• Testo ODG - ORDINE DEL GIORNO IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
S.9/1-00065/001 premesso che: - il progetto relativo alla linea ferroviaria di Alta Velocità Torino-Lione è stato concepito quasi 30 anni fa, in un momento storico, geopolitico ed...



Atto Senato

Ordine del Giorno 9/1-00065/1 presentato da LOREDANA DE PETRIS
giovedì 7 marzo 2019, seduta n. 098

Il Senato,
premesso che:
- il progetto relativo alla linea ferroviaria di Alta Velocità Torino-Lione è stato concepito quasi 30 anni fa, in un momento storico, geopolitico ed economico-finanziario molto diverso da quello attuale. Tale progetto si basava su previsioni che oggi possiamo analizzare con sufficiente obiettività, e che si sono rivelate del tutto irrealistiche e infondate;
- è necessario ribadire, in primis, come su progetti di tale portata sia necessaria una discussione seria e puntuale, del tutto assente in questo caso: negli ultimi decenni la sottovalutazione degli effetti connessi alla realizzazione di alcune opere (Bre-bre-mi, Stadio di nuoto a Torvergata...) ha comportato evidenti criticità, oltre alla manifesta, sostanziale, inutilità delle stesse;
- non è più possibile ancorarsi al mantra del There Is No Alternative (TINA): occorre invece individuare di volta in volta quale sia l'obiettivo di fondo, valutando le alternative utili a raggiungerlo nonché i relativi costi e benefici per l'intera collettività;
- come accennato, quando il progetto della TAV Torino-Lione è stato ideato l'Europa, la Francia e l'Italia erano molto diverse da adesso. Forte era la spinta alla creazione di un modello di unificazione europea interconnessa sul piano dei trasporti, dell'energia, delle telecomunicazioni, con la realizzazione di un programma di investimenti infrastrutturali pubblici basato sul contributo delle risorse comunitarie. Tale programma, inizialmente incentrato sul collegamento Est-Ovest in virtù della disgregazione del blocco sovietico, vide nel Consiglio di Essen del 1994 un parziale spostamento del baricentro verso Ovest: fu in quel contesto che venne sviluppato il progetto n. 6, Treno ad alta velocità/ trasporto combinato Lione - Torino - Milano - Venezia - Trieste;
- in Italia andava consolidandosi in quegli anni la pratica del General Contractor di natura pubblico-privata, deputato a gestire in proprio la realizzazione di grandi opere. A tale soggetto era concesso, sostanzialmente, di sottrarsi ai vincoli della normativa pubblicistica in materia di appalti;
- dieci anni dopo, nel 2005, la Commissione Van Miert varò 30 progetti prioritari, tra cui un corridoio che dalla regione centrale della Francia (Lione) conducesse verso l'Europa sud-orientale, la cui opera di maggiore impegno economico-finanziario risultò essere proprio la tratta Torino-Lione. Nel 2016 tornarono prioritari i succitati progetti n. 6 e n. 16, inseriti in un unico collegamento definito Corridoio mediterraneo: dietro tale scelta vi erano probabilmente ragioni di carattere prettamente politico: sembrò infatti che l'obiettivo principale dell'Italia fosse quello di porre un freno alla crescente contestazione interna al progetto della TAV;
- posto che la diminuzione del traffico era -e rimane- un dato innegabile (sia comparato con i flussi transalpini della direttrice che attraversa Svizzera e Austria, sia in relazione alle infrastrutture ferroviarie che già esistono verso Ovest), l'idea originaria di un collegamento Alta Velocità per i passeggeri connesso ad una più alta capacità di trasporto merci divenne poco credibile. Il progetto venne dunque riorientato ad una ipotetica Alta Capacità "combinata", che trasferisse il traffico merci da strada a rotaia: il tentativo, puramente strumentale, era quello di mascherarsi dietro criteri di sostenibilità ambientale;
- in quegli anni che nacque il soggetto attuatore, TELT, una società a partecipazione pubblica (50-50) italo-francese. E sempre in quegli anni l'Italia sviluppò la sua attuale politica infrastrutturale, fondata sulla logica dell'emergenza - velocizzare le procedure e accentrare le responsabilità - e sul concetto della grande opera - concentrare le risorse pubbliche presso soggetti di grandi dimensioni -: ecco, quindi, il modello dei grandi profitti senza rischio di impresa, un contesto ottimale per le voraci società private. Una logica che non è stata più alterata, nè dall'ANAC, nè dalle riforme del codice degli appalti, nè dagli interventi della magistratura;
- tale impostazione non consente ancora oggi di guardare obiettivamente alla reale utilità dell'opera: posto, infatti, che il trend discendente dei flussi è destinato a continuare inesorabilmente negli anni futuri, il reale obiettivo del progetto risulta poco chiaro. Nel dibattito sulla linea TAV Torino-Lione ci troviamo spesso di fronte a una pluralità di obiettivi confusi: l'integrazione italiana nelle reti internazionali di trasporto di merci, lo sviluppo economico del Nord-Ovest, la riduzione dell'impatto ambientale del trasporto su strada, l'impatto macroeconomico dell'opera. È evidente come per ogni obiettivo ci siano molteplici possibili strade da intraprendere: la scelta di concentrarsi solo sul progetto TAV non può, dunque, essere spacciata quale unica alternativa esistente;
- nello specifico, rispetto al 1997 la riduzione del traffico merci in Val di Susa, riconosciuta anche dal Commissario del Governo nel 2017, è stata del 30 per cento. Attualmente il traffico ferroviario ammonta a 3 milioni di tonnellate, contro i circa 10 milioni dal 1980 e il 2000. La rete esistente può sopportare da 7 a 11 volte l'attuale traffico ferroviario merci: è evidente come i flussi non giustifichino in alcun modo la realizzazione di un progetto di tale portata;
- i dati, infatti, se inseriti in un quadro di analisi costi-benefici, conducono all'assunto che la TAV Torino-Lione non sia affatto conveniente sotto il profilo economico. Tale analisi, tuttavia, non può costituire una foglia di fico dietro cui mascherarsi nelle decisioni politiche: essa costituisce un documento base, contenente informazioni e dati necessari a sviluppare un dibattito e valutazioni consapevoli, sia per i decisori che per la popolazione su cui esse impattano;
- la scelta tra le alternative possibili, tra cui la cosiddetta opzione zero - ossia di non procedere alla realizzazione di un'opera - è una decisione politica che comporta una seria assunzione di responsabilità, soprattutto qualora si tratti di opere con un impatto così rilevante sotto il profilo economico e ambientale. Opere che, come la TAV, sottraggono risorse finanziarie indispensabili al nostro Paese;
- i costi dell'opera risultano assolutamente sproporzionati rispetto agli ipotetici benefici che ne deriverebbero: la teoria attuale, che vede un investimento italiano riducibile a 2-3 miliardi di euro, è del tutto fantasiosa. Nel 2012 - e si tratta di dati non ancora smentiti - la Corte dei conti francese quantificò il costo totale in 26 miliardi di euro, di cui soltanto 8,6 destinati alla tratta transnazionale e, dunque, coperti al 40 per cento dal finanziamento europeo. Per ciò che concerne la tratta internazionale (considerata prioritaria dal nostro Governo) il CIPE ha quantificato in 6,3 miliardi di euro il costo attribuibile alla competenza italiana;
- l'intestardirsi cieco sulla prosecuzione di tale progetto non è dunque connesso a ragioni economiche o giuridiche, ma è più che altro legato agli interessi di gruppi finanziari privati e all'impossibilità della classe politica di abbandonare un mantra sostenuto così a lungo: un'alternativa preferibile potrebbe essere, in tal senso, un grande programma di investimenti in piccole opere per la messa in sicurezza del territorio che risulterebbe più utile alla collettività, agli enti locali, alle comunità, e che comporterebbe benefici occupazionali di gran lunga superiori. Se infatti è innegabile che la costruzione di un'opera produca posti di lavoro, è ormai chiaro come gli interventi diffusi di riqualificazione del territorio e di aumento dell'efficienza energetica producano un'alta intensità di manodopera a fronte di una relativamente bassa intensità di capitale, mentre le grandi opere costituiscono investimenti ad alta intensità di capitale e a bassa intensità di mano d'opera;
- l'impatto ambientale dell'opera, contestato dalle comunità locali sin dall'origine del progetto, rimane tra l'altro devastante, soprattutto se si considera la presenza di amianto e uranio nella montagna da traforare - si parla di 57 chilometri di tunnel, che rendono al francamente ridicola qualsiasi ipotesi di minitav - e i rischi idrogeologici connessi al necessario ventennale cantiere. Un elemento che smaschera l'attuale strumentalizzazione delle motivazioni di coloro che si oppongono alla realizzazione della linea: ad essi vengono paradossalmente attribuite posizioni volte a bloccare lo sviluppo sostenibile, necessario alla diminuzione dell'inquinamento connesso al traffico su strada;
- un obiettivo condivisibile, se conducesse a un serio ripensamento del trasporto di merci, che trasferisca i Tir sulla rete ferroviaria esistente. Non è tuttavia questo l'orientamento dei sostenitori della TAV, che si limitano a propugnare la costruzione di un'opera ciclopica con un impatto insostenibile sul piano ambientale. Le forze politiche che si ritrovano oggi in piazza a manifestare a favore della linea Torino-Lione sono le stesse che da decenni si oppongono all'abolizione degli incentivi in favore del traffico stradale e autostradale;
- un atteggiamento evidente soprattutto se si considera l'assenza di interventi sulla linea esistente, che da sola potrebbe garantire l'attuale flusso merci, in contrapposizione all'attenzione dedicata negli anni al traforo del Frejus;
- è evidente la sostanziale assenza di una vera programmazione necessaria all'assunzione di decisioni tanto fondamentali per la collettività. Si segnala come il vigente Piano generale dei trasporti e della logistica sia datato 2001; un Piano fondato su una serie riforme che prevedevano un netto contrasto ai monopoli, un rafforzamento del trasporto ferroviario su tutto il territorio nazionale e un reale riequilibrio modale nei trasporti. Un'impostazione incompatibile con la successiva Legge obiettivo, abolita soltanto nel 2016 con la riforma del Codice degli appalti, la quale invece di semplificare un limitato numero di opere strategiche si tradusse in una autorizzazione di circa 400 opere, in gran parte stradali e autostradali, prive di finanziamenti (o imperniate sul project financing), senza alcuna pianificazione strategica;
- tra l'altro, il superamento della Legge obiettivo non ha ricompreso le opere con procedure già avviate, tra cui proprio l'Alta Velocità Torino-Lione. Anche questo Governo non sembra voler avviare una pianificazione generale e sistemica, concentrandosi sulle singole opere infrastrutturali e sulla valutazione delle proprie esigenze politiche e mediatiche;
- una mancanza di programmazione che risulta ancora più intollerabile se paragonata al modello svizzero, unico caso dell'arco alpino dove la ferrovia, con una quota modale intorno al 70 per cento, supera di gran lunga il trasporto stradale. Anche in Svizzera il modello francese dell'Alta Velocità aveva suggerito l'idea di un attraversamento AV: la NHT. Tuttavia, questo progetto venne modificato in favore di Bahn 2000, basato su criteri di equi-accessibilità, che consentì la copertura dell'intero Paese con uno schema di rete ad orario cadenzato. In tal modo è stato assicurato un omogeneo ed elevato livello di servizio a tutto il territorio, con un'equa copertura territoriale. Il progetto venne inoltre accompagnato dalla piena integrazione del servizio ferroviario con i servizi di trasporto pubblico urbani ed extraurbani, con molteplici interventi di miglioramento della rete che fornirono nuova capacità, sulle stesse linee, per il trasporto ferroviario delle merci: la ferrovia divenne dunque l'asse portante dell'intero sistema dei trasporti;
- l'ipotesi di una consultazione popolare, pur essendo sempre da incentivare, dovrebbe riguardare l'intera comunità nazionale, dato l'impatto del progetto sul piano economico, ambientale, sociale: un progetto che parla di una visione di sviluppo valida per tutto il Paese, per l'Europa e per la comunità internazionale,
impegna il Governo:
a non procedere alla realizzazione della linea ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Lione, bloccando le relative procedure d'appalto e trasferendo le risorse sul trasporto ferroviario regionale, sulle principali tratte pendolari connesse alle aree metropolitane e sul trasporto pubblico locale;
ad aggiornare il Piano generale dei trasporti e della logistica, prevedendo un programma di incentivi volti ad aumentare l'intermodalità del trasporto merci.
(numerazione resoconto Senato G1)
(9/1-00065/1)
DE PETRIS, MARTELLI, LAFORGIA, DE BONIS, BUCCARELLA, NUGNES