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Atto a cui si riferisce:
C.1/00133    premesso che:     dai dati diffusi dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la vendita di autoveicoli a gennaio 2019 ha registrato un calo del 7,6 per cento...



Atto Camera

Mozione 1-00133presentato daBALDELLI Simonetesto diMercoledì 27 febbraio 2019, seduta n. 134

   La Camera,

   premesso che:

    dai dati diffusi dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la vendita di autoveicoli a gennaio 2019 ha registrato un calo del 7,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2018, con un dato in termini assoluti di 164.864 unità vendute contro 178.326;

    la filiera industriale automotive italiana, in termini numerici, conta quasi 6.000 imprese con un fatturato complessivo che supera i 100 miliardi di euro, rappresentando così il 6 per cento del prodotto interno lordo. Tale settore impiega ad oggi circa 260.000 addetti diretti e di indotto che rappresentano più del 7 per cento degli occupati del settore manifatturiero. A tali dati vanno poi aggiunti quelli delle attività di commercializzazione e manutenzione, attraverso i quali l'intera filiera conta nel suo complesso oltre 1,2 milioni di lavoratrici e lavoratori, e quelli della filiera della componentistica che, oltre a rappresentare un settore d'eccellenza nazionale, conta oltre 2.000 imprese fornitrici di tutte le case automobilistiche del mondo generando ormai da anni un avanzo commerciale positivo con un saldo medio annuo, dal 2007 al 2017, di oltre 6,4 miliardi di euro;

    come rilevato dall'Istat, nel quarto trimestre dell'anno 2018, l'economia italiana ha registrato una contrazione dello 0,2 per cento, segnando così per il secondo trimestre consecutivo calo e facendo entrare l'Italia in recessione tecnica;

    i dati dell'Agenzia europea per l'ambiente indicano come la media ponderata delle emissioni di CO2 degli autoveicoli immatricolati in Italia è costantemente diminuita nel corso degli anni, tanto che l'obiettivo fissato dall'Unione europea per il 2015, pari a 130 g/km, risultava raggiunto già nel 2011 (fonte Ministero dello sviluppo economico);

    la filiera automotive rappresenta altresì nel nostro Paese il primo investitore privato in ricerca e innovazione con una spesa annua che solo in Italia si aggira su 1,7 miliardi di euro. Quello industriale è il settore con il più alto moltiplicatore di valore aggiunto: basti considerare che per ogni euro di valore aggiunto creato dalle imprese automotive della fase industriale si generano 2,2 euro addizionali di valore aggiunto nell'economia e 10 occupati nelle medesime imprese sostengono 20 occupati addizionali nell'economia. Di conseguenza, l'industria automotive rappresenta anche uno dei maggior contribuenti al gettito fiscale con circa 74 miliardi di euro registrati nel 2017;

    nel corso dell'esame della legge di bilancio 2019 sono state introdotte misure disincentivanti, sotto forma di imposta, e misure incentivanti, sotto forma di sconto sul prezzo, per l'acquisto di nuove autovetture in base ai livelli di emissione di diossido di carbonio (CO2). Nello specifico il disincentivo è previsto, con imposta a partire da 1.100 euro a crescere fino a 2.500 euro, per auto con emissioni CO2 superiori a 161 g/Km, mentre lo sconto sull'acquisto è pari a 6.000 euro, solo in caso di rottamazione di veicoli compresi tra Euro 1, 2, 3, e 4 e per la sola fascia di emissioni CO2 compresa tra 0-20 g/Km; lo sconto cala a 4.000 euro in assenza di rottamazione. È altresì riconosciuto uno sconto pari a 2.500 euro in presenza di rottamazione per veicoli con emissioni CO2 comprese tra 21-70 g/Km; che cala a 1.500 euro in assenza di rottamazione;

    la misura introdotta cosiddetta bonus/malus, per quanto condivisibile in linea di principio ai fini del contenimento e del superamento dei livelli di inquinamento, appare inefficace e fortemente controproducente alla luce dei dati attualmente rilevati e delle stime presentate dall'Unrae, l'Associazione delle case automobilistiche estere, secondo cui in uno scenario macroeconomico rivisto al ribasso, fanno presagire una chiusura dell'anno 2019 in flessione dell'1,1 per cento a 1.888,500 veicoli, oltre 21.000 in meno rispetto al 1.910.000 del 2018;

    adottata senza alcun confronto con le categorie direttamente interessate, la richiamata misura è ancora oggi al centro di un acceso dibattito fortemente critico promosso dalle associazioni di categoria, nonché dalle sigle sindacali, le quali lamentano l'esclusione dal processo in atto per l'adozione del decreto ministeriale finalizzato all'attuazione del cosiddetto bonus/malus a decorrere dal 1° marzo 2019;

    secondo i dati Unrae, il parco circolante al 2018 risulta essere composto da una percentuale rilevante di autovetture di categoria Euro 1, 2, 3 e 4 (circa il 64 per cento, pari a circa 25 milioni), mentre le autovetture di categoria Euro 5 ed Euro 6 risultano pari rispettivamente al 19,1 per cento (circa 7,2 milioni) e al 17,1 per cento (5,27 milioni), così facendo dell'Italia il parco autovetture circolanti più vecchio in Europa (il 47 per cento delle autovetture ha più di 10 anni di età, pari a 17,5 milioni di unità). In tal senso le critiche principali rivolte alla misura prevedono il cosiddetto «effetto Cuba» cioè la tendenza del consumatore a non rinnovare il proprio veicolo optando per il mantenimento dello stesso, quindi senza riduzione dell'inquinamento, ferma restando la tendenza ormai rilevata da tempo di un mercato privato dell'autovettura sempre più schiacciato sui segmenti più bassi (in particolar modo utilitarie e city car) con una progressiva riduzione dell'acquisto di autovetture dei segmenti medi (C e D) e alti (F): secondo le stime dell'Associazione nazionale industria dell'autonoleggio e servizi automobilistici (Aniasa) nei limiti delle risorse appostate per il bonus il numero di veicoli agevolabili sarà compreso, nel triennio, tra 12-14 mila unità;

    vale altresì considerare che il 24 per cento del parco circolante complessivo nel nostro Paese è oggi rappresentato da vetture per noleggio a lungo termine la cui flotta, al tempo stesso, è quasi completamente composta da autovetture di categoria Euro 6 (circa il 95 per cento);

    la contrazione nella produzione, rinvenibile, nella riduzione di autovetture immatricolate di produzione del gruppo FCA in Italia (-10 per cento rispetto al 2017), si registra anche a livello europeo: l'Associazione dei costruttori europei (Acea) ha rilevato a gennaio 2019 un calo del 4,6 per cento rispetto a gennaio 2018. La crisi del settore si mostra quindi tra i cinque Paesi «major market» dell'area europea, oltre al caso italiano: Spagna con il -8 per cento; Francia con il -1,1 per cento, Regno Unito con il -1,6 per cento e Germania con il -1,4 per cento. Tale complessiva contrazione impatta gravemente nel nostro Paese sull'intera filiera e sull'indotto dell’automotive formati da svariate imprese e settori economici, oltre a quello produttivo, come quello finanziario e creditizio attraverso il quale si registrano ormai i due terzi degli acquisti di autovetture e la attivazione in misura sempre più rilevante di noleggio a lungo termine (leasing); il settore della componentistica e della autoriparazione nei campi della meccanica, motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista; il settore assicurativo, quello di vendita e quello dell'autonoleggio, a breve e a lungo termine, nonché il settore dell'utenza e dei consumatori. Tale impatto, pertanto, rischia di avere un effetto ridondante sui livelli occupazionali interessati direttamente (quelli del sistema produttivo, basti pensare all'annuncio di FCA di ridimensionare il piano di investimenti in Italia annunciato a fine 2018) e indirettamente (quelli dell'indotto), ben più rilevante di quanto finora previsto;

    va sottolineato, inoltre, come l'introduzione di una misura basata esclusivamente sul grado di emissioni di anidride carbonica, senza alcun riferimento alla categorizzazione Euro scardini di fatto la programmazione industriale delle case automobilistiche ancora in corso – i cui cicli di produzione e di investimento si sviluppano su periodi di 6-9 anni di durata – con la quale in particolare nel passaggio da Euro 5 a Euro 6 si prevede la riduzione dell'inquinamento con interventi sostanziali più sulle emissioni di ossidi di azoto e particolato, secondo le direttive europee, che su quelle di diossido di carbonio;

    è bene ricordare, tra l'altro, che sul totale delle emissioni in Europa, le auto incidono per circa l'8 per cento e i veicoli industriali poco meno. Entrambi i settori, singolarmente e congiuntamente, pesano meno di altri, eppure il settore automotive viene indicato sempre come il principale responsabile dei cambiamenti climatici. Dal 1995 ad oggi le prestazioni emissive degli autoveicoli sono andate migliorando del 36 per cento e l'industria automobilistica è impegnata per arrivare agli obiettivi del 2020, impiegando capitale umano di assoluto valore e rilevanti investimenti finanziari;

    secondo le rilevazioni degli analisti di settore le ricadute della richiamata misura, a titolo meramente esemplificativo il bonus di 6.000 euro sostanzialmente riconoscibile per auto elettriche, interesserebbe autovetture con prezzi minimi compresi tra 25 mila e 27 mila euro (Smart EQ Forfour Youngster, Renault Zoe Life e Citroën Nuova E-Mehari) e prezzi massimi compresi tra 100 mila e 162 mila euro (tutte Tesla). L'ecotassa pari a 1.100 euro invece sarebbe applicata ad autovetture di ampio consumo con importo minimo compreso tra 14 mila e 24 mila euro (Dacia di varie tipologie, FIAT Qubo Easy, DR Automobiles di varie tipologie, FIAT 500L, FIAT Tipo 5 porte, Alfa Romeo Giulietta). Di fatto l'applicazione della tassa ecologica di importo pari o superiore a 2.000 euro si applicherà alle autovetture di importo superiore mediamente a 50 mila e a 80 mila euro, buona parte di queste ultime, pur se prodotte in Italia, sono dirette ai mercati esteri e quindi non immatricolate nel nostro Paese con evidente riduzione dell'impatto del disincentivo;

    la misura adottata in legge di bilancio 2019 rende altresì ancora meno trasparente ed efficace l'azione degli enti locali con riguardo alla riduzione dell'inquinamento nelle aree urbane attraverso le varie misure di blocco del traffico (totale o parziale). Va considerato, infatti, che attualmente i cittadini-utenti delle varie aree urbane sottoposte alla limitazione del traffico vivono oggi una condizione spesso discriminatoria, per aree urbane o per tipologia di misura o di comunicazione adottata dall'ente locale che solitamente appare opaca, non omogenea né chiara, inducendo i cittadini a incorrere involontariamente in violazioni e sanzioni, comminate quindi ingiustamente. Dall'altro lato, la misura bonus/malus nelle intenzioni del Governo dovrebbe spingere i consumi verso l'acquisto di autovetture a bassa emissione CO2 che, escluso per quelle elettriche, si tradurrebbe paradossalmente in un doppio disincentivo o in un incentivo dimezzato, poiché la limitazione della circolazione a fini ecologici, solitamente applicata sulla base delle categorizzazioni Euro e non sulle fasce di emissione CO2, vedrebbe comunque il proprietario del veicolo con ecobonus impossibilitato al suo utilizzo e il proprietario del veicolo acquistato con ecotassa ulteriormente penalizzato,

impegna il Governo:

1) ad adottare tempestivamente un'iniziativa normativa per l'abrogazione o in subordine la sospensione dell'applicazione della norma di cui in premessa (articolo 1, commi 1031-1047, della legge n. 145 del 2018), prima della sua entrata in vigore prevista per il 1° marzo 2019, al fine di:

   a) rinviare ogni misura normativa di disincentivo connessa alle performance emissive automobilistiche – alla categorizzazione Euro – e di revisione delle misure di incentivo, subordinandone l'adozione allo svolgimento di un necessario, quanto ormai improcrastinabile, confronto con gli attori dell'intero sistema automotive;

   b) prevedere il coinvolgimento delle singole categorie della intera filiera automotive nazionale: da quelle industriali del settore produttivo a quelle lavorative; da quelle commerciali a quelle della componentistica, del settore creditizio-finanziario, del noleggio e di quello assicurativo, nonché del settore meccanico-riparativo;

   c) varare un piano strategico di transizione tecnologica che, con tempi e misure adeguate, consenta all'intera filiera automotive nazionale di non perdere la propria competitività e di salvaguardare i livelli occupazionali;

2) a prevedere, nel piano strategico nazionale di cui al punto 1) lettera c), oltre a misure di incentivo/disincentivo all'acquisto di autovetture con particolari performance emissive, misure di politica industriale a sostegno delle attività di ricerca e innovazione e degli investimenti sul capitale umano e che supportino lo sviluppo infrastrutturale finalizzato alla piena diffusione delle alimentazioni alternative;

3) a riferire in Parlamento sulla ratio delle posizioni espresse in sede di Consiglio dell'Unione europea in occasione dei negoziati sulla nuova regolamentazione in materia di riduzione delle emissioni di CO2 di auto, veicoli commerciali e veicoli industriali, i cui obiettivi supportati dall'Italia, rischiano di mettere a repentaglio la competitività dell'intero comparto promuovendo, in sede europea, posizioni che tengano in dovuta considerazione anche le specificità ed il peso che ha la filiera automotive nazionale sull'economia del Paese;

4) a svolgere, nell'ambito delle proprie competenze, un monitoraggio sull'effettiva efficacia delle iniziative di limitazione del traffico a fini ecologici da parte delle amministrazioni locali, con l'obiettivo di promuovere l'armonizzazione di queste iniziative in modo da renderne omogenei i criteri, almeno per macro-aree, e introdurre per le amministrazioni l'obbligo di adottare un qualche meccanismo di comunicazione-informazione diretta ai cittadini su date, orari e modalità della circolazione;

5) ad adottare iniziative per definire un criterio chiaro e univoco sul quale provvedere a innestare misure incentivanti, ed eventualmente penalizzanti tra categorizzazione Euro (0, 1, 2, 3, 4, 5, 6) o performance emissive (CO2, Pm10, NOx, e altro), considerando che i cicli di produzione e di investimento delle case automobilistiche hanno mediamente una durata di 6-9 anni, al fine di offrire un panorama normativo omogeneo che eviti il rischio di un effetto psicologico pericoloso per l'economia.
(1-00133) «Baldelli, Gelmini, Mulè, Sozzani, Bergamini, Pentangelo, Rosso, Zanella».