicidio tra pari grado e, invece, alla giurisdizione militare l'omicidio di un militare avente un grado superiore o inferiore rispetto a quello dell'autore del reato.
  La nuova previsione normativa permette, inoltre, di perseguire come reati militari i delitti di violenza privata e di violenza sessuale, allo scopo di contrastare fenomeni di prevaricazione tra militari (tra cui il cosiddetto «nonnismo»), spesso commessi in danno di donne militari. A seguito della riformulazione della nozione di reato militare, alla giurisdizione militare viene altresì attribuita la cognizione non solo dei reati di peculato e di truffa, come avviene oggi, ma anche di abuso d'ufficio, di corruzione e di concussione in ambito militare, delitti che sono invece oggi soggetti, in modo contraddittorio, alla giurisdizione ordinaria.
  Nella prospettiva di un'armonizzazione dei diritti del cittadino comune con quelli del militare deve anche collocarsi la disposizione dell'articolo 7 della presente proposta di legge, la quale, preso atto che il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, ha abolito il reato di ingiuria comune (articolo 594 del codice penale) ma non anche quello di ingiuria militare tra pari grado (articolo 226 del codice penale militare di pace), creando così uno squilibrio fra la disciplina applicabile al civile e quella applicabile al militare, prevede che tale ultima fattispecie criminosa di ingiuria militare continui a costituire illecito penale solo quando il fatto sia stato commesso per ragioni che interferiscano con il servizio. In tal caso la procedibilità sarà sempre subordinata alla richiesta del comandante di corpo.
  Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 7 sono finalizzate a eliminare un'iniqua e non più attuale concezione trasfusa nel codice penale militare del 1941, secondo cui i reati militari contro la persona (tra pari grado), quali percosse, lesioni personali lievi, minaccia e diffamazione, possono essere perseguiti in via penale solo qualora vi sia la richiesta del comandante di corpo, a nulla rilevando la volontà della persona offesa, che perciò, secondo la disciplina vigente, è di fatto espropriata del diritto di chiedere la punizione del colpevole a tutela del diritto leso. Infatti, il militare, qualora sia persona offesa dai reati in esame, non può agire processualmente per la propria tutela presentando, come avviene in campo penale comune, la querela, in quanto de iure condito la decisione se perseguire penalmente o solo disciplinarmente il militare resosi colpevole è demandata solo al comandante di corpo e la sua valutazione verte, in linea generale e nell'ottica del codice penale militare, sugli effetti che il comportamento ha prodotto sulla disciplina e sul servizio e solo eventualmente sulla gravità del fatto considerato con riferimento alla lesione del diritto soggettivo patita dalla persona offesa, la quale, perciò, per la tutela di un proprio diritto dipende dalle scelte effettuate da un terzo. L'introduzione della querela ha perciò la finalità di colmare tale grave lacuna e di consentire che la persona offesa possa presentare querela, anche qualora il comandante di corpo non intenda esercitare la facoltà di chiedere il procedimento penale ma scelga di procedere solo in via disciplinare. Si prevede che la sussistenza anche di una sola delle predette condizioni di procedibilità sia sufficiente per l'esercizio dell'azione penale, così da rendere alternative la richiesta di procedimento e la querela ai fini della punibilità del colpevole, in quanto diverse, ma entrambe giuridicamente rilevanti, sono le motivazioni sottostanti alla scelta processuale di chiederne la punizione: la tutela del servizio e della disciplina militare per il comandante e quella di un proprio diritto soggettivo per la persona offesa.
  Le altre disposizioni della presente proposta di legge sono volte ad aggiornare norme diverse del codice penale militare di pace.
  Per quanto concerne i reati contro l'amministrazione militare, si prevedono alcune modifiche tese ad armonizzare i reati militari con le disposizioni riformatrici degli omologhi reati comuni introdotte dalla legge 26 aprile 1990, n. 86, recante modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, dalla legge 29 settembre 2000, n. 300, recante la ratifica e l'esecuzione di atti internazionali, elaborati in base all'articolo K. 3 del Trattato dell'Unione europea, sulla lotta contro la corruzione e altro, dalla legge 27 maggio 2015, n. 69, cosiddetta «legge anticorruzione», nonché dal provvedimento approvato dalla Camera il 22 novembre scorso (C. 1189) e che auspicabilmente verrà definitivamente licenziato dal Senato, recante misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici. La fattispecie del peculato militare, di cui all'articolo 215 del codice penale militare di pace, è riformulata modificando anche la pena e prevedendo l'assorbimento del reato di malversazione a danno di militari (ora punito dall'articolo 216 dello stesso codice). La normativa viene inoltre integrata con la previsione del reato di peculato d'uso, oggi punito solo dal codice penale.
  Si prevede, specularmente, la modifica del delitto punito dall'articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, con riferimento al personale militare del Corpo della guardia di finanza.
  È poi estesa ai reati militari contro l'amministrazione militare l'applicazione delle norme in materia di confisca e di riparazione pecuniaria, già introdotte nel codice penale per gli omologhi reati comuni, da ultimo dalla citata legge anticorruzione.
  È inoltre previsto quale reato militare l'utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento o di documenti analoghi, commesso in danno di un altro militare o dell'amministrazione militare (articolo 6), che è oggi irrazionalmente perseguito dalla giurisdizione ordinaria. Si stabilisce che costituisca altresì reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi nonché di produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, contrabbando di merci e di tabacchi lavorati esteri aggravato ai sensi dell'articolo 295 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, commessa dall'appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare o in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell'amministrazione militare.
  È infine prevista l'abrogazione di alcune fattispecie non più attuali, ritenute tacitamente abrogate ovvero sprovviste di offensività sufficiente a giustificarne la rilevanza sul piano penale. Si tratta delle disposizioni del codice penale militare di pace in materia di danneggiamento colposo di edifici militari e distruzione o deterioramento colposo di cose mobili militari (articolo 170), attività sediziosa (articolo 182), raccolta di sottoscrizioni per rimostranza o protesta e adunanza di militari (articolo 184), duello (articoli da 200 a 210), peculato e malversazione del portalettere (articolo 217), mentre la fattispecie di malversazione a danno di militari (articolo 216) resta assorbita nella nuova formulazione del reato di peculato militare (articolo 215).
  In sintesi, la presente proposta di legge, all'articolo 1, ridefinisce l'ambito applicativo del reato militare, comprendendovi violazioni di legge ora sanzionate soltanto dal diritto penale comune; all'articolo 2 sostituisce l'articolo 215 del codice penale militare di pace aggiornando la fattispecie del reato di peculato militare; all'articolo 3 coordina con tale modifica la disciplina prevista per l'analogo reato commesso dal militare del Corpo della guardia di finanza; all'articolo 4 interviene sulle pene accessorie per il medesimo reato. L'articolo 5 disciplina la confisca e la riparazione pecuniaria in relazione ai reati militari. L'articolo 6 introduce la nuova fattispecie di reato dell'utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento; l'articolo 7 modifica il regime di procedibilità del reato militare di ingiuria e di altri reati militari introducendo la possibilità di querela della persona offesa; l'articolo 8 abroga alcuni articoli del codice penale militare di pace.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Definizione di reato militare)

  1. Dopo il primo comma dell'articolo 37 del codice penale militare di pace sono inseriti i seguenti:

   «È altresì reato militare qualunque violazione della legge penale commessa dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare o a causa del servizio militare, e prevista come delitto contro:

   1. la personalità dello Stato;

   2. la pubblica amministrazione;

   3. l'amministrazione della giustizia;

   4. l'ordine pubblico;

   5. l'incolumità pubblica;

   6. la fede pubblica;

   7. la moralità pubblica e il buon costume;

   8. la persona;

   9. un altro militare;

   10. il patrimonio.

   È reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dal militare in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell'amministrazione militare o di un altro militare.
   È reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, di produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero di contrabbando di merci o di tabacchi lavorati esteri aggravato ai sensi dell'articolo 295 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973 n. 43, commessa dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell'amministrazione militare.
   Nei casi previsti dai commi secondo, terzo e quarto, le pene comuni sono sostituite secondo le disposizioni dell'articolo 63».

Art. 2.
(Peculato militare)

  1. L'articolo 215 del codice penale militare di pace è sostituito dal seguente:

   «Art. 215. – (Peculato militare) – Il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile appartenente all'amministrazione militare o ad altro militare, se ne appropria è punito con la reclusione militare da tre anni a dieci anni e sei mesi.
   Si applica la pena della reclusione militare da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita».

Art. 3.
(Reati commessi da militari del Corpo della guardia di finanza)

  1. L'articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, è sostituito dal seguente:

   «Art. 3. – 1. Il militare del Corpo della guardia di finanza che commette una violazione delle leggi finanziarie costituente delitto o collude con estranei per frodare la finanza è punito con le pene stabilite dagli articoli 215 e 219 del codice penale militare di pace, ferme restando le sanzioni pecuniarie stabilite dalle leggi speciali.
   2. Le pene di cui al comma 1 si applicano anche al militare del Corpo della guardia di finanza che si appropria di valori o generi di cui egli, per ragioni del suo ufficio o servizio, abbia l'amministrazione o la custodia o su cui eserciti la sorveglianza.
   3. Nei casi di cui al comma 2 si applica la pena della reclusione militare da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
   4. La condanna per il reato di cui al comma 2, qualora la pena applicata sia superiore a tre anni, di reclusione militare, comporta la degradazione.
   5. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal presente articolo, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
   6. Nei casi di cui al comma 5, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.
   7. In ogni caso, con la sentenza di condanna è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto oggetto di indebita appropriazione o equivalente al profitto del reato, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.
   8. La sospensione condizionale della pena, qualora possa essere concessa, è comunque subordinata al pagamento delle somme indicate dal giudice a titolo di riparazione ai sensi del comma 7.
   9. L'ammissibilità della richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
   10. La cognizione dei reati previsti dal presente articolo appartiene ai tribunali militari».

Art. 4.
(Pene accessorie per i reati di peculato militare)

  1. L'articolo 219 del codice penale militare di pace è sostituito dal seguente:

   «Art. 219. – (Pene accessorie) – La condanna alla reclusione militare per un tempo non inferiore a tre anni per il delitto di cui all'articolo 215, primo comma, comporta la degradazione.
   La condanna per alcuno dei reati previsti dagli articoli 215 e 218, quando non ne derivi la degradazione, importa la rimozione».

Art. 5.
(Confisca, riparazione pecuniaria e circostanze attenuanti)

  1. Al capo I del titolo IV del libro secondo del codice penale militare di pace sono aggiunti, in fine, i seguenti articoli:

   «Art. 219-bis. – (Confisca) – Nel caso di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dagli articoli 215 e 218 è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
   Il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.
   Art. 219-ter. – (Riparazione pecuniaria) – Con la sentenza di condanna per il reato previsto dall'articolo 215 è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto oggetto di indebita appropriazione o equivalente al profitto del reato, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.
   La sospensione condizionale della pena, qualora possa essere concessa, è comunque subordinata al pagamento delle somme indicate dal giudice a titolo di riparazione.
   L'ammissibilità della richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
   Art. 219-quater. – (Circostanza attenuante) – Se i fatti previsti dagli articoli 215 e 218 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite».

Art. 6.
(Utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento ovvero di documenti analoghi)

  1. Dopo l'articolo 234 del codice penale militare di pace è inserito il seguente:

   «Art. 234-bis. – (Utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento ovvero di documenti analoghi) – Il militare che, in danno dell'amministrazione militare o di altro militare, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.
   La stessa pena si applica al militare che, con danno dell'amministrazione militare o di altro militare, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi».

Art. 7.
(Casi di punibilità del reato di ingiuria. Querela della persona offesa e richiesta di procedimento)

  1. Dopo il terzo comma dell'articolo 226 del codice penale militare di pace è aggiunto il seguente:

   «I fatti di cui al presente articolo sono puniti se commessi per cause non estranee al servizio e alla disciplina militare o alla presenza di militari riuniti per servizio ovvero da militare che si trovi in servizio a bordo di una nave o di un aeromobile militare».

  2. All'articolo 260, secondo comma, del codice penale militare di pace, dopo le parole: «e quello preveduto dal n. 2 dell'articolo 171 sono puniti» sono inserite le seguenti: «, anche in mancanza della querela della persona eventualmente offesa,».
  3. Al titolo VI del libro secondo del codice penale militare di pace è aggiunto, in fine, il seguente articolo:

   «Art. 260-bis. – (Querela della persona offesa) – I reati previsti dagli articoli 222, 223, secondo comma, 226, 227, primo comma, e 229, primo e secondo comma, sono puniti a querela della persona offesa, anche in mancanza della richiesta di procedimento di cui all'articolo 260».

Art. 8.
(Abrogazioni)

  1. Nel codice penale militare di pace, sono abrogati:

   a) il capo VI del titolo III del libro secondo;

   b) gli articoli 170, 182, 184, 216 e 217.