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Atto a cui si riferisce:
C.5/00535 (5-00535)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 28 novembre 2018
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-00535

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante chiede alcuni chiarimenti in ordine ai presupposti di applicazione della TARI, con particolare riferimento agli, immobili ove si producono rifiuti speciali.
  L'Onorevole interrogante richiama il comma 649 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), ai sensi del quale «nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l'ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 256, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. (295) (29).».
  Al riguardo il Dipartimento delle finanze fa presente quanto segue.
  L'interrogante chiede, in primo luogo, se sussista in capo ai produttori l'obbligo di dimostrare e delimitare le aree in cui si producono rifiuti speciali non assimilabili agli urbani, al fine di sottrarle alla tassazione, anche alla luce di quanto affermato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 26637 del 10 novembre 2017.
  In proposito, va evidenziato che la norma stessa pone come condizione per usufruire di detta agevolazione che i produttori dimostrino che il trattamento a proprie spese dei rifiuti speciali avvenga in conformità alle norme vigenti.
  Nel Prototipo di regolamento, pubblicato nel sito del Dipartimento delle Finanze, per l'istituzione e l'applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), sostituita dalla TARI a decorrere dal 1o gennaio 2014, al comma 5 dell'articolo 10, rubricato «Esclusione per produzione di rifiuti non conferibili al pubblico servizio», è espressamente indicato che «per fruire dell'esclusione prevista dai commi precedenti, gli interessati devono:
   a) indicare nella denuncia originaria o di variazione il ramo di attività e la sua classificazione (industriale, artigianale, commerciale, di servizio, eccetera), nonché le superfici di formazione dei rifiuti o sostanze, indicandone l'uso e le tipologie di rifiuti prodotti (urbani, assimilati agli urbani, speciali, pericolosi, sostanze escluse dalla normativa sui rifiuti) distinti per codice CER;
   b) comunicare entro il mese di ... dell'anno successivo a quello di riferimento i quantitativi di rifiuti prodotti nell'anno, distinti per codici CER, allegando la documentazione attestante lo smaltimento presso imprese a ciò abilitate».

  A ciò bisogna aggiungere che, secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione in materia di TARSU, ma che può estendersi anche alla TARI, per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull'interessato un onere d'informazione, al fine di ottenere l'esclusione dalla superficie tassabile delle aree produttive di rifiuti speciali, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (si vedano, ex multis, le sentenze n. 9214 del 13 aprile 2018, n. 7647 del 28 marzo 2018, l'ordinanza n. 3799 del 16 febbraio 2018, le sentenze n. 21250 del 13 settembre 2017 e n. 5377 del 4 aprile 2012).
  In particolare, nella sentenza n. 9214 del 13 aprile 2018, la Corte di Cassazione precisa che «il presupposto della tassa di smaltimento dei rifiuti ordinari solidi urbani, secondo l'articolo 62 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è, invero, l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti e l'esenzione dalla tassazione di una parte delle aree utilizzate perché ivi si producono rifiuti speciali è subordinata all'adeguata delimitazione di tali spazi nonché alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell'esclusione o dell'esenzione; il relativo onere della prova incombe al contribuente.». (vedi anche Cass. n. 11351 del 6 luglio 2012; Cass. n. 17703 del 2 settembre 2004).
  Da quanto appena riportato, si può concludere che non sussiste una tipologia definita della documentazione in discorso e che quindi è lasciato ampio spazio ai produttori, su cui ricade l'onere della prova, e ai comuni, nell'esercizio della propria potestà regolamentare, di individuare specifiche modalità per dimostrare l'esistenza delle condizioni necessarie a ottenere l'esenzione dal tributo, sempreché, come anche affermato dai Giudici di legittimità, si tratti di documentazione «idonea» a raggiungere la prova dell'esclusione.
  L'Onorevole interrogante chiede inoltre di conoscere «quali siano le modalità con le quali i produttori dovranno adempiere al citato obbligo e come potranno dimostrare l'avvenuto trattamento dei rifiuti» e «quale certificazione/attestazione il contribuente/produttore sarà tenuto a produrre per ottenere la detassazione delle porzioni di superficie, atteso che la quarta copia del citato formulario sembrerebbe limitare la sua funzione conoscitiva alla sola presa in carico e non anche all'avvenuto trattamento».
  A tale proposito, come anzidetto è opportuno ribadire che non è possibile individuare un documento specifico con il quale i produttori adempiono agli obblighi in questione. Del resto, occorre sottolineare che spetta ai comuni, nell'esercizio della propria autonomia regolamentare, definire la specifica documentazione che si richiede ai contribuenti/produttori.
  Infine, in ordine alla richiesta di individuare l'importo totale sul quale si calcola il rapporto con i rifiuti speciali assimilabili agli urbani avviati al recupero di cui al terzo periodo del citato comma 649, in modo tale da rendere proporzionale la riduzione della parte variabile della TARI, il Dipartimento delle finanze segnala che elementi utili alla soluzione della problematica in esame sono rinvenibili nelle note all'articolo 25 del suddetto Prototipo di Regolamento.
  Nel commento al comma 3 dell'articolo 25 del Prototipo viene chiarito che il «comma 3 individua il meccanismo proposto di quantificazione della riduzione – soggetta ad un limite massimo specificato dal comune – individuandolo nel prodotto tra quantità di rifiuti assimilati effettivamente avviati al recupero e una predeterminata percentuale del costo unitario Cu, come definito al punto 4.4., Allegato 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999...»; percentuale che, vale la pena di ricordare, è determinata «dal rapporto tra i costi variabili attribuibili alle utenze non domestiche e la quantità totale di rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche».
  È opportuno sottolineare che nella menzionata norma del Prototipo di regolamento per l'istituzione e l'applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), i cui principi, come anzidetto, sono mutuabili anche per la TARI che l'ha sostituita, sono declinate solo le linee di massima dell'agevolazione, che il comune deve quindi completare in sede di approvazione del proprio regolamento e viene proposta una possibile disciplina della riduzione per il recupero, che l'ente locale potrà comunque diversamente configurare, nell'esercizio della propria autonomia regolamentare.