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Atto a cui si riferisce:
C.1/00121    premesso che:     a più riprese nel dibattito pubblico italiano è stata ventilata l'ipotesi di un blocco navale per arginare i flussi migratori, nonostante – come da...



Atto Camera

Mozione 1-00121presentato daMAGI Riccardotesto diLunedì 18 febbraio 2019, seduta n. 128

   La Camera,

   premesso che:

    a più riprese nel dibattito pubblico italiano è stata ventilata l'ipotesi di un blocco navale per arginare i flussi migratori, nonostante – come da ultimo ha ricordato la stessa Ministra Trenta – si tratti di una strada non percorribile trattandosi di un atto ostile, una dichiarazione di guerra nei confronti della nazione di fronte alla quale si vorrebbe attuarlo, che non ha niente a che vedere con il contenimento dell'immigrazione irregolare;

    come ribadito anche dal Sottosegretario per la difesa Angelo Tofalo, in risposta a un'interrogazione dell'onorevole Delmastro Delle Vedove, «il quadro normativo internazionale riconosce tale misura come un metodo di guerra e, quindi, legittimamente adottabile solo nel corso di conflitti armati internazionali sul mare. È un metodo di guerra consolidatosi nel tempo quale norma consuetudinaria di diritto internazionale, volta ad impedire l'entrata ovvero l'uscita di qualsiasi nave dai porti di un Paese belligerante e deve ispirarsi ai principi di effettività e di imparzialità: la sua adozione nei confronti di uno Stato terzo equivale a dare inizio ad un attacco armato. In tempo di pace, a seguito dell'entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite del 1945, il blocco non può ritenersi consentito al di fuori dei casi di legittima difesa ed è previsto dall'articolo 42 della stessa Carta quale misura deliberabile dal Consiglio di sicurezza per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, qualora le misure non implicanti l'uso della forza siano ritenute inefficaci. Il blocco navale non può, quindi, essere associato alle attuali e pregresse attività di controllo dell'immigrazione irregolare via mare portate avanti dalle Forze armate italiane, le quali, non ricadendo nell'ambito di alcun conflitto armato, hanno sempre trovato fondamento in risoluzioni del Consiglio di sicurezza, nelle norme di diritto internazionale applicabili, compresi eventuali accordi internazionali bilaterali e in specifiche norme di legge»;

    come ha affermato il Premio Nobel per la pace già Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan in un celebre intervento, è importante: «arrivare ad accettare il fatto che gli sforzi miranti a fermare le migrazioni sono destinati a fallire, con ripercussioni devastanti per le vite umane»; «erigere muri più alti non può essere la soluzione», perché «le migrazioni proseguiranno fino a quando non strapperemo i più poveri e i più vulnerabili alle condizioni inaccettabili di vita dalle quali attualmente stanno scappando»; «dobbiamo pertanto predisporre politiche atte a gestire i flussi umani con modalità che arrechino benefìci ai Paesi di origine, di transito e di destinazione dei migranti»;

    è questo l'obiettivo della proposta di legge d'iniziativa popolare depositata il 23 marzo 2018, recante «Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell'inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari», che ha raccolto grazie alla campagna «Ero straniero» – promossa da Radicali italiani, Fondazione Casa della carità «Angelo Abriani», Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, A buon diritto, Cild, con il sostegno di numerose organizzazioni impegnate sul fronte dell'immigrazione, tra cui Caritas italiana, Fondazione migrantes, Comunità di Sant'Egidio e tante associazioni locali – oltre 90.000 firme depositate;

    obiettivo della proposta è riformare alcuni aspetti della «legge Bossi-Fini» e affrontare le cause dell'irregolarità di decine di migliaia di cittadini stranieri nel nostro Paese, in primis con l'introduzione di forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri irregolari – anche nel caso di richiedenti asilo diniegati – qualora sia dimostrabile la disponibilità in Italia di un'attività lavorativa o di formazione, di legami familiari, sul modello spagnolo del «radicamento» o sul modello della Germania che ha appena approvato una nuova legge sull'immigrazione che prevede la regolarizzazione se c'è un'offerta di lavoro. Si prevede, inoltre, la possibilità di trasformare il permesso di soggiorno per richiesta di asilo in permesso di soggiorno per lavoro anche nel caso del richiedente asilo – anche se diniegato in via definitiva – che abbia svolto un percorso fruttuoso di integrazione e abbia la disponibilità di un datore di lavoro che voglia assumerlo;

    in secondo luogo, la proposta prevede l'introduzione di meccanismi diversificati di ingresso per lavoro tramite: la reintroduzione del sistema dello sponsor, anche da parte di singoli privati, per l'inserimento nel mercato del lavoro del cittadino straniero con la garanzia di risorse finanziarie adeguate e disponibilità di un alloggio per il periodo di permanenza sul territorio nazionale, privilegiando quanti abbiano già avuto precedenti esperienze lavorative in Italia o abbiano frequentato corsi di lingua italiana o di formazione professionale; si introduce, inoltre, il permesso di soggiorno temporaneo (12 mesi) per ricerca di lavoro da rilasciare a lavoratori stranieri per facilitare l'incontro con i datori di lavoro italiani e per consentire a coloro che sono stati selezionati, attraverso intermediari sulla base delle richieste di figure professionali, di svolgere i colloqui di lavoro;

    a livello europeo, la soluzione per la gestione degli arrivi c'è già ed è la proposta di revisione del regolamento 604/2013, detto «Dublino III» approvata dal Parlamento europeo il 16 novembre 2017, che stabilisce un'equa ripartizione della responsabilità relativa all'accoglienza dei richiedenti asilo in Europa; riforma di cui beneficerebbero l'Italia e gli altri Paesi che si affacciano al Mediterraneo, ma fermamente avversata dal cosiddetto «gruppo Visegrad», capitanato dall'Ungheria di Orban, cui si allinea paradossalmente il Ministro dell'interno italiano Matteo Salvini;

    peraltro il Ministro Salvini ha partecipato a un solo vertice europeo sui sei convocati in cui era in discussione la «riforma di Dublino» (la riunione informale di Innsbruck del 12-13 luglio 2018); alla votazione finale al Parlamento europeo, come ricordato più volte dalla relatrice del testo di legge, la parlamentare europea Elly Schlein, i rappresentati del MoVimento 5 Stelle hanno votato contro, mentre quelli della Lega, al contrario dei popolari che hanno votato a favore, si sono astenuti; anche in ambito di commissioni parlamentari, come dimostrato da Elly Schlein, la Lega non ha mai partecipato a nessuna delle 22 riunioni di negoziato svoltesi nel corso di due anni sulla «riforma di Dublino»;

    la strada da percorrere è far sì che gestione dei flussi migratori, accoglienza e integrazione diventino di competenza comunitaria, a partire da un sistema europeo d'asilo e dalla gestione comune degli ingressi per lavoro, più o meno qualificato, e studio; e ancora canali umanitari per chi ha bisogno di protezione, sempre a livello europeo, coinvolgendo comuni e società civile, come nel modello canadese; è quello che è stato proposto con l'iniziativa dei cittadini europei (Ice) «Welcoming Europe. Per un'Europa che accoglie», proposta di iniziativa popolare che punta a decriminalizzare la solidarietà, creare passaggi sicuri e proteggere le vittime di sfruttamento e di abusi alle frontiere, sostenuta da decine di organizzazioni in tutt'Italia e che ha raccolto oltre 60.000 sottoscrizioni di sostegno;

    al contrario, l'effetto delle politiche del Governo – e in particolare del «decreto sicurezza» con l'abrogazione della protezione umanitaria – è produrre un aumento consistente degli immigrati irregolari che più facilmente saranno destinati alla strada, al mercato nero del lavoro se non alle attività illegali gestite dalla criminalità organizzata; è lo stesso effetto che ha avuto la «legge Bossi-Fini», che, restringendo ogni canale di ingresso legale in Italia, ha prodotto solo maggiore illegalità e lavoro nero, tanto da dover ricorrere nel 2002 e nel 2009 a due grosse sanatorie per regolarizzare quasi un milione di persone presenti sul nostro territorio. Si stima che oggi siano almeno 500.000 gli irregolari nel nostro Paese; il loro numero è destinato a crescere e rimpatriarli è impossibile, come ha ammesso lo stesso Ministro Salvini, essendo poche migliaia i rimpatri eseguiti annualmente e non essendoci sufficienti accordi con i Paesi di origine,

impegna il Governo:

1) a sostenere con forza il contenuto della proposta di riforma del «regolamento di Dublino» approvata dal Parlamento europeo e ad adoperarsi per salvare il negoziato sulla revisione del regolamento «Dublino III»; ad opporsi al veto sulla redistribuzione obbligatoria da parte degli Stati contrari al superamento del sistema attuale con il solo obiettivo di non assumersi alcuna responsabilità nella gestione dei flussi migratori verso l'Europa e dell'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, scaricando il peso su alcuni Paesi, innanzitutto l'Italia, e continuando di fatto a violare il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità di cui all'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

2) a livello nazionale, ad adottare iniziative per introdurre disposizioni volte al recupero della legalità attraverso l'emersione e la regolarizzazione dei cittadini stranieri presenti in Italia che non hanno attualmente un titolo di soggiorno, ai quali, sulla base di elementi di comprovata integrazione, quali la disponibilità di un lavoro o la presenza di legami familiari, in assenza di gravi condanne penali, venga rilasciato un permesso di soggiorno per comprovata integrazione e radicamento di 2 anni, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, studio o famiglia.
(1-00121) «Magi, Schullian».