• Testo MOZIONE

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.1/00149    premesso che:     i dati diffusi dall'Istat sull'andamento dell'economia nazionale nel quarto trimestre 2018 hanno certificato una contrazione del prodotto interno lordo...



Atto Camera

Mozione 1-00149presentato daLOLLOBRIGIDA Francescotesto diLunedì 25 marzo 2019, seduta n. 148

   La Camera,

   premesso che:

    i dati diffusi dall'Istat sull'andamento dell'economia nazionale nel quarto trimestre 2018 hanno certificato una contrazione del prodotto interno lordo pari allo 0,2 per cento, per il secondo trimestre consecutivo di calo dopo il -0,1 per cento del periodo luglio-settembre 2018: è l'ingresso ufficiale dell'Italia in recessione;

    le conseguenze dell'andamento negativo degli ultimi due trimestri del 2018 avrà effetti per almeno tutto il primo semestre del 2019 e, in assenza di una robusta inversione di marcia nella seconda metà del 2019, renderanno inevitabile una manovra correttiva in estate e, comunque, già nel mese di aprile 2019 il Governo dovrà indicare nel documento di economia e finanza come far fronte ai 23 miliardi di euro necessari per bloccare l'aumento delle aliquote Iva previsto dal 1° gennaio 2020;

    l'ultimo bollettino della Banca d'Italia prevede per il 2019 una crescita massima dello 0,6 per cento, smentendo clamorosamente il dato dell'1 per cento fissato dal Governo nella legge di bilancio per il 2019; dato, peraltro, già rivisto al ribasso rispetto all'1,5 per cento stimato a settembre 2018;

    l'impatto negativo della frenata del prodotto interno lordo sui conti pubblici determinerà in automatico l'incremento del deficit nominale e del debito e, se non sarà compensato da massicci investimenti, rischia di avere effetti devastanti;

    mentre, sugli investimenti pubblici si rileva la paralisi dei cantieri che si sta venendo a creare a causa delle numerose fratture interne della maggioranza e che rischia ora di bloccare anche il Tav, spingendo l'Unione europea ad annunciare che si potrebbe chiedere all'Italia di restituire anche i fondi già percepiti, rispetto agli investimenti privati pesano i dati diffusi da Confindustria a gennaio 2019, dai quali risulta che la fiducia delle imprese continua a calare e che peggiorano le valutazioni delle imprese sulle condizioni per investire;

    la Banca d'Italia ha rilevato che gli investimenti delle imprese in beni strumentali, cresciuti del 5,2 per cento nel 2018, caleranno drasticamente nel 2019 e nel 2020, un peggioramento dovuto soprattutto alla legge di bilancio per il 2019, che ha cancellato il super-ammortamento e rimodulato gli incentivi dell'iper-ammortamento in beni tecnologici;

    le imprese italiane continuano a essere vessate da una tassazione abnorme e dal peso di un'eccessiva burocrazia; la fatturazione elettronica si sta rivelando un disastro, mentre diminuiscono le infrastrutture e gli investimenti;

    nell’«Analisi annuale della crescita 2019», elaborata dalla Commissione europea nel novembre 2018, nel confermare che l'economia europea è entrata nel sesto anno di crescita ininterrotta, si ribadisce che «in diversi Stati membri il flebile impulso delle riforme, la bassa crescita della produttività e gli elevati livelli di debito gravano sul potenziale di crescita dell'economia», che vi sono notevoli differenze di produttività tra imprese, settori e regioni dell'Unione europea e che proprio le ampie disparità regionali e territoriali «rimangono un'importante fonte di preoccupazione»;

    nell'analisi si afferma, inoltre, che, nonostante i progressi compiuti, «le sfide e i rischi esterni sono in aumento», tra i quali in primo luogo figurano l'ascesa economica della Cina e il crescente protezionismo commerciale praticato dagli Stati Uniti;

    in particolare, il documento cita, tra le «vulnerabilità persistenti», la bassa crescita della produttività, le persistenti disuguaglianze di reddito e la lenta diminuzione della povertà, le disparità regionali e territoriali, l'elevato debito pubblico e privato e altri squilibri macroeconomici persistenti all'interno della zona euro;

    tra le «sfide a breve termine» figurano, tra le altre, l'aumento del protezionismo e tensioni geopolitiche che incidono sulle relazioni commerciali, l'instabilità sui mercati emergenti e il graduale ritiro dello stimolo della Banca centrale europea, mentre tra le «sfide a medio/lungo termine» sono annoverati anche l'impatto dei cambiamenti demografici e il ruolo delle migrazioni;

    l'azione protezionistica avviata dagli Stati Uniti, con l'introduzione dei dazi su siderurgia e acciaio come reazione al surplus commerciale tedesco, rischia di scatenare una guerra commerciale dagli esiti drammatici per le aziende italiane, oltre ad acuire la crisi di alcune economie emergenti che rappresentano per l'Italia importanti partner commerciali e mercati per le esportazioni;

    le imprese italiane sono già gravemente penalizzate a causa delle sanzioni commerciali imposte alla Russia e che, negli anni in cui sono state in vigore, hanno inflitto perdite al mercato delle esportazioni italiane per tre miliardi di euro ogni anno, colpendo in particolar modo le imprese agroalimentari e il mercato delle tecnologie;

    l'Italia rivela dati nettamente inferiori a quelli della media degli Stati della zona euro anche per quanto riguarda la percentuale di occupati e il tasso fissato come obiettivo nell'ambito della strategia «Europa 2020», che consiste nell'elevamento almeno al 67 per cento per i soggetti della fascia d'età compresa tra i 20 ed i 64 anni, appare lontano dall'essere raggiunto;

    sull'occupazione stabile continua a pesare in modo drammatico il costo del lavoro, che in Italia è del 10 per cento superiore a quello che si registra mediamente nel resto d'Europa, prelevando il 49 per cento «a titolo di contributi e di imposte»;

    ancora peggiore, se possibile, è la situazione delle piccole e medie imprese: il total tax rate stimato per una media impresa equivale a un carico fiscale complessivo superiore di quasi venticinque punti rispetto a quello pagato dalla media delle imprese in Europa, sfiorando il 65 per cento;

    questi due oramai cronici fattori di crisi per l'Italia, cui si aggiunge il basso reddito pro capite, non sembrano aver trovato soluzione nelle politiche economiche e fiscali varate sin qui da questo Governo, che più che puntare al rilancio della produttività si concentra sul versante assistenzialistico;

    anche la ripresa degli investimenti pubblici, alla quale l'ultimo documento di economia e finanza aveva riconosciuto un ruolo chiave per sostenere imprese e occupazione, non sembra ancora trovare attuazione e, anzi, si sta assistendo all'abbandono di progetti deliberati da tempo, quali la realizzazione del Tav, con enormi danni a imprese e lavoratori coinvolti;

    la doverosa riduzione del debito pubblico non può essere realizzata con le cieche politiche di austerità che derivano dall'applicazione di tali regole, che hanno prodotto effetti devastanti sulla mancata ripresa economica, sull'impoverimento dei cittadini, sull'acuirsi delle disuguaglianze sociali, e hanno agito nel senso di una sistematica disintegrazione del sistema di protezione sociale;

    l'obbligo di fatturazione elettronica per tutte le operazioni tra partite Iva e con i consumatori in vigore dal 1° gennaio 2019 sta determinando gravi problematiche nella sua applicazione, con gravi inefficienze del sistema, quali i pesanti ritardi nella gestione telematica della fatturazione elettronica con il rischio che la fattura possa non arrivare in tempi brevi al destinatario, comportando inevitabilmente ritardi nell'esecuzione del dovuto pagamento;

    d'altro lato, conseguenza ancora peggiore dell'obbligo di fatturazione elettronica è il fatto che sta determinando un boom di chiusure tra le attività commerciali di piccole dimensioni, dove in molti casi i gestori, spaventati dalla rivoluzione digitale e in mancanza di ricambio generazionale, hanno «accelerato» il pensionamento per non dover affrontare lo scoglio della nuova fatturazione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per varare con urgenza la cosiddetta flat tax incrementale, volta a realizzare una detassazione sul reddito incrementale per i lavoratori autonomi e per le imprese;

2) a promuovere una riforma del sistema tributario con l'introduzione di un'unica aliquota fiscale (flat tax) per famiglie e imprese con previsione di no tax area e deduzioni;

3) ad adottare iniziative volte a ridurre e semplificare gli adempimenti burocratici a carico delle imprese;

4) a sostenere in sede europea la necessità di scorporare dal calcolo del deficit le spese per investimenti, per la prevenzione dei rischi idrogeologici e sismici e quelle per la sicurezza e ad assumere iniziative volte a introdurre una maggiore flessibilità nell'individuazione delle circostanze eccezionali di cui all'articolo 81 della Costituzione;

5) ad assumere iniziative volte a disporre la sospensione dell'obbligo della fatturazione elettronica a carico delle imprese che occupano fino a duecento dipendenti;

6) ad assumere iniziative per avviare la progressiva riduzione delle accise sulla benzina;

7) ad assumere iniziative per escludere dallo split payment le piccole e medie imprese;

8) a promuovere l'adozione di un piano nazionale di interventi, anche di natura fiscale, finalizzato a contrastare la crisi demografica in atto e incentivare la natalità, con provvedimenti strutturali e permanenti, quali, in primo luogo, la gratuità degli asili nido e gli assegni per i figli;

9) ad assumere iniziative urgenti, anche di carattere normativo, volte a contrastare la concorrenza fiscale sleale tra Stati membri e il fenomeno delle delocalizzazioni intracomunitarie;

10) a realizzare una politica economica basata sulla difesa del lavoro, dell'industria e dell'agricoltura italiani da concorrenza sleale e, tenuto conto che sussistono normative europee che possono penalizzare l'Italia, volta a sostenere la produzione industriale e agricola riconoscibile come marchio Italia e la graduale riconversione della produzione esposta alla concorrenza indiscriminata;

11) ad adottare politiche industriali efficienti volte a fronteggiare la minaccia all'economia e alla sicurezza del Paese attraverso la tutela delle aziende italiane di rilevanza strategica o ad elevato contenuto tecnologico, spesso permeabili a manovre esterne indirizzate ad assumerne il controllo;

12) ad adottare iniziative volte a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni insulari;

13) ad avviare negoziati in ambito europeo per rivedere l'impostazione del complesso dei vincoli derivanti dal Fiscal compact, al fine di avviare una politica di crescita sostenibile e di ripresa economica e produttiva, con l'impegno da parte italiana a utilizzare la maggiore flessibilità unicamente in investimenti pubblici e sicurezza.
(1-00149) «Lollobrigida, Meloni, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».