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Atto a cui si riferisce:
S.1/00059 premesso che: da quando nel 2002 furono rese note attività nucleari, non in linea con il TNP (Trattato di non proliferazione nucleare), nei siti allora segreti di Natanz e Arak, in cui,...



Atto Senato

Mozione 1-00059 presentata da VITO ROSARIO PETROCELLI
giovedì 29 novembre 2018, seduta n.065

PETROCELLI, ANASTASI, ANGRISANI, BOTTICI, CASTALDI, DONNO, FERRARA, GALLICCHIO, LANNUTTI, LOMUTI, MATRISCIANO, MOLLAME, NATURALE, PACIFICO, ROMANO, LUCIDI - Il Senato,

premesso che:

da quando nel 2002 furono rese note attività nucleari, non in linea con il TNP (Trattato di non proliferazione nucleare), nei siti allora segreti di Natanz e Arak, in cui, rispettivamente, era stata avviata la costruzione di un impianto di arricchimento dell'uranio e di un impianto ad acqua pesante, la comunità internazionale ha iniziato ad affrontare la questione nucleare dell'Iran;

un rapporto critico dell'AIEA (Agenzia internazionale per l'energia atomica) del 2003 ha dato il via ad un difficile percorso negoziale e diplomatico sul nucleare durato un decennio;

a partire dal 2006 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha iniziato ad adottare una serie di risoluzioni, Risoluzioni 2224 (2015), 1929 (2010), 1803 (2008), 1747 (2007), 1737 (2006), con le quali si chiedeva all'Iran di cessare l'arricchimento dell'uranio per applicazioni militari;

tali risoluzioni sono state accompagnate da misure restrittive contro l'Iran con le quali veniva vietata la fornitura di beni e servizi e, nello specifico, un embargo contro gli Stati, che esportassero materiali utilizzabili per il programma nucleare iraniano ed, al contempo, imponendo restrizioni finanziarie;

a queste sanzioni si sono nel tempo aggiunte quelle imposte dagli Stati Uniti e dall'Unione europea, che, oltre ad attuare le sanzioni delle Nazioni Unite, nell'ultimo decennio hanno deciso una vasta gamma di sanzioni economiche e finanziarie autonome nei confronti dell'Iran;

dopo alcuni anni di relazioni, piuttosto fredde, tra Iran e EU3 (Francia, Regno Unito, Germania) le discussioni sul nucleare iraniano hanno ricevuto un nuovo impulso nel 2013, contestualmente all'elezione di Hassan Rouhani alla presidenza dell'Iran;

successivamente, con l'intensificarsi di lunghi e complicati processi diplomatici tra l'Iran e l'E3/UE+3 (Francia, Regno Unito, Germania) e UE + Stati Uniti, Russia e Cina, in ordine alla questione della proliferazione nucleare, si è arrivati ad un accordo su un piano d'azione congiunto globale (PACG) o JCPOA ("Joint comprehensive plan of action");

il 14 luglio 2015, dopo venti mesi di negoziati, i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Cina, Russia) assieme alla Germania e all'Unione europea hanno firmato a Vienna il predetto accordo con l'Iran (JCPOA) per la sospensione delle sanzioni adottate dalle Nazioni Unite, a fronte di impegni concreti per l'abbandono del programma nucleare iraniano monitorati, periodicamente dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica;

il piano stabilisce, sia un meccanismo di monitoraggio rigoroso con disposizioni tecniche molto dettagliate, sia un calendario di attuazione delle misure concordate per procedere alla revoca delle sanzioni contro l'Iran;

procedure e modalità applicative sono poi state definite con la Risoluzione Onu 2231/2015, adottata all'unanimità, cui l'Unione europea ha dato attuazione attraverso l'adozione di atti legislativi;

a partire dal 16 gennaio 2016 si e? entrati nella fase denominata "Implementation Day", che ha visto la presentazione al Consiglio di sicurezza del rapporto con cui l'AIEA ha certificato che l'Iran ha completato le fasi preparatorie per avviare l'attuazione delle misure previste nel JCPOA;

secondo quanto risulta dai successivi rapporti AIEA, l'Iran avrebbe correttamente adempiuto agli impegni di cui all'accordo internazionale;

conseguentemente, la comunità internazionale ha iniziato ad adottare la sospensione delle sanzioni nei confronti di Teheran;

l'Unione europea con il JCPOA si è impegnata a sospendere tutte le sanzioni economiche e finanziarie che erano state imposte all'Iran. In particolare la Sezione 19 e la Sezione A dell'Annex II prevedono che l'UE e gli Stati membri dell'UE provvedano ad eliminare tutte le disposizioni del regolamento 267/2012 e della decisione 2010/413/PESC del Consiglio (e successive modifiche) e a cancellare o modificare la normativa nazionale di attuazione;

tra le sanzioni e misure restrittive sospese a seguito dell'implementazione dell'accordo vi sono anche le cosiddette "sanzioni secondarie" imposte dagli USA, ovvero quelle sanzioni che possono essere imposte dalle Autorità statunitensi a qualsiasi persona, anche straniera, che abbia realizzato determinate transazioni commerciali con l'Iran nei settori bancario e finanziario, energetico, petrolchimico, navale, della cantieristica, dei trasporti, delle assicurazioni e riassicurazioni, del software, dei metalli grezzi semilavorati, automobilistico e dei metalli preziosi;

in data 12 gennaio 2018, in occasione dell'ultimo rinnovo della sospensione delle sanzioni secondarie statunitensi a Teheran, il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Trump, aveva chiesto agli EU3 (Francia, Regno Unito e Germania) di lavorare al fine di apportare alcune modifiche al JCPOA, pena il mancato rinnovo da parte USA della sospensione delle sanzioni;

la comunità internazionale, con le sole voci contrarie di Israele, Arabia Saudita e Lega Araba, ha preso una netta posizione nel senso di voler rispettare l'accordo internazionale siglato solo poco tempo prima;

da una parte l'UE, non rilevando elementi di inadempienza da parte dell'Iran, ha dichiarato anche per il tramite dell'Alto Rappresentante, Mogherini, che: "l'Unione europea prenderà provvedimenti per proteggere gli investimenti economici e gli interessi di sicurezza europei";

medesima volontà di rimanere nell'accordo è stata manifestata da Francia, Germania, Russia e Cina, quale fondamentale strumento per garantire e preservare la pace in Medio Oriente;

anche il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Paolo Gentiloni, si è unito alla preoccupazione espressa dai capi di Stato e di Governo di Francia, Germania e Regno Unito per le possibili conseguenze, dichiarando di voler "preservare l'accordo, unanimemente fatto proprio dal Consiglio di Sicurezza nella Risoluzione 2231, corrisponde a interessi di sicurezza nazionali condivisi";

il Presidente USA ha annunciato, in data 8 maggio 2018, il ritiro degli Stati Uniti dall'accordo sul nucleare iraniano ritenendolo "uno dei peggiori accordi mai stipulati";

ciò ha comportato la reintroduzione delle sanzioni statunitensi, ivi comprese le sanzioni cosiddette secondarie, che rischiano di penalizzare pesantemente i due Stati europei che maggiormente intrattengono rapporti commerciali con l'Iran e con imprese iraniane, ossia Italia e Germania;

difatti, secondo i dati del 2017, si calcolano in circa 1,7 miliardi di euro le esportazioni italiane in Iran, in particolare di tante piccole e medie imprese, che hanno concluso contratti e che hanno commesse in Iran;

a seguito del "Presidential Memorandum-11" di Trump dell'8 maggio 2018 e con il ripristino unilaterale delle sanzioni, la quasi totalità delle banche iraniane hanno subito un nuovo embargo finanziario da parte di tutte le autorità statunitensi;

la difficoltà di un controllo di tutta la filiera per quanto concerne le transazioni in dollari, le operazioni che vedono coinvolti cittadini o materiali, beni e brevetti statunitensi, ha sempre spinto il sistema bancario e istituzionale ad operare con particolare prudenza nel finanziare e nel fornire garanzie ad imprese che commerciano con l'Iran e/o con imprese iraniane;

per tale ragione la maggior parte degli istituti bancari italiani, per non rischiare l'approvvigionamento in dollari dal sistema bancario mondiale, si prevede blocchino pagamenti e garanzie su tutte le operazioni finanziarie e commerciali riguardanti l'Iran;

dal 7 agosto, le prime misure restrittive statunitensi sono state reintrodotte, secondo quanto disposto dall'"Executive Order: Reimposing certain sanctions with respect to Iran", mentre le ulteriori sanzioni sono diventate operative dal 5 novembre;

le sanzioni entrate in vigore il 5 novembre riguardano i settori petrolifero, marittimo, assicurativo e bancario. L'Italia, insieme ad altri sette Paesi, gode di un'autorizzazione temporanea a acquistare il greggio iraniano;

l'Unione europea, per proteggere le proprie imprese dalle sanzioni secondarie USA ha avviato in seno alle istituzioni europee i lavori per l'aggiornamento del regolamento del Consiglio Europeo n. 2271 del 1996 denominato "blocking statutes" che era stato adottato per proteggere gli investimenti europei a Cuba e in Libia ed Iran dalle sanzioni statunitensi;

in ogni caso, tale revisione secondo le procedure UE, seppur auspicabile, non rappresenta una soluzione immediatamente operativa, al fine di tutelare gli interessi delle imprese italiane, poiché obbliga ogni singola azienda ad un ricorso diretto o indiretto alla Commissione europea e non evita che si blocchino i pagamenti da e verso l'Iran in relazione al timore delle banche italiane di non potersi più approvvigionare in dollari, a causa del ripristino dell'embargo finanziario USA sulle banche iraniane, con la conseguenza per le stesse di non poter supportare l'interscambio italiano neanche con gli altri Paesi, visto che il commercio internazionale utilizza prevalentemente il dollaro come valuta per gli scambi;

per tale questione si ritiene necessario individuare differenti modalità di intervento che possano garantire la prosecuzione delle relazioni commerciale, scongiurando un gravissimo danno per l'economia italiana;

una possibile soluzione da vagliare potrebbe essere l'individuazione ed il coinvolgimento di piccoli istituti di credito, come ad esempio le banche di credito cooperativo, che non operano per lo più sul mercato mondiale dei capitali, quale veicolo per i flussi dei pagamenti da e per l'Iran e che, quindi, rischierebbero in maniera limitata la reintroduzione delle sanzioni e di eventuali ritorsioni di amministrazioni e banche americane;

a tali fini si potrebbe agire anche attraverso l'intervento di Invitalia Global Investment (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, creata proprio per l'Iran dalla finanziaria 2018) che è già protagonista di Accordo Quadro per la concessione di garanzia sovrana su finanziamenti bancari di grandi aziende italiane per progetti iraniani forniti a loro volta di garanzia sovrana, per un importo fino a 5 miliardi di euro, stipulato con gli istituti di credito iraniani Bank of Industry and Mine e Middle East Bank, e, successivamente, con Saman Bank;

considerato che:

la reintroduzione delle sanzioni potrebbe colpire pesantemente gli interessi economici dell'imprese italiane nei prossimi mesi, e sarebbe un duro colpo sia per le grandi imprese in ragione dei progetti citati sia per le piccole e medie imprese, cui si riferisce essenzialmente l'1,7 miliardi di euro di esportazioni italiane verso l'Iran del 2017, oltre che per l'occupazione che deve essere salvaguardata;

l'accordo sul nucleare iraniano e? un passo fondamentale verso il pieno reinserimento dell'Iran nel contesto commerciale internazionale, nonché per la lenta stabilizzazione dell'area mediorientale;

la legittimità delle sanzioni secondarie USA, tra l'altro, è questione tutt'altro che pacifica nel diritto internazionale in ragione della loro pretesa efficacia extraterritoriale,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi nelle competenti sedi internazionali, affinché possano essere percorsi tutti i necessari passaggi diplomatici utili al mantenimento del JCPOA ("Joint Comprehensive Plan of Action");

2) a promuovere e sostenere, in sede europea, ogni iniziativa utile tra cui l'aggiornamento del regolamento n. 2271 del 1996 denominato "blocking statutes" e così dare la massima protezione alle imprese europee che lavorano in Iran dalle sanzioni statunitensi;

3) a valutare, quale una delle poche soluzioni pratiche percorribili per tutelare l'operatività finanziaria, economica e commerciale delle imprese italiane operanti in Iran, l'individuazione ed il coinvolgimento di uno o più istituti di credito italiani che non operino sul dollaro e sul mercato mondiale dei capitali e quindi meno soggetti al rischio di rappresaglie finanziarie, attraverso la conclusione di specifici accordi/convenzioni con detti istituti.

(1-00059)