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Atto a cui si riferisce:
C.4/00164 (4-00164)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 5 marzo 2019
nell'allegato B della seduta n. 136
4-00164
presentata da
NOVELLI Roberto

  Risposta. — Come noto, l'acufene è un disturbo otologico che consiste in sensazioni acustiche endogene, sotto forma di fischi, ronzii, fruscii o altro, percepiti in una o in entrambe le orecchie o nella testa.
  Il Ministero della salute è ben consapevole che tale disturbo può incidere sulla qualità della vita di chi ne soffre, soprattutto a livello psicologico e, nei casi più gravi, può arrivare a compromettere seriamente il benessere del paziente.
  La ricerca clinica ha, infatti, chiaramente dimostrato come, in una alta percentuale dei casi, questo disturbo debba essere affrontato mediante una strategia terapeutica di cui la psicoterapia sia parte integrante.
  Indubbiamente, l'acufene ha un'alta incidenza: studi condotti negli ultimi due lustri in diversi paesi europei, quali la Germania e il Regno Unito, hanno dimostrato, infatti, come mediamente circa il 5-20 per cento della popolazione del nostro continente abbia sofferto di acufene almeno una volta nella vita.
  Per quanto riguarda l'Italia, studi analoghi hanno dimostrato che nel nostro Paese vi è una prevalenza simile: tra la popolazione adulta, l'acufene colpisce più di tre milioni di persone ed è sentito come problema grave da oltre 600.000 italiani.
  La causa dell'acufene non è chiara nella maggioranza dei casi.
  Tuttavia, nuove tecniche e metodi di ricerca, come le tecniche di «neuroimaging», che permettono di osservare l'attivazione delle aree del cervello deputate all'elaborazione dei segnali acustici, sembrano promettere importanti passi in avanti per la comprensione dell'eziologia della patologia.
  In particolare, recenti studi suggeriscono come il disturbo sia accompagnato da anomalie cerebrali funzionali e strutturali.
  Per quanto riguarda i possibili interventi terapeutici per il trattamento dell'acufene, l'Istituto superiore di sanità ha riferito che, recentemente, la neuromodulazione mediante stimolazione magnetica transcranica (Tms), una terapia indolore e non invasiva, ha avuto successo nel ridurre i sintomi del tinnito almeno in alcuni pazienti.
  Altri interventi considerati efficaci, in base alla letteratura scientifica degli ultimi anni, includono approcci quali il «cognitive training», eseguito anche grazie all'aiuto di specifici «software», che permette di modificare l'attenzione, la percezione e il ricordo del tinnito, portando a un significativo miglioramento della condizione medica dei pazienti.
  L'istituto ha poi affermato che, allo scopo di identificare le iniziative da adottare per gestire i problemi sanitari legati all'acufene e per identificare quali siano le ricerche da finanziare per migliorare la comprensione delle basi eziopatologiche del disturbo e l'efficacia dei trattamenti, si potrà effettuare un attento studio dello stato dell'arte delle conoscenze di base e cliniche ottenute, tramite la revisione sistematica della letteratura scientifica disponibile e l'esame delle scoperte più recenti.
  Ciò permetterebbe anche di valutare se assumere iniziative mirate a «screening» preventivi, anche in base all'età, per evidenziare una possibile vulnerabilità all'acufene, o volte a informare sulle attività che possono generare la patologia.
  Inoltre, tale approccio permetterebbe di identificare le strategie migliori per il trattamento della patologia ed, eventualmente, di organizzare una rete di centri di eccellenza per la cura dell'acufene.
  Simili iniziative potrebbero anche essere mirate alla valutazione non solo dell'eventuale inserimento dell'acufene nei livelli essenziali di assistenza, ma anche al riconoscimento della patologia come malattia cronica invalidante, ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999, e tenuto conto di quanto stabilito dall'allegato 8 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Peraltro, va precisato che – considerato che gli acufeni sono un sintomo con diversi livelli di gravità, determinati da patologie vascolari del collo e della testa o associati a malattie audiologiche, vestibolari, neurologiche, autoimmuni, neoplastiche, dismetaboliche, ematologiche – l'accesso alle cure dei pazienti interessati da queste patologie è già garantito dai Livelli essenziali di assistenza (Lea), che consentono loro di usufruire delle prestazioni e dei servizi erogati a carico del Sistema sanitario nazionale, sia in fase diagnostica che di monitoraggio, nonché della connessa assistenza farmaceutica.
  Inoltre, una parte delle condizioni che determinano gli acufeni è comunque già individuata fra le patologie croniche soggette a tutela, ove sussistano le condizioni di cronicità, gravità, invalidità ed onerosità previste dal decreto legislativo n. 124 del 1998: è questo il caso, ad esempio, degli acufeni secondari a malattie cerebrovascolari (aneurismi, patologie dei grossi vasi) o neurologiche (sclerosi multipla).
  In conclusione, intendo assicurare che il Ministero della salute, anche sulla base della revisione sistematica della letteratura scientifica auspicata dall'Istituto superiore di sanità, seguirà con attenzione gli ulteriori aggiornamenti dei Livelli essenziali di assistenza, in modo che, laddove ne emergano le condizioni, possa essere rivalutato l'inserimento delle prestazioni di specialistica ambulatoriale connesse all'acufene.
La Ministra della salute: Giulia Grillo.