• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00115 (7-00115) «Sabrina De Carlo, Ehm, Cabras, Cappellani, Carelli, Colletti, Del Grosso, Di Stasio, Emiliozzi, Grande, Olgiati, Perconti, Romaniello, Siragusa, Suriano».



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00115presentato daDE CARLO Sabrinatesto diMartedì 27 novembre 2018, seduta n. 91

   La III Commissione,

   premesso che:

    dal marzo del 2015 in Yemen è in corso una guerra civile, quando le forze ribelli Huthi hanno preso il controllo della capitale, Sana'a, dopo avere deposto l'allora presidente ’Abd Rabbih Mansur Hadi, tuttora riconosciuto dalla comunità internazionale;

    da allora, il regno dell'Arabia saudita – supportato da una coalizione internazionale formata da Kuwait, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Marocco, Senegal, (e in passato anche Qatar, Egitto e Sudan) e con l'appoggio iniziale di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Francia e Turchia – conduce attacchi e bombardamenti incessanti su città e villaggi yemeniti;

    questa azione militare non ha mai ricevuto un avallo formale o un preciso mandato dell'Onu che tuttavia, attraverso il Consiglio di sicurezza, ha approvato più risoluzioni che non sono riuscite a far cessare le violenze e a dare al via una soluzione negoziata del conflitto;

    secondo quanto affermato da Mark Lowcock, segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite agli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi d'urgenza, in Yemen 18 milioni di persone soffrono la fame e si sta diffondendo una tremenda epidemia di colera. Il conflitto ha messo in ginocchio l'economia del Paese, che già prima del conflitto figurava tra le nazioni più povere del pianeta, distrutto le infrastrutture e devastato i servizi pubblici;

    secondo le Nazioni Unite la situazione è peggiorata drammaticamente quando la coalizione guidata dai sauditi e dagli Emirati ha imposto un assedio di un mese dello Yemen poco più di un anno fa. Da allora, le importazioni commerciali di cibo attraverso il porto di Hodeidah si sono ridotte di oltre 55 mila tonnellate al mese, una quantità di cibo sufficiente per soddisfare i bisogni solo del 16 per cento della popolazione del Paese: 4,4 milioni di persone, tra cui 2,2 milioni di bambini;

    l'organizzazione Save The Children, in un rapporto diffuso a ottobre 2018, stima che in Yemen circa 400 mila bambini soffrono di grave malnutrizione e che solo quest'anno oltre 46 mila potrebbero morire prima di aver compiuto il quinto compleanno, mentre circa 85 mila sono i bambini sotto i cinque anni che potrebbero essere morti per fame o malattie gravi dall'inizio dell’escalation del conflitto in Yemen;

    secondo quanto riferito dal «Centro legale per i diritti e lo sviluppo nello Yemen», in 1.300 giorni, i bombardamenti della coalizione guidata dal regime saudita nello Yemen hanno provocato la morte di 15.185 yemeniti, tra cui 3.527 bambini e 2.277 donne e provocato più di 24.000 feriti che hanno potuto avere accesso a medicine e forniture mediche per il blocco saudita. Mentre soltanto a causa dell'epidemia di colera sarebbero morte 2.000 persone;

    sempre secondo il Centro legale, i bombardamenti hanno distrutto 15 aeroporti e 14 porti e danneggiato 2.559 strade e ponti, 781 impianti di stoccaggio e di produzione di acqua e cibo, 191 centrali elettriche e 426 torri di telecomunicazioni, 421.911 case, 930 moschee, 888 scuole, 327 ospedali e centri sanitari, 38 organizzazioni mediatiche, e hanno provocato più di quattro milioni di sfollati;

    un report di esperti pubblicato dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite diffuso il 28 di agosto 2018, ha accusato le forze governative dello Yemen, la coalizione a guida saudita che li appoggia, e i ribelli del movimento Huthi di non aver fatto nulla per impedire o ridurre la morte di civili;

    secondo lo stesso report, poi diffuso a settembre dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, i Governi dello Yemen, degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, potrebbero essersi resi responsabili anche di crimini di guerra come stupri, torture, sparizioni forzate e privazione del diritto alla vita;

    anche le milizie ribelli degli Huthi secondo il report, potrebbero essersi rese responsabili di crimini di guerra nel Paese arabo, verso cui, a differenza degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, è in vigore un embargo sulle forniture di armamenti;

    in data 30 ottobre 2018, il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha chiesto una immediata cessazione degli attacchi aerei condotti dalla coalizione a guida saudita contro i ribelli sciiti Huthi nelle aree popolate da civili e, allo stesso tempo uno «stop» anche agli attacchi condotti dagli Huthi in territorio saudita. Secondo Pompeo: «è arrivato il tempo per la cessazione delle ostilità, inclusi i bombardamenti con missili e droni dalle aree controllate dagli Huthi verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Di conseguenza dovranno cessare anche i raid della coalizione saudita verso le aree popolate da civili nello Yemen»;

    nella stessa data il Segretario della difesa degli Stati Uniti, Jim Mattis, ha invitato le parti in conflitto in Yemen a imporre un cessate il fuoco per intraprendere negoziati di pace entro i prossimi trenta giorni, mentre la Svezia, su indicazione dell'Onu, si è detta pronta ad ospitare i colloqui tra le parti che combattono in Yemen;

    la situazione umanitaria in Yemen è devastante e come raccontano i dati recentemente diffusi, in continuo peggioramento. Occorre uno sforzo affinché tutte le parti in conflitto adempiano alle loro responsabilità consentendo l'erogazione senza impedimenti degli aiuti umanitari, compresi cibo, acqua e medicinali, a favore della popolazione civile;

    è quindi estremamente urgente porre quanto prima fine ai combattimenti e riprendere al più presto significativi e risolutivi colloqui di pace, al fine di rendere lo Yemen, uno Stato pacifico e pluralistico nell'interesse di tutti i suoi cittadini, indipendentemente dalla etnia o fede e libero dalle ingerenze esterne;

    anche in ragione delle licenze di esportazione di materiali d'armamento italiano all'Arabia Saudita, agli Emirati Arabi Uniti e agli altri Paesi coinvolti nel conflitto, sarebbe opportuno che venissero assunte iniziative per favorire e supportare la riconversione in produzioni civili delle attività delle aziende attualmente interessate alla produzione di armi, anche attraverso l'istituzione di un fondo ad hoc e il rifinanziamento degli incentivi per la ristrutturazione e la riconversione dell'industria bellica e la riconversione produttiva nel campo civile e duale, destinati alle imprese che operano nel settore della produzione di materiali di armamento, ai sensi dell'articolo 6, commi 7, 8, 8-bis e 9, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237,

impegna il Governo:

   a chiedere, in tutte le sedi competenti, l'immediato cessate il fuoco e l'interruzione di ogni iniziativa militare in Yemen;

   a sostenere l'iniziativa dell'inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen affinché si svolgano colloqui negoziali tra le parti entro novembre 2018 in un Paese terzo, colloqui che affrontino le questioni fondamentali del conflitto, in particolare la smilitarizzazione delle frontiere e il concentramento di tutte le armi pesanti presenti nell'area sotto osservazione internazionale;

   ad avviare, con gli altri partner internazionali, un'azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite per alleviare le sofferenze della popolazione yemenita;

   ad avviare un'iniziativa finalizzata alla previsione da parte dell'Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti di tutti i Paesi coinvolti nella guerra in Yemen;

   ad assumere iniziative per impedire, con tutti gli strumenti disponibili, il transito di armi e materiale bellico destinati al conflitto in Yemen in porti, aeroporti, stazioni ferroviarie, acque territoriali e spazio aereo italiani, da qualsiasi parte essi provengano;

   a promuovere l'istituzione di un'inchiesta internazionale o di un tribunale internazionale per accertare e condannare le responsabilità per i crimini commessi dalle parti in conflitto in Yemen;

   ad assumere iniziative affinché si applichino rigorosamente le disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, e della posizione comune 2008/944/PESC;
(7-00115) «Sabrina De Carlo, Ehm, Cabras, Cappellani, Carelli, Colletti, Del Grosso, Di Stasio, Emiliozzi, Grande, Olgiati, Perconti, Romaniello, Siragusa, Suriano».