Testo MOZIONE
Atto a cui si riferisce:
C.1/00101 premesso che:
in Campania come nel resto del Paese bisogna puntare a un corretto ciclo di gestione dei rifiuti, fatto di riduzione, riuso, recupero e riciclo, e...
Atto Camera
Mozione 1-00101presentato daMURONI Rossellatesto diMartedì 18 dicembre 2018, seduta n. 102
La Camera,
premesso che:
in Campania come nel resto del Paese bisogna puntare a un corretto ciclo di gestione dei rifiuti, fatto di riduzione, riuso, recupero e riciclo, e lavorare per l'economia circolare come chiede l'Europa. Per tradurre in numeri la Commissione europea stima, ad esempio, che dall'applicazione del pacchetto sull'economia circolare arriveranno 580 mila nuovi posti di lavoro;
un'economia che si basa su riciclo e riutilizzo dei materiali, che spinge sulle filiere industriali innovative, ha bisogno di regole chiare e controlli ed è capace di allontanare il Paese dalle emergenze e di stroncare sul nascere gli appetiti della criminalità organizzata;
in Campania, stando agli ultimi dati di Ispra, nel 2016 si sono prodotte 2,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di cui il 52 per cento raccolte in maniera differenziata. Dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata oltre la metà è costituita da organico: 708 mila tonnellate di cui solo il 9 per cento viene trattato nei sei impianti situati sul territorio regionale e attivi nel 2016. Tutto il resto viene portato fuori regione;
per quanto riguarda l'indifferenziato questo è pari a 1.272.797 tonnellate, che passando per gli Stir hanno prodotto 981.716 tonnellate di frazione secca idonea all'incenerimento e 201.432 tonnellate di frazione organica fuori specifica destinata essenzialmente alla collocazione in discarica;
per quanto riguarda la raccolta differenziata in Campania la media è circa il 52 per cento, lontana dal target europeo al 2012 del 65 per cento. Però ci sono punte di eccellenza, come i 26 comuni campani «rifiuti free» censiti da Legambiente. Si tratta di comuni dove la raccolta differenziata funziona correttamente e dove ogni cittadino produce, al massimo, 75 chili all'anno di rifiuti indifferenziati. A dimostrazione che la corretta gestione dei rifiuti è possibile anche in Campania. Casomai il problema è che la regione Campania riesce a trattare solo 100 mila tonnellate di umido sulle 500 mila prodotte e il resto va fuori, a vantaggio dei trasportatori;
Tortorella (Sa), Domicella (Av), Apice (Bn), Baronissi (Sa), Vico Equense (Na), Pozzuoli (Na), sono i comuni vincitori nelle sei categorie per numero di abitanti. Tra i capoluoghi di provincia solo Benevento con il 66 per cento di raccolta differenziata supera la quota del 65 per cento; seguono Salerno con 61 per cento e Caserta con il 52 per cento. Chiudono Napoli e Avellino con rispettivamente 34 per cento e con 31 per cento di raccolta differenziata (dati «Comuni Ricicloni 2018» di Legambiente;
sarebbe una grave colpa rendere vane le tante esperienze virtuose di cittadini ed enti locali che, nonostante tutto, continuano a esistere e resistere. Così come è fondamentale estendere nel più breve tempo possibile la raccolta domiciliare a tutta la città di Napoli;
a quasi tre anni dall'approvazione della legge regionale della Campania n. 14 del 2016, è urgente e necessario che la regione, affiancando i comuni nella costruzione degli impianti per l'organico differenziato, governi e indirizzi il processo per completare, rafforzare e rendere sostenibile un ciclo dei rifiuti che da incompleto risulta essere ancora ostaggio di un'eterna «emergenza» sempre dietro l'angolo;
questi numeri dicono con chiarezza che si tratta di una quantità tale da non giustificare la realizzazione di ben quattro ulteriori inceneritori come ha proposto il Ministro dell'interno e che non esiste nemmeno la necessità di un solo ulteriore impianto per la combustione dei rifiuti, in quanto implicherebbe di fatto ammettere che la percentuale di raccolta differenziata in prospettiva non incrementi e allo stesso tempo avallare il mancato rispetto del target, di raccolta differenziata al 65 per cento al 2012; paradossalmente si dovrebbe dunque vietare l'incremento della raccolta differenziata, un'eventualità a dir poco preoccupante;
in Campania è presente il solo impianto di Acerra che ha trattato 725.825 tonnellate delle complessive 981.716, ne sono rimaste 255.891;
bisogna ricordare che l'inceneritore di Acerra produce rifiuti speciali, 152.423 tonnellate anno tra ceneri e fumi, in parte pericolosi; anche in tal senso è dunque tutt'altro che una panacea la ricetta del Ministro dell'interno;
un'altra questione importante è che l'impianto per la combustione dei rifiuti di Acerra ha una taglia decisamente grande, tant'è che ci sono regioni dove insistono numerosi inceneritori ma che cumulativamente non raggiungono la taglia di quello di Acerra;
la regione Campania, nell'ambito delle proprie competenze: elabora, approva ed aggiorna il piano regionale di bonifica delle aree inquinate; detiene le banche dati dell'anagrafe e dei censimenti dei siti potenzialmente contaminati; comunica al comune competente per territorio l'inserimento di un sito nell'anagrafe. Può concedere contributi sino al cento per cento del costo complessivo a favore di soggetti pubblici che attuano interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale di aree pubbliche, o soggette ad uso pubblico, individuate nel piano regionale di bonifica;
inoltre, convoca la conferenza di servizi nel cui ambito riceve, approva ed autorizza il piano di caratterizzazione, il documento di analisi di rischio, il piano di monitoraggio, gli esiti del monitoraggio ed il progetto operativo di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente;
la giunta regionale della Campania, con propria deliberazione, ha adottato il piano regionale di bonifica che è stato quindi approvato con delibera amministrativa n. 777 del 25 ottobre 2013 dal consiglio regionale. Con la legge regionale n. 14 del 2016 sono stati disciplinati i contenuti del piano regionale per la bonifica delle aree inquinate e stabilito che gli aggiornamenti e le modifiche non sostanziali del piano ovvero quelle necessarie per l'adeguamento a sopravvenute disposizioni legislative statali immediatamente operative siano approvate con delibera di giunta regionale;
con deliberazione di giunta regionale della Campania n. 417 del 27 luglio 2016 la direzione generale per l'ambiente e l'ecosistema è stata incaricata di predisporre una proposta di aggiornamento del piano regionale di bonifica;
la regione Campania ha intrapreso la giusta strada, ma deve essere più incisiva, accompagnando i processi, coordinando le iniziative e mettendo in campo strumenti efficaci per la loro realizzazione. Su questo il Governo dovrebbe essere d'aiuto attraverso lo stanziamento di fondi e personale qualificato;
l'alternativa è lo scenario attuale che vede l'organico differenziato raccolto andare negli impianti del Nord. Con costi di trasporto che i comuni, e in particolare quelli virtuosi, non riescono più a sopportare e con il rischio di rallentare o fermare la raccolta differenziata con inevitabili conseguenze nella quantità e qualità;
un discorso a parte deve essere fatto sulle azioni previste dal protocollo d'intesa per un'azione urgente nella Terra dei fuochi, firmato il 19 novembre 2019, presso la prefettura di Caserta dal Presidente del Consigli e sottoscritto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministro del lavoro e dello sviluppo economico, dal Ministro dell'interno, dal Ministro della giustizia, dal Ministro della difesa, dal Ministro per il Sud, dal competente Sottosegretario per la salute, dal Presidente della regione Campania e dai prefetti di Napoli e Caserta;
questo protocollo non è sufficiente per contrastare il fenomeno degli incendi di rifiuti produttivi all'aria aperta che, nella provincia di Napoli e Caserta, provocano danni all'ambiente e alla salute dei cittadini;
ad esempio, la militarizzazione dei siti di stoccaggio o l'utilizzo dei droni, non sono sufficienti. Per altro si tratta di misure non nuove, già adottate in precedenza come nel caso del presidio militare al centro, in passato, di roventi polemiche. Occorre in primis intensificare le attività di intelligence e di controllo in tutta la Terra dei fuochi anche per fermare questa escalation di roghi sospetti negli impianti e pensare al risanamento ambientale di questo territorio, utilizzando i delitti ambientali previsti dalla legge n. 68 del 2015;
i numeri dell’«ecocidio» in atto nella Terra dei fuochi, dal 1991 al 2013 forniti da Legambiente parlano di ben 82 inchieste per traffico di rifiuti che hanno incanalato veleni da ogni parte d'Italia per essere seppelliti direttamente nelle discariche legali e illegali della Terra dei fuochi, gestite della criminalità organizzata casertana e napoletana;
si tratta di inchieste concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.806 denunce, che hanno coinvolto ben 443 aziende: la stragrande maggioranza di queste ultime con sede sociale al centro e al nord Italia. Una vera invasione di veleni dal Centro-nord alla Terra dei Fuochi, assegnando alla Campania, un tempo felix, il ruolo, certo non voluto, di «pattumiera d'Italia»;
in questo ventennio, lungo le rotte dei traffici illeciti, è viaggiato di tutto: scorie derivanti dalla metallurgia termica dell'alluminio, polveri di abbattimento fumi, morchia di verniciatura, reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, amianto, terre inquinate provenienti da attività di bonifica. E ancora rifiuti prodotti da società o impianti, noti nel panorama nazionale, come quelli di petrolchimici storici del nostro Paese: i veleni dell'Acna di Cengio, i residui dell'ex Enichem di Priolo, i fanghi conciari della zona di Santa Croce;
oltre a tutto questo c'è l'annosa, e mai risolta definitivamente, questione delle ecoballe da smaltire in Campania e la questione dello smaltimento dei fanghi di depurazione, una vera e propria piaga ambientale;
in Campania sono circa 350 mila le tonnellate di fanghi da depurare ogni anno provenienti dagli impianti presenti in regione. Il prezzo medio per lo smaltimento si aggira intorno ai 145 euro a tonnellata, portando quindi il giro d'affari legale a 50 milioni di euro all'anno a carico dei vari enti, da quello regionale a quello locale. Tonnellate di rifiuti speciali che oggi vengono trasportate in Puglia o in Sicilia vista l'assenza in Campania di discariche e di impianti di trattamento adeguati. Uno scenario questo che stimola gli appetiti illeciti di imprenditori senza scrupoli a danno del territorio e dell'ambiente;
lo smaltimento dei fanghi di depurazione non è certo un'emergenza. Da almeno trent'anni gli addetti ai lavori, amministratori locali e regionali, conoscono bene l'entità delle quantità da smaltire, che è destinata crescere in maniera proporzionale alla qualità della depurazione. Semplicemente si è sempre fatto finta di nulla, senza voler affrontare la questione in maniera sistematica e strutturale, adeguando gli impianti stessi per il trattamento in loco dei fanghi. I residui potrebbero essere disidratati e inertizzati, producendo energia da fonte rinnovabile o riutilizzati, laddove compatibili, anche in agricoltura. Così come avviene per la frazione organica dell'umido, anche per i fanghi da depurazione si preferiscono movimentazioni e smaltimenti in località remote;
degli oltre 1,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani indifferenziati prodotti in Campania nel 2018 circa 70 mila tonnellate sono rimaste stoccate negli impianti Stir, intasandoli, e se a questi si aggiungono le oltre 60 mila tonnellate prodotte nel 2018 si può affermare che tale fenomeno sta assumendo dimensione davvero importante e pericolosa;
si considera inoltre che è di questi giorni la notizia dell'apertura di nuove discariche. Tali sono, anche se denominate diversamente come sta avvenendo nella Valle del Sele, non solo con conseguenze sulla salute dei cittadini ma anche con un serio pericolo per i due volani dell'economia, il turismo e l'agroalimentare;
si registra la ripresa del drammatico fenomeno degli incendi, come è avvenuto ad esempio, a luglio 2018 nella Terra dei fuochi, dove le fiamme sono divampate nella zona industriale di Caivano (Napoli), nella ditta «Di Gennaro» che si occupa di recupero di rifiuti, dove sono bruciate decine di balle di carte e plastica che erano stoccate nel piazzale;
tutto questo dice, se ce ne fosse ancora bisogno, che in Campania permane la debolezza della governance del ciclo integrato dei rifiuti, ma anche che non servono nuovi impianti per la combustione dei rifiuti e discariche, bensì infrastrutture a servizio della raccolta differenziata, a partire dalla frazione organica con impianti industriali di compostaggio e digestione anaerobica per la produzione di biometano. Questi impianti vanno pensati, progettati e realizzati bene, con processi partecipativi che coinvolgano le popolazioni locali;
ecco perché non servono ricette del passato come nuovi impianti per la combustione dei rifiuti o discariche ma un forte presidio del territorio e un monitoraggio sanitario. Se la gestione dei rifiuti diventa quello che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano un nuovo terreno di scontro nella maggioranza di Governo per mostrare chi tra i due vicepremier ha più muscoli non si fa l'interesse del Paese, tantomeno quello dei cittadini campani;
invece serve in Campania, come nel resto del Paese, un corretto ciclo dei rifiuti, fatto di riduzione, riuso, recupero e riciclo, e impegnarsi per l'economia circolare come ci chiede l'Europa. Un'economia green che spinga filiere industriali innovative, e che ha bisogno di regole chiare e controlli, capaci di allontanare il Paese dalle emergenze e di stroncare sul nascere gli appetiti della criminalità organizzata,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad escludere qualsiasi ipotesi di realizzazione di nuovi impianti per la combustione dei rifiuti nella regione Campania;
2) a considerare, con riferimento alla regione Campania, l'adozione di iniziative normative volte a prevedere una moratoria del conferimento di rifiuti, provenienti da altre regioni, destinati all'incenerimento e allo sversamento in discarica, nonché la sospensione delle procedure per l'apertura di nuovi impianti impattanti dal punto di vista ambientale e di nuove discariche, promuovendo un monitoraggio di tutti i siti compromessi sia quelli censiti sia quelli non ancora noti;
3) a valutare, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione Campania, l'adozione di iniziative per una nuova programmazione del ciclo dei rifiuti, che vada verso la completa realizzazione dei dettami dell'economia circolare, attraverso la realizzazione di ambiti territoriali più piccoli e omogenei, affidando agli enti locali la gestione a monte della raccolta differenziata e, a valle, la realizzazione e la gestione di mini impianti di compostaggio anaerobico, che potrebbero determinare il salto di qualità della raccolta differenziata;
4) ad adottare le iniziative di competenza per realizzare, in collaborazione con la regione Campania, attraverso lo stanziamento di congrue risorse, tramite il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, una nuova mappatura su vasta scala dei terreni, a partire dalla «Terra dei Fuochi», in considerazione dell'attività delle procure, dei controlli ambientali, delle denunce dei cittadini e delle associazioni ambientaliste, e alla luce dei recenti incendi dolosi anche in discariche abusive;
5) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per completare, in collaborazione con la regione Campania e prevedendo lo stanziamento di risorse congrue e nuove assunzioni di personale la bonifica dei siti inquinati;
6) a realizzare, in collaborazione con la regione Campania, l'Istituto superiore di sanità e l'Ispra, una indagine epidemiologica per aggiornare i dati relativi allo stato di salute della popolazione, a partire dalla «Terra dei Fuochi», anche alla luce dei nuovi fatti di cronaca;
7) ad adottare iniziative per introdurre, ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, un fattore di pressione che non consideri solo le volumetrie delle discariche, ma sia inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;
8) ad assumere iniziative per subordinare la realizzazione di nuovi impianti o l'ampliamento di impianti per lo smaltimento di rifiuti, ovvero di impianti la cui realizzazione potrebbe determinare un peggioramento della qualità dell'aria, ad una concreta diminuzione del predetto fattore di pressione;
9) a favorire e promuovere forme di coinvolgimento delle popolazioni interessate dalla realizzazione di nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti, anche nella modalità del dibattito pubblico, al fine di favorire la partecipazione dei cittadini;
10) a promuovere, in collaborazione con il Servizio sanitario nazionale e l'Ispra e i competenti organi regionali, la redazione con cadenza annuale di un rapporto di valutazione del danno sanitario anche sulla base dei dati del registro tumori e delle mappe epidemiologiche sulle principali malattie derivanti da inquinamento ambientale.
(1-00101) «Muroni, Fornaro, Conte, Occhionero, Pastorino, Epifani, Speranza».