• C. 950 EPUB Proposta di legge presentata il 18 luglio 2018

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Atto a cui si riferisce:
C.950 Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di reati contro gli animali


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14
                        Articolo 15
                        Articolo 16

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 950

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato FERRI

Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di reati contro gli animali

Presentata il 18 luglio 2018

  Onorevoli Colleghi! — L'attuale quadro normativo prevede numerose disposizioni di legge che disciplinano il rapporto fra l'uomo e gli animali e prescrivono norme di comportamento a tutela di questi ultimi. Il complesso di norme presenti nel nostro sistema prende in considerazione non solo gli animali che vivono accanto all'uomo, siano essi da compagnia o d'affezione, da allevamento o destinati ad altri impieghi, ma anche quelli che vivono nel loro ambiente naturale.
  Sul tema della tutela degli animali si è creata progressivamente una sempre più accentuata e diffusa sensibilità sociale, testimoniata non solo dalla presenza di un notevole numero di associazioni animaliste, ma più in generale da una crescente attenzione, da parte dell'opinione pubblica, alla sorte delle diverse specie animali e ai pregiudizi che essi possono subire a causa dell'uomo. Di ciò sono conferma le numerose fonti normative presenti sia a livello sovranazionale che nazionale, che disciplinano ogni aspetto della vita degli animali e della loro condizione.
  Ciò si è tradotto, fra l'altro, nella previsione di diverse ipotesi di illecito, anche penale, che colpiscono comportamenti dell'uomo nei loro confronti: tra queste assumono preminente rilievo le disposizioni del titolo IX-bis del libro secondo del codice penale («Dei delitti contro il sentimento per gli animali» – articoli 544-bis e seguenti), introdotte dalla legge 20 luglio 2004, n. 189.
  Tuttavia, di pari passo con la crescita dell'attenzione alla questione animale, si è diffusa l'opinione che la portata dissuasiva di molte delle disposizioni in esame sia insufficiente: un'opinione purtroppo confermata dal fatto che in concreto, per varie ragioni (legate non solo all'entità delle pene previste, ma anche a difficoltà interpretative indotte dalla caoticità, dall'ambiguità e dalla ridondanza di alcune norme incriminatrici), la risposta sanzionatoria a tali condotte umane si traduce in esiti processuali di scarsa o nulla efficacia deterrente.
  Si ritiene allora opportuno un intervento che renda maggiormente effettiva la dissuasività delle disposizioni penali in materia non solo attraverso un inasprimento delle pene edittali di alcuni reati, ma anche mediante una razionalizzazione e una chiarificazione delle previsioni legislative incidenti sulla tutela penale degli animali. Ciò, peraltro, non impedisce di tenere conto che, in relazione all'impiego degli animali in talune attività o per talune finalità di interesse collettivo, vi è una pluralità di interessi meritevoli di considerazione da parte dell'ordinamento e che, quindi, si pone l'esigenza di operare un contemperamento fra tali interessi.
  Sulla base di tali premesse, verranno di seguito esaminati gli interventi di modifica delle vigenti disposizioni di legge che si ritiene opportuno effettuare.
  Con riferimento ai reati più gravi contro gli animali, non può trovare applicazione la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, introdotta dal decreto legislativo n. 28 del 2015.
  Il legislatore ha meritoriamente tentato di circoscrivere tale causa di non punibilità, escludendola almeno in parte per i reati commessi in danno di animali. Infatti, è ben vero che, in astratto, tutti i reati del titolo IX-bis rientrerebbero, per cornice edittale, fra quelli per cui sarebbe possibile il proscioglimento in esame, ma, tra le cause ostative alla qualificazione del fatto come «particolarmente tenue», il decreto legislativo n. 28 del 2015 ha indicato le ipotesi in cui «l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie». Tuttavia, la formulazione prescelta (ci si riferisce a quella, appena citata, di cui all’incipit del secondo comma dell'articolo 131-bis del codice penale) è apparsa in qualche caso poco chiara ed è perciò opportuno renderne più netti e rigorosi i contorni.
  Invero, a titolo di esempio, la formulazione della norma sembra escludere il proscioglimento per particolare tenuità nei casi di uccisione o maltrattamento di animali (articoli 544-bis e 544-ter, primo comma, del codice penale) commessi «con [o, meglio, “per”] crudeltà», ma non nei casi in cui i suddetti reati vengano commessi «senza necessità». Ciò ha reso possibile l'applicazione della non punibilità, in relazione alle citate ipotesi di reato, da parte di qualche giudice di merito. La formulazione della norma non ha impedito, ad esempio, il proscioglimento per particolare tenuità del fatto di un edicolante milanese imputato di maltrattamento di animali perché aveva preso a calci, cagionandogli lesioni lievi, un bassotto nano, reo di aver urinato sull'espositore di giornali della sua edicola: una recente sentenza del tribunale di Milano (sentenza 9 aprile 2015, n. 3937) ha riconosciuto il fatto come particolarmente tenue, assolvendo l'edicolante; nella motivazione si legge, tra l'altro, che l'imputato «ha sì posto in essere una condotta lesiva nei confronti del cane della persona offesa, ma non ha utilizzato né armi o altri strumenti di particolare lesività, né modalità tali da far ritenere che la condotta sia stata espressione di un gesto gratuito (...) si è trattato di un gesto condizionato dalle circostanze (...) nell'immediatezza di un comportamento dannoso tenuto dal cane». Secondo il giudice milanese l'azione non sarebbe stata «premeditata», ossia «animata dalla diretta volontà di ledere l'animale» né caratterizzata da «sevizie» o «crudeltà», tanto più che, osserva il giudice, il bassotto non ha «riportato lesioni gravi». Un primo commento si trova in G. ALBERTI, «La particolare tenuità del fatto (art. 131-bis): tre prime applicazioni da parte del Tribunale di Milano», in www.penalecontemporaneo.it. 21 maggio 2015.
  Può, pertanto, ritenersi opportuno precisare che la causa di non punibilità in esame non si applica nei confronti non solo di chi ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà o adoperando sevizie, ma anche nei riguardi di chi ha agito senza necessità o infliggendo strazio, anche in danno di animali (il riferimento sia alle «sevizie» che allo «strazio» è presente in alcune fattispecie di reati contro gli animali: si veda, ad esempio, l'articolo 544-quater, primo comma , del codice penale).
  Al riguardo, si è dell'avviso che, all'articolo 131-bis del codice penale, l'inciso «anche in danno di animali» vada posposto rispetto a tutte le indicazioni descrittive del comportamento escluso dalla particolare tenuità (motivi abietti o futili, aver agito con crudeltà o senza necessità, o adoperando sevizie o infliggendo strazio), in modo che non si creino equivoci circa la riferibilità letterale di tutte le suddette indicazioni descrittive anche al caso in cui il reato sia commesso in danno di animali.
  La legge n. 189 del 2004 ha avuto soprattutto il merito di intervenire in una materia che, in precedenza, era regolata sul piano penale in particolare dall'articolo 727 del codice penale, come sostituito dalla legge n. 473 del 1993: disposizione che prevedeva sanzioni assai poco incisive nei confronti di chi maltrattava gli animali o commetteva in loro danno altre condotte gravi e riprovevoli.
  Peraltro, pur introducendo nuove figure di reato e rendendo le sanzioni penali in materia complessivamente più incisive, la legge n. 189 del 2004 non è andata esente da critiche: innanzitutto essa, come già emerge dalla rubrica del titolo IX-bis del codice penale «Dei delitti contro il sentimento per gli animali»), risente ancora di una concezione «antropocentrica», nel senso che la repressione penale delle condotte ivi sanzionate mira a proteggere non tanto gli animali in sé considerati, quanto il comune sentimento di pietà verso di loro. Durante l’iter parlamentare che condusse all'approvazione della legge il testo licenziato in prima lettura dalla Camera dei deputati – poi modificato fin dal passaggio al Senato – introduceva in realtà un titolo XII-bis dedicato ai «Delitti contro la vita e l'incolumità degli animali» e dava quindi indicazioni per una tutela penale maggiormente centrata sugli animali in quanto tali, ossia come esseri provvisti di sensibilità e di capacità di provare emozioni.
  Va ricordato che nel 2009 è entrato in vigore il Trattato di Lisbona, che all'articolo 13 del nuovo Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, enuncia solennemente il principio della tutela degli animali in quanto esseri senzienti.
  È perciò maggiormente in linea con l'attuale quadro ordinamentale, anche di rango europeo, modificare la denominazione del titolo IX-bis del codice penale, riferendola ai «delitti contro la vita, l'incolumità e la sensibilità degli animali».
  A parte tale aspetto formale, la legge n. 189 del 2004, pur con i suoi meriti, è stata sottoposta da più parti a critiche contenutistiche: ciò in quanto essa, da un lato, prevede in generale sanzioni ancora insufficienti a fornire una risposta adeguata in termini punitivi e tale da corrispondere ad aspettative diffuse nell'opinione pubblica; dall'altro, perché essa presenta alcune criticità e incertezze interpretative con riferimento ad alcuni punti caratterizzanti dei reati ivi previsti.
  Perciò appare opportuno intervenire anche nel merito della legge de qua.
  In primo luogo, si ravvisa la necessità di un innalzamento significativo della cornice edittale dei reati di cui al titolo IX-bis, specie di quelli caratterizzati da maggior disvalore, stabilendo altresì, ove ritenuto opportuno, che le pene pecuniaria e detentiva, oggi spesso previste come alternative fra loro, siano invece congiunte. Ancora, con riferimento ai reati di uccisione e di maltrattamento di animali (di cui ai citati articoli 544-bis e 544-ter), si renderebbe opportuno superare un'annosa questione interpretativa, sostituendo le parole «per crudeltà o senza necessità» con le parole «con crudeltà o senza necessità». Infatti, con riferimento alle condotte poste in essere «per» crudeltà, l'uso di detta espressione da parte del legislatore ha condotto la giurisprudenza a richiedere, per tali ipotesi, la prova del dolo specifico, così come previsto dalla Cassazione che recita: «In materia di delitti contro il sentimento per gli animali, la fattispecie di maltrattamento di animali (art. 544-ter cod. pen.) configura un reato a dolo specifico nel caso in cui la condotta lesiva dell'integrità e della vita dell'animale è tenuta “per crudeltà”, mentre configura un reato a dolo generico quando la condotta è tenuta “senza necessità”» (Cassazione, sezione Terza, n. 44822 del 24 ottobre 2007, deposito 30 novembre 2007, Borgia, Rv. 238455). Ciò naturalmente rende più complesso l'accertamento dell'elemento soggettivo del reato e, soprattutto, può escludere la configurabilità del reato stesso sia nel caso in cui sussista il dolo generico, sia nel caso in cui sia ravvisabile il cosiddetto «dolo eventuale».
  Sempre con riguardo ai reati di cui al titolo IX-bis del libro secondo del codice penale, si avverte l'esigenza di un intervento chiarificatore in riferimento ad alcuni aspetti delle singole disposizioni sanzionatorie.
  Ad esempio, quanto al delitto di maltrattamento di animali di cui all'articolo 544-ter del codice penale, appare opportuno precisare la portata del riferimento alla somministrazione di sostanze stupefacenti o vietate (secondo comma), riferimento che ha dato luogo ad alcune osservazioni critiche e ad alcuni dubbi interpretativi in ordine alle tipologie di sostanze la cui somministrazione integra il reato in esame, essendo fra l'altro ben possibile che gli animali subiscano seri pregiudizi alla salute a seguito della somministrazione di sostanze non catalogate come stupefacenti, né espressamente vietate, ma comunque gravemente dannose. Per questo motivo può essere utile inserire nella disposizione una previsione «di chiusura» che sanzioni il disvalore della condotta in modo più chiaro e preciso, sulla base del criterio della nocività delle sostanze somministrate: la proposta è quindi nel senso di inserire, dopo le parole «sostanze stupefacenti o vietate», le parole «o comunque nocive». La previsione non è priva di utilità in relazione al successivo riferimento della norma alla sottoposizione a «trattamenti» che procurano un danno alla salute degli animali: tale ultima ipotesi, infatti, non è sovrapponibile alla somministrazione agli animali stessi di sostanze nocive, che infatti può avvenire anche occasionalmente e al di fuori di uno specifico «trattamento».
  Con riguardo allo stesso delitto, ma in questo caso al terzo comma dell'articolo 544-ter, pare opportuno sanare quella che si appalesa come un'incongruenza della disposizione e prevedere perciò che la pena sia aggravata se deriva la morte dell'animale dai fatti di cui a entrambi i commi che precedono (e non più solo dai fatti di cui al primo comma).
  Quanto invece all'articolo 544-quater («Spettacoli o manifestazioni vietati»), si è da più parti osservato che la disposizione non prevede alcuna specifica sanzione per coloro i quali partecipino agli spettacoli e alle manifestazioni de quibus. Costoro infatti, anche quando siano consapevoli della natura illecita degli stessi, non necessariamente pongono in essere condotte altrimenti qualificate come criminose; nondimeno, la consapevole partecipazione a siffatte forme illecite di esibizione di animali non è priva di un suo autonomo disvalore, nella misura in cui essa alimenta e incentiva il circuito (anche di carattere lucrativo) in cui si svolgono le manifestazioni e gli spettacoli vietati. In relazione a ciò, è ipotizzabile l'inserimento, dopo il secondo e ultimo comma dell'articolo 544-quater, di un terzo comma, in cui sia prevista la perseguibilità penale di «chiunque partecipa agli spettacoli o alle manifestazioni di cui al primo comma», con la previsione anche in questo caso di una clausola di salvaguardia («Salvo che il fatto costituisca più grave reato») destinata a scattare nel momento in cui la condotta integri un'altra e più grave ipotesi criminosa e con la previsione di una speciale circostanza aggravante per chi partecipa alle scommesse clandestine di cui al secondo comma.
  In un'ottica di maggior rigore sanzionatorio, ma anche per esigenze chiarificatrici in ordine alla collocazione sistematica dell'illecito, si prospetta l'esigenza di introdurre una nuova fattispecie autonoma di delitto (articolo 544-sexies), ossia quella di «Atti sessuali su animali e realizzazione e diffusione di materiale zoopornografico», con la quale vengano punite (in modo adeguatamente severo) le turpi manifestazioni riconducibili alla cosiddetta «zooerastia» e alla zoopornografìa, oggi blandamente sanzionate in base alla norma che punisce il maltrattamento di animali (mentre, ad esempio, nella legislazione francese una specifica disposizione punisce la zooerastia con una pena minima di due anni di reclusione e con una pena pecuniaria di euro 30.000, oltre a varie sanzioni interdittive: art. 521-1 del codice penale francese).
  In sostanza, con la fattispecie incriminatrice in esame verrebbe punito sia chi compie atti sessuali su animali, sia chi realizza, cede a terzi o comunque diffonde riprese, videoriproduzioni, registrazioni o immagini fotografiche di atti sessuali su animali: ciò in quanto si ritiene meritevole di perseguimento, con la previsione di analoghe pene edittali, non solo colui il quale direttamente e personalmente approfitta sessualmente degli animali, ma anche coloro i quali diffondono foto o filmati di tali odiose pratiche, i quali per ciò stesso si rendono corresponsabili delle stesse, in molti casi a fini di lucro.
  Appare infine equo introdurre un'aggravante a effetto speciale per il caso in cui, dalle pratiche sessuali su animali, derivi la morte degli stessi.
  Appare necessario prevedere un diverso e più severo assetto sanzionatorio con particolare riferimento ad alcune delle condotte oggi punite, con blande sanzioni contravvenzionali, dall'articolo 727 del codice penale («Abbandono di animali»).
  In specie, deve considerarsi che nel paradigma della disposizione in esame rientra oggi il fenomeno, tristemente noto, dell'abbandono degli animali da compagnia da parte di chi, avendone il possesso o l'affidamento, non vuole più tenere tali animali presso di sé e li dismette volontariamente, abbandonandoli a se stessi ed esponendo altresì gli stessi a enormi rischi, ai quali si aggiungono in alcuni casi ulteriori pericoli per la vita o l'incolumità delle persone (si pensi al rischio rappresentato per la circolazione dagli animali abbandonati sulla strada). Perciò tali condotte devono essere punite, a titolo di dolo, introducendo un'ulteriore disposizione sanzionatoria all'interno del titolo IX-bis (l'articolo 544-septies), modulata secondo lo schema previsto dall'articolo 591 del codice penale per l'abbandono di persone minori o incapaci, prevedendo circostanze aggravanti per il caso di lesioni e di morte dell'animale abbandonato, nonché previsioni sanzionatorie autonome e aggiuntive per il conseguente verificarsi di pericoli per l'incolumità delle persone, o di lesioni o morte di una o più persone. Riguardo a queste ultime ipotesi si introduce una previsione sanzionatoria specifica che va a cumularsi con quelle previste per gli altri reati configurabili e derivanti dalla medesima condotta criminosa in esame (ad esempio, lesioni colpose, omicidio colposo ed eventuali reati contro la pubblica incolumità). A tal fine si ritiene opportuno prevedere espressamente l'inserimento della clausola «fatta salva l'applicazione delle sanzioni previste da altre disposizioni di legge»: clausola che non si pone in contrasto con il principio enunciato dall'articolo 84 del codice penale («Reato complesso»), atteso che l'abbandono volontario degli animali costituirebbe un fatto distinto e diverso sia rispetto all'eventuale condizione di pericolo cagionata dalla condotta, sia rispetto ad eventuali eventi lesivi o mortali a carico di persone.
  Nella stessa ottica, per ragioni di coordinamento, si interviene anche sull'articolo 672 del codice penale («Omessa custodia e mal governo di animali»): infatti tale illecito, attualmente punito solo con una sanzione amministrativa, è legato alla creazione di un pericolo per la pubblica incolumità e, nella sua materialità, finirebbe per coincidere con alcune delle fattispecie che si propone di inserire nell'articolo 544-septies. Perciò, onde evitare in radice problemi interpretativi, sembra importante limitare espressamente l'ambito di applicazione dell'articolo 672 alle sole ipotesi colpose (mentre quelle dolose ricadrebbero nell'articolo 544-septies) e inoltre, per una questione di coerenza logica con l'approccio che si è fin qui seguito, appare opportuno riportare le condotte descritte nell'articolo 672 nell'area dell'illecito penale, prevedendo sanzioni commisurate al disvalore del fatto.
  Quanto invece alle altre condotte oggi punite dall'articolo 727 del codice penale, si ritiene necessario intervenire sui comportamenti – non necessariamente volontari – in cui l'animale è lasciato in condizioni di abbandono o di non accudimento, comunque incompatibili con la loro natura (ad esempio dimenticando gli animali all'interno di autovetture o di luoghi insalubri, o la tenuta degli stessi in condizioni critiche), prevedendo anche in questo caso un innalzamento delle pene nel caso in cui da ciò conseguano lesioni a carico dell'animale, oppure la sua morte. È parimenti necessario prevedere espressamente che tali condotte, oltre a essere sanzionate con maggiore severità (e con la previsione di pene pecuniaria e detentiva congiunte, in modo da rendere il reato non suscettibile di oblazione), siano punite con ancor maggiore rigore qualora in concreto esse integrino comportamenti criminosi costituenti più grave reato (il che rende opportuna l'introduzione di un'apposita clausola di salvaguardia).
  Allo scopo di dirimere un annoso problema interpretativo, risulta inoltre indispensabile collegare alle fattispecie in esame (ossia gli articoli 544-septies e 727 del codice penale) il trattamento sanzionatorio dell'ipotesi di cui all'articolo 5, comma 1, della legge n. 281 del 1991, relativa all'abbandono di cani, gatti e altri animali custoditi in un'abitazione: ipotesi che, attualmente, è punita a titolo di sanzione amministrativa, con la conseguenza che solo arditi sforzi interpretativi potrebbero consentire la punibilità dell'abbandono di cani o gatti con sanzioni penali. Infatti, sul piano tecnico, il principio di specialità di cui all'articolo 9 della legge n. 689 del 1981, combinato con l'ulteriore principio lex prior specialis derogat posteriori generali, imporrebbe oggi di adottare la (troppo mite) soluzione di applicare le sole sanzioni amministrative.
  Con riferimento alle condotte residue che risulterebbero ricadenti nell'articolo 727, si ritiene utile aderire alle indicazioni dottrinarie ed eliminare la necessità che, per la sussistenza del reato, la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura debba essere altresì produttiva di gravi sofferenze a loro carico: ciò sia perché tale ulteriore previsione appare pleonastica nella generalità dei casi (atteso che gli animali detenuti in condizioni incompatibili con le loro caratteristiche etologiche sono eo ipso vittime di gravi sofferenze), sia perché la ricorrenza di tale ultimo elemento, a parte le possibili difficoltà di accertamento in alcuni casi, offre margini di eccessiva latitudine interpretativa scarsamente compatibili con la materia penale.
  Per quanto concerne la confisca e le pene accessorie, attualmente la confisca obbligatoria dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato, è prevista dall'articolo 544-sexies per tutti i delitti di cui al titolo IX-bis del libro secondo del codice penale.
  In relazione alla proposta di inserimento delle due ulteriori fattispecie di reato (atti sessuali su animali di cui al nuovo testo dell'articolo 544-sexies e abbandono volontario di animali di cui all'articolo 544-septies), la previsione della confisca obbligatoria viene collocata in una nuova disposizione (l'articolo 544-octies) e riguarda anche i nuovi reati di cui si propone l'inserimento agli articoli 544-sexies e 544-septies.
  Alcuni degli aspetti «critici» dell'attuale legislazione penale a tutela degli animali derivano dal rapporto tra alcune fattispecie contravvenzionali inserite nel codice penale e alcune tra le numerose leggi speciali che tutelano gli animali in relazione ad attività nelle quali essi sono impiegati o coinvolti.
  Talvolta, infatti, vi sono elementi di confusione interpretativa, dovuti sia alla formulazione letterale di talune disposizioni, sia alla sovrapponibilità tra alcune ipotesi di reato e altre previste da diverse disposizioni di legge.
  Ad esempio, l'articolo 727-bis, primo comma, del codice penale punisce – salvo che il fatto costituisca più grave reato – chiunque, fuori dei casi consentiti, uccide, cattura o detiene esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta, ma tale previsione sanzionatoria non si applica nei casi in cui l'azione riguardi una «quantità trascurabile» di tali esemplari e abbia un «impatto trascurabile» sullo stato di conservazione della specie.
  Va considerata, da un lato, l'importanza della clausola di salvaguardia («Salvo che il fatto costituisca più grave reato»), in quanto l'uccisione di animali (di qualsiasi animale) è già punita ben più severamente, se posta in essere «per crudeltà o senza necessità», dall'articolo 544-bis del codice penale; cosicché, in base alla normativa appena richiamata, l'uccisione e l'abbattimento di animali appartenenti a specie protette sono in ogni caso soggetti a sanzione penale se posti in essere fuori dei casi consentiti (ossia anche in violazione delle disposizioni vigenti in tema di caccia), anche se commessi in modo colposo (trattandosi di contravvenzioni) e indipendentemente dall'aver agito per crudeltà o senza necessità.
  Il problema è che quanto alle condotte (di uccisione, cattura o detenzione) descritte dall'articolo 727-bis, primo comma, del codice penale e dall'articolo 30 della legge n. 157 del 1992 sulla caccia si registrano diverse ipotesi sovrapponibili fra loro, con conseguente opacità della norma applicabile in ciascuna fattispecie concreta, almeno nel caso in cui non scatti la clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 727-bis: infatti, numerose ipotesi contenute nell'articolo 30 puniscono a loro volta l'abbattimento, la cattura o la detenzione di esemplari di diverse specie protette, con pene in alcuni casi più elevate (nel qual caso scatterebbe la clausola di salvaguardia di cui si è detto), in altri meno elevate (nell'attuale testo dell'articolo 30, per chi abbatte, cattura o detiene le specie ivi contemplate sono previste le seguenti sanzioni: l'arresto da due a otto mesi o l'ammenda da lire 1.500.000 a lire 4.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene mammiferi o uccelli compresi nell'elenco di cui all'articolo 2 della legge; l'arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda da lire 2.000.000 a lire 12.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso, stambecco, camoscio d'Abruzzo, muflone sardo; l'arresto fino ad un anno o l'ammenda da lire 1.500.000 a lire 4.000.000 per chi esercita l'uccellagione; l'ammenda fino a lire 6.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale alpina, non contemplati nella lettera b) del comma 1 dello stesso articolo 30, della quale sia vietato l'abbattimento; l'ammenda fino a lire 3.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita o fringillidi in numero superiore a cinque o per chi esercita la caccia con mezzi vietati, l'arresto da due a sei mesi o l'ammenda da lire 1.000.000 a lire 4.000.000 per chi pone in commercio o detiene a tal fine fauna selvatica in violazione della stessa legge. Se il fatto riguarda la fauna di cui alle lettere b), c) e g) del comma 1 dell'articolo 30, le pene sono raddoppiate. Va ricordato che i reati di cui alla legge n. 157 del 1992 puniti con la sola ammenda sono stati esclusi dalla depenalizzazione prevista dal recente decreto legislativo n. 8 del 2016).
  Va sottolineato che la questione che qui si esamina non pone in discussione l'esercizio della caccia (nella consapevolezza della diffusa attenzione sociale verso tale attività sportiva, sia da parte dei cacciatori, sia da parte di tutti gli altri soggetti interessati all'attività venatoria), ma si riferisce esclusivamente alle ipotesi di reato già previste dalla legge n. 157 del 1992, in particolare quelle che sanzionano l'abbattimento, la cattura o la detenzione di esemplari di alcune specie protette ivi espressamente indicate.
  Un inasprimento sanzionatorio appare inoltre necessario con riferimento al reato di cui all'articolo 4 della legge n. 201 del 2010, che punisce, con sanzioni attualmente assai miti in relazione alla gravità delle condotte, il traffico illecito di animali da compagnia; al riguardo, sulla scia di voci critiche che si sono levate sul punto, pare altresì opportuno estendere l'area di punibilità a tutti gli animali indicati nell'allegato I del regolamento (UE) n. 576/2013 (attualmente infatti la disposizione sanzionatoria esclude gli animali diversi dai cani e dai gatti).
  Si evidenzia inoltre l'opportunità di prevedere che, per le condotte di cui all'articolo 2, commi 2 e 2-bis, della legge n. 189 del 2004 (utilizzo di cani o gatti per il confezionamento di pelli, pellicce, eccetera e commercializzazione di prodotti derivati dalla foca: disposizioni modificate dal decreto legislativo n. 47 del 2010 e dalla legge comunitaria n. 96 del 2010), le pene pecuniaria e detentiva non siano più alternative fra loro, ma siano previste come pene congiunte, in modo da eliminare la possibilità di una comoda oblazione.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. All'articolo 131-bis, secondo comma, del codice penale, le parole: «o ha adoperato sevizie» sono sostituite dalle seguenti: «o senza necessità o adoperando sevizie o infliggendo strazio, anche in danno di animali».

Art. 2.

  1. La rubrica del titolo IX-bis del libro secondo del codice penale è sostituita dalla seguente: «Dei delitti contro la vita, l'incolumità e la sensibilità degli animali».

Art. 3.

  1. All'articolo 544-bis del codice penale, le parole: «per crudeltà» sono sostitute dalle seguenti: «con crudeltà» e le parole: «da quattro mesi a due anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni».

Art. 4.

  1. All'articolo 544-ter del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al primo comma, le parole: «per crudeltà» sono sostituite dalle seguenti: «con crudeltà» e le parole: «da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a quattro anni e con la multa da 8.000 a 40.000 euro»;

   b) al terzo comma, le parole: «al primo comma» sono sostituite dalle seguenti: «ai commi primo e secondo».

Art. 5.

  1. All'articolo 544-quater del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al primo comma, le parole: «da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a quattro anni e con la multa da 8.000 a 40.000 euro»;

   b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

   «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque partecipa agli spettacoli o alle manifestazioni di cui al primo comma è punito con la reclusione fino a sei mesi e con la multa da 2.000 a 10.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà nei confronti di chi partecipa alle scommesse clandestine di cui al secondo comma».

Art. 6.

  1. All'articolo 544-quinquies del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al primo comma, le parole: «da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sette anni e con la multa da 60.000 a 180.000 euro»;

   b) al terzo comma, le parole: «da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a quattro anni e con la multa da 8.000 a 40.000 euro»;

   c) al quarto comma, le parole: «o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «organizza scommesse sui combattimenti o sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 20.000 a 60.000 euro»;

   d) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

   «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 6.000 a 30.000 euro».

Art. 7.

  1. L'articolo 544-sexies del codice penale è sostituito dal seguente:

   «Art. 544-sexies – (Atti sessuali su animali e realizzazione e diffusione di materiale zoopornografico) – Chiunque compie atti sessuali di qualunque tipo nei confronti di animali è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 10.000 a 40.000 euro. Alla stessa pena soggiace chi realizza, cede a terzi o comunque diffonde riprese, videoproduzioni, registrazioni o immagini fotografiche di atti sessuali con animali.
   La pena è aumentata da un terzo alla metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale».

Art. 8.

  1. Al titolo IX-bis del libro secondo del codice penale, dopo l'articolo 544-sexies sono aggiunti i seguenti:

   «Art. 544-septies – (Abbandono volontario di animali) – Chiunque abbandona un animale domestico o che abbia acquisito abitudini della cattività, del quale abbia la custodia o debba avere la cura, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno.
   La pena è aumentata fino alla metà se dal fatto derivano lesioni all'integrità fisica dell'animale ed è raddoppiata se ne deriva la morte.
   La pena è aumentata dei due terzi, fatta salva l'applicazione delle sanzioni previste da altre disposizioni di legge, se dal fatto derivano pericoli per l'incolumità delle persone.
   Si applica la reclusione da uno a tre anni, fatta salva l'applicazione delle sanzioni previste da altre disposizioni di legge, se dal fatto derivano lesioni a carico di una o più persone.
   La pena è della reclusione da due a cinque anni se dal fatto deriva la morte di una o più persone.
   Art. 544-octies – (Confisca e pene accessorie) – Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544-ter, 544-quater, 544-quinquies, 544-sexies e 544-septies è sempre ordinata la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato. È altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l'interdizione dall'esercizio delle medesime attività».

Art. 9.

  1. All'articolo 672 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al primo comma, le parole: «con la sanzione amministrativa da euro 25 a euro 258» sono sostituite dalle seguenti: «con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a euro 2.000»;

   b) al secondo comma, numero 1), dopo la parola: «aperti,» sono inserite le seguenti: «per colpa,».

Art. 10.

  1. L'articolo 727 del codice penale è sostituito dal seguente:

   «Art. 727 – (Altri casi di abbandono di animali) – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque lascia, pone o detiene in stato di abbandono animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività o detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura è punito con l'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da 3.000 a 12.000 euro.
   La pena è aumentata fino alla metà se dal fatto derivano lesioni a carico dell'animale ed è raddoppiata se ne deriva la morte».

Art. 11.

  1. All'articolo 727-bis, primo comma, del codice penale, le parole: «o con l'ammenda» sono sostituite dalle seguenti: «e con l'ammenda».

Art. 12.

  1. All'articolo 19-ter delle disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale, di cui al regio decreto 28 maggio 1931, n. 601, le parole: «ai casi previsti dalle» sono sostituite dalle seguenti: «nel caso di condotte poste in essere nel rispetto delle», le parole: «dalle altre» sono sostituite dalle seguenti: «delle altre» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, a condizione che nel provvedimento autorizzativo sia prevista l'adozione di specifiche misure idonee a impedire che si verifichino danni alla vita o all'incolumità degli animali e che tali misure siano in concreto adottate».

Art. 13.

  1. Il comma 1 dell'articolo 5 della legge 14 agosto 1991, n. 281, è sostituito dal seguente:

   «1. A chiunque abbandona cani, gatti o qualsiasi altro animale custodito nella propria abitazione si applicano le pene rispettivamente previste, per le corrispondenti fattispecie, dall'articolo 544-septies e dall'articolo 727 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato».

Art. 14.

  1. All'articolo 2, commi 2 e 2-bis, della legge 20 luglio 2004, n. 189, le parole: «o con l'ammenda» sono sostituite dalle seguenti: «e con l'ammenda».

Art. 15.

  1. All'articolo 4 della legge 4 novembre 2010, n. 201, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, le parole: «di cui all'allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'allegato I del regolamento (UE) n. 576/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013» e le parole: «con la reclusione da tre mesi a un anno e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 20.000 a euro 60.000»;

   b) al comma 2, le parole: «di cui all'allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'allegato I del regolamento (UE) n. 576/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013».

Art. 16.

  1. All'articolo 30, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) alla lettera a), le parole: «da lire 1.800.000 a lire 5.000.000 (euro 929 a euro 2.582)» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 1.000 a euro 3.000»;

   b) alla lettera b), le parole: «l'arresto da due a otto mesi o l'ammenda da lire 1.500.000 a lire 4.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «l'arresto da tre a nove mesi e l'ammenda da euro 2.000 a euro 6.000»;

   c) alla lettera c), le parole: «l'arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda da lire 2.000.000 a lire 12.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «l'arresto da sei mesi ad un anno e l'ammenda da euro 3.000 a euro 12.000»;

   d) alla lettera d), le parole: «l'ammenda da lire 900.000 a lire 3.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «l'ammenda da euro 800 a euro 2.000»;

   e) alla lettera e), le parole «l'arresto fino ad un anno o l'ammenda da lire 1.500.000 a lire 4.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «l'arresto da sei mesi ad un anno e l'ammenda da euro 2.000 a euro 6.000»;

   f) alla lettera f), le parole: «l'ammenda fino a lire 1.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «l'ammenda fino a euro 1.000»;

   g) la lettera g) è sostituita dalla seguente:

   «g) l'arresto da tre a nove mesi e l'ammenda da euro 1.000 a euro 6.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale alpina, non contemplati nella lettera b), della quale sia vietato l'abbattimento;»;

   h) la lettera h) è sostituita dalla seguente:

   «h) l'arresto da due a otto mesi e l'ammenda da euro 1.000 a euro 5.000 per chi abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita o fringillidi in numero superiore a cinque o per chi esercita la caccia con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita la caccia con l'ausilio di richiami vietati di cui all'articolo 21, comma 1, lettera r). Nel caso di tale infrazione si applica altresì la misura della confisca dei richiami;»;

   i) alla lettera i), le parole: «o l'ammenda fino a lire 4.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «o l'ammenda fino a euro 3.000»;

   l) alla lettera l), le parole: «o l'ammenda da lire 1.000.000 a lire 4.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «o l'ammenda da euro 1.000 a euro 3.000».