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Atto a cui si riferisce:
C.4/01234 (4-01234)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Sabato 29 dicembre 2018
nell'allegato B della seduta n. 105
4-01234
presentata da
BILLI Simone

  Risposta. — La normativa comunitaria relativa al diritto dei cittadini dell'Unione europea, e dei loro familiari, di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – direttiva 2004/38/CE – prevede in linea generale la possibilità di revocare il permesso di soggiorno ai cittadini di un altro Stato membro che diventino un onere eccessivo per lo Stato membro ospitante. Essa dispone tuttavia un articolato sistema di garanzie, che tiene conto, tra l'altro, dei seguenti elementi; la durata del soggiorno; la minore età; la circostanza che il cittadino interessato abbia un lavoro o disponga comunque di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione sanitaria.
  Inoltre, il cittadino comunitario che abbia cessato di essere un lavoratore subordinato o autonomo conserva il diritto di soggiorno se si trova in uno stato di disoccupazione involontaria dopo aver esercitato un'attività per oltre un anno, e si è registrato presso l'ufficio di collocamento competente al fine di trovare un lavoro; nel caso di disoccupazione volontaria al termine di un'attività di lavoro di durata inferiore a un anno conserva tale diritto per un periodo di almeno sei mesi, ugualmente registrandosi presso l'ufficio di collocamento competente.
  In aggiunta la direttiva prevede che il ricorso da parte di un cittadino dell'Unione europea o dei suoi familiari al sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospite non dà luogo automaticamente ad un provvedimento di allontanamento, che può essere adottato per ragioni di pubblica sicurezza, ordine pubblico o sanità pubblica, fatte salve le previste garanzie procedurali e giudiziali.
  La normativa tedesca di trasposizione della direttiva 2004/38/CE (Freizügigkeitsgesetz, da ultimo novellata nel 2017) prevede requisiti di soggiorno per i cittadini comunitari in linea con la richiamata normativa, riconoscendo il diritto a soggiornare anche per coloro che sono in cerca di lavoro, fino ad un massimo di sei mesi o per un tempo più lungo nel caso possano dimostrare di aver continuato a cercare lavoro e di avere fondate prospettive di assunzione. Si prevede inoltre che, in mancanza di tale requisito, abbia diritto a risiedere in Germania il cittadino comunitario che disponga di risorse sufficienti al proprio mantenimento e di un'assicurazione sanitaria.
  Anche la normativa di recepimento italiana (decreto legislativo n. 30 del 2007) lega il diritto al soggiorno allo svolgimento di un'attività lavorativa o alla disponibilità di risorse economiche sufficienti al sostentamento. Analogamente è prevista la conservazione del diritto al soggiorno in caso di disoccupazione involontaria, se il cittadino comunitario si iscrive a un centro per l'impiego e sottoscrive una dichiarazione di disponibilità immediata allo svolgimento di un'attività lavorativa.
   Non sono stati fino ad oggi segnalati agli uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in Germania casi di discriminazione in evidente contrasto con la normativa europea nei confronti dei cittadini italiani da parte delle competenti Autorità tedesche, per quel che concerne il tema della libertà di circolazione. Negli ultimi anni, tuttavia, alcuni connazionali si sono rivolti ai Consolati di riferimento segnalando di aver ricevuto da parte delle Ausländerbehörde (Uffici per gli stranieri) dei rispettivi comuni di residenza una lettera con la quale venivano loro richieste informazioni volte ad accertare il possesso dei requisiti necessari per poter godere dei diritti derivanti dalla direttiva 2004/38/Ce. Peraltro, negli specifici casi in questione, le autorità tedesche si limitavano in realtà ad applicare la richiamata normativa tedesca. In tutti i casi finora segnalati alla rete consolare, i connazionali che hanno ricevuto le comunicazioni in parola dalle Ausländerbehörde si erano precedentemente rivolti alle competenti autorità tedesche (Jobcenter) per ottenere un sussidio per il proprio sostentamento; si è quindi accertato che è stato lo stesso Jobcenter a segnalare i casi agli uffici comunali, perché verificassero il possesso da parte del connazionale coinvolto di uno dei sopra citati requisiti. Il Jobcenter sospettava infatti che il connazionale, avendo richiesto il sussidio, non fosse in possesso di risorse economiche sufficienti. Si nota che tali verifiche, pur essendo previste dalla direttiva 2004/38/CE (articolo 14, paragrafo 2), non possono tuttavia assumere carattere sistematico.
   A tal proposito, pur non avendo riscontrato episodi di discriminazione in contrasto con la normativa europea nei confronti di cittadini italiani, la nostra Ambasciata ha avuto modo di segnalare la questione al Ministero federale dell'interno già nel 2017, ricevendo assicurazioni circa la massima attenzione del governo tedesco sulla necessità di evitare abusi o applicazioni eccessivamente restrittive della normativa locale, che possano arrecare detrimento di cittadini italiani. Il dicastero ha anche offerto assistenza per risolvere eventuali criticità che si dovessero registrare a livello locale, nei rapporti con le Autorità comunali.
  Al di là degli aspetti tecnici della vicenda, il fenomeno del cosiddetto «Welfare tourism» è questione di particolare sensibilità nei Paesi che ne sono maggiormente toccati, come dimostra il caso del Regno Unito, dove esso ha fortemente influenzato l'esito del referendum sull'uscita dall'Unione europea. Anche se in tale contesto resta il dato di fatto che in Germania, che pure è tra i Paesi europei più esposti, i casi di accertamento dei requisiti di soggiorno nei confronti di cittadini italiani sono stati finora relativamente poco frequenti, né risultano casi di esecuzione di rimpatri dei nostri cittadini.
  Tuttavia non si può escludere che quanto segnalato dall'interrogante costituisca un comportamento scorretto di qualche amministrazione locale che esercita pressioni indebite sui nostri connazionali disoccupati di lunga durata spingendoli a rientrare in Italia. Tale comportamento violerebbe palesemente la normativa comunitaria che limita il diritto di espulsione a casi estremi. Qualora il cittadino dovesse subire tali intimazioni potrà denunciare il comportamento direttamente alla Commissione europea, al Parlamento europeo o anche alle autorità diplomatiche e consolari italiane che potranno intervenire presso le autorità tedesche. Nel caso di persistenza di tali comportamenti la Commissione europea potrà sollevare innanzi alla Corte di giustizia il caso per una decisione giudiziaria.
  Si ritiene utile citare al riguardo la giurisprudenza della Corte di giustizia che nell'affermare che le deroghe al principio di libera circolazione delle persone debbano essere generalmente interpretate in senso restrittivo, ha più volte avuto modo di chiarire che eventuali provvedimenti di allontanamento debbano essere comunque adottati nel rispetto del principio di personalità, del principio di attualità e gravità del pericolo, nonché del principio di proporzionalità tra l'intensità del pregiudizio che può discendere dalla permanenza della persona nello Stato membro ospitante e il livello di integrazione della medesima persona nello Stato.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.