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Atto a cui si riferisce:
C.1/00086    premesso che:     il decreto ministeriale n. 468 del 2001 ha istituto il sito da bonificare di interesse nazionale (Sin) «Frosinone», perimetrato con decreto...



Atto Camera

Mozione 1-00086presentato daMURONI Rossellatesto diMercoledì 5 dicembre 2018, seduta n. 94

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto ministeriale n. 468 del 2001 ha istituto il sito da bonificare di interesse nazionale (Sin) «Frosinone», perimetrato con decreto ministeriale 2 dicembre 2002 e con decreto ministeriale 23 ottobre 2003, a cui è seguita l'istituzione del successivo Sin bacino del fiume Sacco. Il Sin di Frosinone è stato istituito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a seguito della proposta – effettuata da parte della regione Lazio nel 1999 – di inserimento tra i siti da bonificare di interesse nazionale di ben n. 121 discariche di rifiuti solidi urbani distribuite su tutto il territorio della provincia di Frosinone e presenti in n. 80 comuni sui n. 91 costituenti la provincia;

    alla data di approvazione del piano regionale delle bonifiche di cui alla delibera della giunta regionale 591 del 14 dicembre 2012, delle n. 121 discariche solamente n. 7 avevano visto conclusa la procedura/di bonifica e dall'elenco dei siti contaminati pubblicato dall'Arpa Lazio ed aggiornato all'anno 2016 (httg://www.arpalazio.gov.it) si rileva che per numerose discariche dell'ex Sin Frosinone non è stata ancora completata la bonifica;

    la definizione del nuovo perimetro del (SIN) Bacino del fiume Sacco di cui al decreto ministeriale n. 321 del 2016, a conclusione di un decennale periodo di alterne vicende giudiziarie e amministrative, ha certificato l'esistenza di una vasta area a cavallo fra le province di Roma e Frosinone e lungo tutta l'asta fluviale, oggetto di un grave inquinamento ambientale;

    l'origine del Sin bacino del fiume Sacco riguarda la contaminazione di suoli ed acque derivata sia dallo sversamento abusivo di rifiuti e sostanze pericolose di origine industriale sia dall'abbandono, rilascio, smaltimento. Quanto emerso, sia durante le operazioni di caratterizzazione dell'area industriale di Colleferro e di Anagni, che successivamente e fino all'attualità per i siti industriali dismessi nel Comune di Ceprano e Falvaterra, ha posto in evidenza che la pratica dell'interramento di rifiuti industriali per evitare gli oneri di smaltimento si è aggiunta e sommata come causa della contaminazione di suoli ed acque a quella dell'esercizio delle stesse attività industriali. A titolo di esempio, si cita il recente episodio di smaltimento illecito di rifiuti di origine industriale avvenuto nel formine di Ferentino nel gennaio 2017, laddove veniva scoperto l'interramento in un sito industriale dismesso di notevoli quantità di rifiuti pericolosi;

    alla grave compromissione ambientale, si aggiungono altre due note criticità che riguardano la Valle del Sacco: la depurazione delle acque e la qualità dell'aria;

    nel fiume Sacco continuano a riversarsi, da oltre un ventennio, gli scarichi dei reflui di diverse attività industriali, senza alcuna depurazione e senza alcun controllo, come conferma il piano di gestione del bacino idrografico dell'Appennino Meridionale (al quale appartiene il fiume Sacco), approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2013, che ha evidenziato che la qualità delle acque del bacino del Sacco è a livello «pessimo», ovvero il grado più basso della scala di qualità di cui alla direttiva ed allo stesso decreto legislativo n. 152 del 2006. Le cause di tale degrado sono ben individuate dal medesimo piano di gestione del bacino idrografico dell'Appennino meridionale, laddove nella azione (pagina 91) si legge: «Il fenomeno era ed è tuttora da attribuirsi alla mancata regolamentazione del sistema di scarichi da varia natura, in specie industriali. Ad oggi nell'area persistono condizioni di emergenza ambientale connessi ancora ad un sistema di collettamento e depurazione non idoneo o comunque non sufficiente a garantire standard qualitativi delle acque reflue compatibili con la tutela e salvaguardia delle risorse idriche». Anche l'Ufficio Commissariale per la bonifica del Sin «Bacino del Sacco» nell'ultima relazione dell'ottobre 2012 sottolineava che: «L'assenza di un impianto di depurazione consortile, promesso da decenni, ha contribuito in modo determinante all'emergenza ambientale nel territorio anagnino. In particolare, tale carenza ha determinato per tutte le imprese, anche di piccole dimensioni, la necessita di trattare i propri reflui in ambito domestico per poi scaricarli nel fiume Sacco o nei di lui affluenti. Da ciò è scaturita nel corso degli anni una impressionante serie di scarichi illeciti di sostanze tossiche che è culminata, nell'estate del 2005, nello sversamento di altissime quantità di cianuri in un affluente del Sacco, il Rio Santa Maria, con conseguente moria di animali e avvelenamento delle colture»;

    con la delibera di giunta regionale n. 536/2016 la regione Lazio ha approvato la relazione dell'Arpa Lazio che aggiorna la zonizzazione del territorio regionale e la classificazione delle zone agglomerati ai fini della valutazione della qualità dell'aria in attuazione dell'articolo 3, dei commi 1 e 2 dell'articolo 4 e dei commi 2 e 5 dell'articolo 8 del decreto legislativo 155/2010. L'intero territorio della Valle del Sacco è stato censito in classe 1, ovvero laddove i superamenti delle concentrazioni di inquinanti in atmosfera, nella specie PM10 e PM2.5, sono tali per quantità ed entità da imporre l'adozione di misure emergenziali a tutela della salute delle popolazione e dell'ambiente;

    la compromissione delle matrici ambientali, suolo, acqua e aria, causata dal sovrapporsi e sommarsi delle criticità innanzi rappresentate, ha determinato delle indubbie ricadute sullo stato di salute della popolazione della Valle del Sacco. Il «Rapporto tecnico sulla sorveglianza sanitaria ed epidemiologia della popolazione residente in prossimità del fiume Sacco» pubblicato nel giugno 2016 dal dipartimento epidemiologico della regione Lazio riporta: «La contaminazione del fiume Sacco rimane un disastro ambientale di proporzioni notevoli che ha comportato una contaminazione umana di sostanze organiche persistenti considerate tossiche dalle organizzazioni internazionali. Proprio perché la contaminazione è purtroppo persistente non esistono metodi di prevenzione e di rimozione dell'inquinante. Si tratta di un episodio che ha implicazioni etiche, politiche e sociali di livello nazionale. Le autorità locali hanno il dovere di informare la popolazione, di salvaguardarne la salute specie dei gruppi sociali più deboli, di offrire l'assistenza sanitaria adeguata, e di garantire un continuo monitoraggio epidemiologico e sanitario. È ovvio che tale assistenza dal punto di vista della tutela sociale e sanitaria del servizio sanitario si deve accompagnare ad un impegno istituzionale coerente per il risanamento ambientale»;

    a fronte del quadro della situazione ambientale della Valle del Sacco fino ad ora delineato e rappresentato, con le indubbie, serie, gravi criticità ambientali, la strategia e gli indirizzi della regione Lazio per la gestione del ciclo dei rifiuti rischiano – come già è avvenuto nel passato – di avere pesantissime ricadute sul territorio, le quali comprometterebbero ulteriormente lo stato ambientale;

    in sostanza la regione Lazio per supplire alla pretesa carenza impiantistica di Roma Capitale nel trattamento della frazione indifferenziata dei rifiuti solidi urbani, nonché per soddisfare il fabbisogno di smaltimento in discarica dei sovvalli non recuperabili e la trasformazione in energia del combustibile derivato dai rifiuti (Cdr) prodotto dagli impianti di trattamento meccanico-biologico (Tmb), ha intenzione di sfruttare l'impiantistica esistente nella provincia di Frosinone che invece è asservita al fabbisogno dei comuni appartenenti al medesimo ambito territoriale ottimale (Ato) provinciale. Il potenziamento delle capacità degli impianti esistenti e l'aumento del conferimento di rifiuti solidi urbani presso gli stessi, comporta impatti ambientali non sostenibili nell'attuale e descritto stato ambientale della Valle del Sacco. L'amministrazione regionale, immemore degli errori del passato, rischia di replicare quanto già avvenuto negli anni ’90, «scaricando» le inefficienze ed i ritardi nell'attuare la gestione del ciclo dei rifiuti sui territori provinciali, in particolare su quello di Frosinone;

    gli impianti esistenti nella provincia di Frosinone e realizzati per soddisfare il fabbisogno impiantistico dell'Ato provinciale, sono il Tmb di Colfelice gestito dalla Saf spa, partecipata interamente pubblica di proprietà dei 91 comuni della provincia di Frosinone, con capacità di trattamento di 327.000 ton/anno; la discarica di Roccasecca, gestita dalla Mad srl, società privata, con capacità residua di circa 300.000 metri cubi; il termovalorizzatore di San Vittore nel Lazio, gestito da ACEA Ambiente spa, società partecipata interamente pubblica con capacità di trattamento – a seguito del già avvenuto potenziamento degli impianti – di circa 400.000 tonnellate/anno. Il fabbisogno dell'Ato di Frosinone è interamente soddisfatto laddove si confronti la suddetta capacità impiantistica con la produzione di rifiuti censita da ISPRA nel 2016, la quale conta una produzione di RSU di circa 175.000 tonnellate/anno. Perciò a fronte di – una produzione annua di 175.000 tonnellate/anno di rifiuti solidi urbani, la provincia di Frosinone ha un'impiantistica che provvede al trattamento di oltre 1 milione di tonnellate all'anno di frazioni derivate dai rifiuti solidi urbani indifferenziati, quasi otto volte superiore al fabbisogno; ne consegue che già attualmente la provincia di Frosinone provvede a soddisfare il fabbisogno regionale e degli altri Ato, in violazione dei prìncipi di autosufficienza e prossimità nel trattamento dei rifiuti solidi urbani come previsto dalla normativa comunitaria, nazionale e dallo stesso piano gestione rifiuti del Lazio,

impegna il Governo

1) a considerare, vista l'urgenza ambientale e sanitaria, l'adozione di iniziative normative volte a prevedere una moratoria del conferimento di rifiuti, provenienti da altri ambiti territoriali ottimali, destinati all'incenerimento e allo sversamento in discarica in provincia di Frosinone, nonché la sospensione delle procedure per l'apertura di nuovi impianti impattanti dal punto di vista ambientale e di nuove discariche nella Valle del Sacco, definendo per tale area disposizioni più restrittive sulla falsariga di quelle contenute nel decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, e promuovendo un monitoraggio di tutti i siti compromessi sia quelli censiti sia quelli non ancora noti.
(1-00086) «Muroni, Fornaro, Epifani, Occhionero, Rostan, Fassina».