• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
S.6/00058 udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla riunione del Consiglio europeo dei prossimi 21 e 22 marzo, premesso che: l'ordine del giorno della prossima...



Atto Senato

Risoluzione in Assemblea 6-00058 presentata da LUCA CIRIANI
martedì 19 marzo 2019, seduta n.099

Il Senato,
udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla riunione del Consiglio europeo dei prossimi 21 e 22 marzo,
premesso che:
l'ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio europeo affronterà i temi relativi a occupazione, crescita e competitività, ai cambiamenti climatici, e alle relazioni esterne, con particolare riferimento al prossimo vertice tra Unione europea e la Cina;
nell'"Analisi annuale della crescita 2019" elaborata dalla Commissione europea nel novembre 2018 nel confermare che l'economia europea è entrata nel sesto anno di crescita ininterrotta, si ribadisce che "in diversi Stati membri il flebile impulso delle riforme, la bassa crescita della produttività e gli elevati livelli di debito gravano sul potenziale di crescita dell'economia", che vi sono notevoli differenze di produttività tra imprese, settori e regioni dell'UE e che proprio le ampie disparità regionali e territoriali "rimangono un'importante fonte di preoccupazione";
nell'analisi si afferma, inoltre, che nonostante i progressi compiuti, "le sfide e i rischi esterni sono in aumento", tra i quali in primo luogo figurano l'ascesa economica della Cina e il crescente protezionismo commerciale praticato dagli Stati Uniti;
in particolare, il documento cita tra le "vulnerabilità persistenti" la bassa crescita della produttività, le persistenti disuguaglianze di reddito e lenta diminuzione della povertà, le disparità regionali e territoriali, l'elevato debito pubblico e privato e altri squilibri macroeconomici persistenti all'interno della zona euro;
tra le "sfide a breve termine" figurano, tra le altre, l'aumento del protezionismo e tensioni geopolitiche che incidono sulle relazioni commerciali, instabilità sui mercati emergenti, e il graduale ritiro dello stimolo della Banca centrale, mentre tra le "sfide a medio/lungo termine" sono annoverati anche l'impatto dei cambiamenti demografici e il ruolo delle migrazioni;
l'azione protezionistica avviata dagli Stati Uniti con la introduzione dei dazi su siderurgia e acciaio come reazione al surplus commerciale tedesco rischia di scatenare una guerra commerciale dagli esiti drammatici per le nostre aziende, oltre ad acuire la crisi di alcune economie emergenti che rappresentano per l'Italia importanti partner commerciali e mercati per le esportazioni;
le imprese italiane sono già gravemente penalizzate a causa delle sanzioni commerciali imposte alla Russia e che negli anni in cui sono state in vigore hanno inflitto perdite al mercato delle esportazioni italiane per tre miliardi di euro ogni anno, colpendo in particolar modo le imprese agroalimentari e il mercato delle tecnologie;
l'Italia rimane al di sotto della media UE anche per quanto riguarda la percentuale di occupati e il tasso fissato come obiettivo nell'ambito della Strategia "Europa 2020", che consiste nell'elevamento almeno al 67 per cento per i soggetti della fascia d'età compresa tra i 20 ed i 64 anni, appare lontano dall'essere raggiunto;
sull'occupazione stabile continua a pesare in modo drammatico il costo del lavoro, che in Italia è del dieci per cento superiore a quello che si registra mediamente nel resto d'Europa, prelevando il 49 per cento "a titolo di contributi e di imposte";
ancora peggiore, se possibile, è la situazione delle piccole e medie imprese: il total tax rate stimato per una media impresa equivale a un carico fiscale complessivo superiore di quasi venticinque punti rispetto a quello pagato dalla media delle imprese in Europa, sfiorando il 65 per cento;
questi due oramai cronici fattori di crisi per l'Italia, cui si aggiunge il basso reddito pro capite, non sembrano aver trovato soluzione nelle politiche economiche e fiscali varate sin qui da questo Governo, che più che puntare al rilancio della produttività si concentra sul versante assistenzialistico;
anche la ripresa degli investimenti pubblici, alla quale l'ultimo DEF aveva riconosciuto un ruolo chiave per sostenere imprese e occupazione, non sembra ancora trovare attuazione e, anzi, si sta assistendo all'abbandono di progetti deliberati da tempo quali la realizzazione della TAV, con enormi danni a imprese e lavoratori coinvolti;
la doverosa riduzione del debito pubblico non può essere realizzata con le cieche politiche di austerità che derivano dall'applicazione di tali regole, che hanno prodotto effetti devastanti sulla mancata ripresa economica, sull'impoverimento dei cittadini, sull'acuirsi delle disuguaglianze sociali, e hanno agito nel senso di una sistematica disintegrazione del sistema di protezione sociale;
non è sostenibile imporre le medesime regole finanziarie a Stati diversi per tessuto produttivo, imprenditoriale ed industriale, con differenti capacità economiche e sistemi fiscali assolutamente disomogenei, e con tradizioni, storie e culture diverse, senza tenere conto delle peculiarità di ciascuno di essi;
inoltre, in ambito regionale e locale i limiti imposti dal patto di stabilità interno stanno penalizzando l'operatività di tali enti anche al di là dei reali disavanzi;
di converso l'Italia continua a mostrare grandi limiti nella fruizione dei fondi europei, posto che anche nel bilancio annuale dei 76 miliardi messi a disposizione dalla UE nel mese di maggio appena il 32 per cento risulta impegnato e solo il sei per cento rendicontato;
nel corso del 2018 l'Unione europea ha messo a punto la Strategia per il mercato unico dei beni e servizi, il cui obiettivo principale è quello di rimuovere dal mercato unico gli ostacoli economici che ancora sussistono, al fine di "creare nuove opportunità per i consumatori e per le imprese, incoraggiare l'ammodernamento e l'innovazione, e conseguire risultati pratici a beneficio dei cittadini nella loro vita quotidiana";
a fronte di tali ambiziosi propositi il mercato unico è invece spesso caratterizzato da fenomeni di concorrenza sleale tra Stati, praticata attraverso l'applicazione di politiche fiscali disomogenee volte ad attirare le imprese ad operare in uno Stato abbandonandone un altro;
in questo tipo di pratiche risiede la ragione dei molti fenomeni di delocalizzazione che stanno interessando alcuni Stati membri e in particolar modo l'Italia con la conseguente perdita di posti di lavoro;
in occasione del Consiglio dell'Unione europea dello scorso 12 marzo dedicato al tema della competitività è stato ribadito che "per affrontare le sfide e cogliere le opportunità emergenti, l'industria abbia bisogno di un ambiente normativo chiaro, prevedibile e non discriminatorio, che favorisca investimenti orientati al futuro";
le proposte della Commissione per il prossimo quadro finanziario pluriennale dell'Unione sostengono appieno l'erogazione di maggiori e migliori investimenti da parte delle autorità nazionali e del settore privato;
il prossimo Consiglio europeo tratterà in termini prioritari il tema dei cambiamenti climatici, con l'obiettivo di affrontarlo in modo strutturato attraverso una strategia di lungo periodo in linea con l'Accordo di Parigi del 2015, che prevede un piano d'azione globale per evitare cambiamenti climatici pericolosi;
l'Accordo di Parigi, in particolare, punta a limitare l'aumento del riscaldamento a 1,5 °C, a fare in modo che le emissioni globali raggiungano il livello massimo al più presto possibile e a procedere successivamente a rapide riduzioni, in conformità con le soluzioni scientifiche più avanzate disponibili;
è evidente che per l'UE costituisca una priorità trasformare l'Europa in un'economia con un'efficienza energetica elevata e a basse emissioni di carbonio;
l'Unione si è, inoltre, posta l'obiettivo di ridurre entro il 2050 le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 per cento rispetto ai livelli del 1990;
la crisi economica ha portato a un calo della domanda di scambio di quote di emissione dell'UE (EU ETS), istituito per promuovere la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra in modo efficace in termini di costi ed economicamente efficiente, determinando un'ingente eccedenza di mercato;
il Consiglio e il Parlamento europeo hanno cercato di arginare il problema adottando una decisione volta a creare una riserva stabilizzatrice del mercato per l'EU ETS, finalizzata a rendere il sistema più resiliente agli squilibri tra offerta e domanda di quote di emissione, che sarebbe dovuta partire dal 1º gennaio 2019;
la programmazione 2014-2020 dedica tre degli undici obiettivi tematici della politica regionale europea alle "azioni per il clima" e comprendono il sostegno della transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, misure per la governance dei rischi e del cambiamento climatico nonché la promozione dell'utilizzo efficiente delle risorse e della tutela ambientale;
a queste priorità di investimento sono destinati, a livello europeo, 162 miliardi di euro, quasi 19 dei quali sono a disposizione dell'Italia che è lo Stato membro che in valore assoluto deve ancora spendere di più degli altri, avendone sinora utilizzati poco più di cinque;
il Consiglio europeo preparerà il vertice UE-Cina previsto per il prossimo 19 aprile, rispetto al quale appare opportuno ribadire la necessità di proteggere il mercato comunitario da beni e servizi provenienti da Stati terzi che, non rispettando standard minimi di livello salariale, di tutela del lavoratore e sicurezza sul lavoro, nonché norme di tutela ambientale, riescono a produrre a costi inferiori rispetto alle imprese europee creando una concorrenza sleale che mette in crisi la produzione europea e spinge verso il basso il livello complessivo dei salari e di protezione sociale;
la Cina, inoltre, continua ad essere il primo Paese al mondo per il consumo di carbone, e a produrre più di un quarto delle emissioni di gas serra a livello globale, quasi quanto Stati Uniti ed Europa messi insieme, e dalla Cina, unitamente a Indonesia, Filippine, Tailandia e Vietnam, arrivano ogni anno nei mari del pianeta oltre quattro milioni di tonnellate di plastica;
i leader dell'UE a 27 si riuniranno il 21 marzo 2019 per discutere degli ultimi sviluppi rispetto all'uscita dall'Unione della Gran Bretagna, in esito al voto con cui lo scorso 14 marzo la Camera dei Comuni ha approvato un emendamento che prevede un rinvio della data di uscita del Regno Unito dall'Unione oltre il 29 marzo per avere più tempo di prepararsi all'uscita, una volta che sia stato approvato un accordo con l'Unione, dopo che il 12 marzo era stato nuovamente respinto, dal medesimo organo, l'accordo già negoziato,
impegna il Governo:
con riferimento ai temi di occupazione, crescita e competitività,
a sostenere in sede europea la necessità di scorporare dal calcolo del deficit le spese per investimenti, per la prevenzione dei rischi idrogeologici e sismici, e quelle per la sicurezza, e ad introdurre una maggiore flessibilità nella individuazione delle circostanze eccezionali di cui all'articolo 81 della Costituzione;
ad assumere iniziative urgenti per l'adozione di politiche volte a contrastare la concorrenza fiscale sleale tra Stati membri al fine di contrastare il fenomeno delle delocalizzazioni intracomunitarie;
a realizzare una politica economica basata sulla difesa del lavoro, dell'industria e dell'agricoltura italiani da concorrenza sleale e direttive UE penalizzanti, e volta a sostenere la produzione industriale e agricola riconoscibile come marchio Italia e la graduale riconversione della produzione esposta alla concorrenza indiscriminata;
ad adottare politiche industriali efficienti volte a fronteggiare la minaccia all'economia e alla sicurezza del Paese attraverso la tutela delle aziende italiane di rilevanza strategica o ad elevato contenuto tecnologico, spesso permeabili a manovre esterne indirizzate ad assumerne il controllo;
a promuovere l'adozione di iniziative, in ottemperanza alle previsioni di cui all'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, volte a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni insulari;
ad avviare negoziati in ambito europeo per rivedere l'impostazione del complesso dei vincoli derivanti dal Fiscal compact, al fine di avviare una politica di crescita sostenibile e di ripresa economica e produttiva, con l'impegno da parte italiana a utilizzare la maggiore flessibilità unicamente in investimenti pubblici e sicurezza;
ad elaborare un piano di monitoraggio delle risorse destinate dallo Stato e dall'Unione europea al contrasto della disoccupazione e agli altri programmi di sviluppo in favore delle regioni dell'obiettivo convergenza, al fine di verificare che esse siano effettivamente impiegate per i fini previsti e non siano disperse, e al fine di contrastare la lentezza nelle procedure di spesa,
a promuovere l'adozione di un piano nazionale di interventi, anche di natura fiscale, finalizzato a contrastare la crisi demografica in atto e incentivare la natalità, con provvedimenti strutturali e permanenti;
a porre con forza la questione del surplus commerciale della Germania che rappresenta una grave distorsione del funzionamento del mercato interno europeo ed è concausa della reazione protezionistica degli Stati Uniti nei confronti dell'Unione europea;
con riferimento alla Raccomandazione sulla politica economica della zona euro,
a non dare seguito in alcun modo ad impegni che portino ad ulteriori cessioni di sovranità in ambito monetario e bancario, segnatamente ad esplicitare la contrarietà dell'Italia a qualsiasi ipotesi di creazione di un Fondo monetario europeo;
con riferimento al tema dei cambiamenti climatici,
a garantire un utilizzo efficiente delle risorse stanziate a livello europeo e destinate agli interventi a supporto del contrasto ai cambiamenti climatici, monitorando che gli investimenti vengano effettuati in infrastrutture a beneficio diretto della salute dei cittadini e della tutela ambientale;
a promuovere in sede europea una immediata revisione delle modifiche al Regolamento 715/2007 sulla riduzione delle emissioni di CO2 nel settore dei trasporti, con l'obiettivo di giungere ad una transizione ecologica più morbida, realistica e compatibile con le prospettive di evoluzione tecnologica dell'industria nazionale automobilistica;
ad attuare in sede nazionale tutte le politiche necessarie al trasferimento modale, prima tra tutte la realizzazione delle tratte ferroviarie ad alta velocità e alta capacità per il trasporto merci, con particolare riferimento a quelle transnazionali già finanziate dall'Unione europea e facenti parte del TEN-T Core Network (es. TAV Torino-Lione);
con riguardo alle relazioni esterne:
rispetto al vertice con la Cina in programma il prossimo 9 aprile, a porre come condizione per la stipula di accordi commerciali il rispetto delle politiche ambientali da parte delle aziende cinesi, il cui mancato rispetto ha sin qui determinato un minor costo del lavoro che si ripercuote come un fattore di concorrenza sleale rispetto ai beni di produzione europea;
a procedere con la massima sollecitudine all'attuazione del Regolamento che introduce nuove norme per esercitare un miglior controllo sugli investimenti diretti provenienti da Paesi terzi per motivi di sicurezza o di ordine pubblico, approvato in via definitiva lo scorso 5 marzo dal Consiglio UE al fine di garantire maggiore tutela agli asset strategici nazionali;
ad esplicitare fin d'ora la contrarietà dell'Italia alla proroga del regime sanzionatorio nei confronti della Russia, proseguendo sul piano diplomatico l'azione per il rispetto degli accordi di Minsk senza reiterare misure che hanno danneggiato fortemente le imprese italiane;
al fine di tutelare la produzione e il mercato interno dell'Unione europea da pratiche sleali di concorrenza messe in atto da alcuni Stati non appartenenti all'UE, e in particolare la Cina, si chiede al Governo di attivarsi in sede europea perché sia data piena applicazione alle misure di difesa commerciale previste dalla normativa comunitaria:
º misure anti-dumping, di cui al Regolamento (UE) 1036 del 2016, applicate principalmente nei confronti di importazioni effettuate sul mercato comunitario da parte di imprese di Paesi terzi che vendono sul mercato europeo prodotti a prezzi inferiori al prezzo di vendita sul mercato d'origine della merce;
º misure anti-sovvenzione, di cui al Regolamento (UE) 1037 del 2016, applicate nei confronti di importazioni che godono di aiuti e sovvenzioni statali concessi dai Governi alle proprie imprese;
º misure di salvaguardia, di cui ai Regolamenti (UE) 478 del 2015 e 755 del 2015, destinate a tutelare il mercato e le imprese comunitarie da sensibili alterazioni dei flussi commerciali che minacciano e danneggiano il sistema produttivo dell'UE;
in particolare, in riferimento alle misure anti-dumping e anti-sovvenzioni, impegna il Governo ad attivarsi in sede europea affinché abbiano piena applicazione le modifiche apportate ai relativi Regolamenti dal Regolamento (UE) 825 del 2018, che introduce le fattispecie di dumping sociale e dumping ambientale, e ad avviare un dibattito per valutare l'eventuale necessità di rendere più rigorosa la normativa;
con riferimento ai negoziati per l'uscita dall'Unione del Regno Unito,
a condizionare l'assenso dell'Italia su un eventuale nuovo accordo di recesso ad una dichiarazione esplicita che consenta la reale salvaguardia solida, operativa e giuridicamente vincolante delle indicazioni geografiche, stante la rilevanza che esse rivestono per il sistema produttivo del nostro Paese, essendo peraltro inaccettabile che tale questione venga semplicemente rinviata - senza adeguate garanzie per l'Italia - ad un successivo accordo commerciale, quando la stessa UE non avrà più sufficiente potere contrattuale una volta approvato il documento di recesso;
in caso di no deal, ad attivare immediati contatti con le autorità britanniche volte a garantire la salvaguardia dei diritti dei cittadini italiani che vivono e lavorano nel Regno Unito, consentendo loro l'immediato rilascio di permessi di lavoro che possano garantire la loro permanenza in territorio britannico senza disagi né discriminazioni;
a sostenere la necessità di un accordo che non riproponga "frontiere dure" tra il Regno Unito e la Repubblica d'Irlanda, al fine di scongiurare il riacuirsi di tensioni mai definitivamente sopite.
(6-00058)
CIRIANI, RAUTI, BALBONI, BERTACCO, CALANDRINI, DE BERTOLDI, FAZZOLARI, GARNERO SANTANCHE', IANNONE, LA PIETRA, LA RUSSA, MAFFONI, NASTRI, RUSPANDINI, STANCANELLI, TOTARO, URSO, ZAFFINI.