• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.5/00620 (5-00620)



Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-00620presentato daBARATTO Raffaeletesto diMercoledì 3 ottobre 2018, seduta n. 55

   BARATTO, GIACOMONI, MARTINO, BIGNAMI, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la tecnica impositiva in uso negli Stati membri dell'Unione europea prevede che, a seguito di una transazione commerciale o comunque dell'esecuzione di una prestazione e della conseguente emissione di una fattura, l'impresa versi allo Stato l'imposta sul valore aggiunto dovuta (Iva), anche qualora non abbia ancora incassato dal debitore fiscale (il destinatario della prestazione) quanto dovuto;

   al verificarsi di precise condizioni, inoltre, la legge riconosce all'impresa il diritto a portare in detrazione l'Iva versata ma non incassata, attraverso l'emissione di una nota di variazione della propria base imponibile;

   a livello comunitario, l'emissione delle note di variazione è disciplinata dalla direttiva 2006/112/CE (articolo 90), mentre, sul piano nazionale, la fattispecie è regolata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (articolo 26);

   fino ad oggi, l'amministrazione finanziaria ed il Ministero dell'economia e delle finanze, con successivi interventi (circolare del Ministero delle finanze n. 77/E/2000; Agenzia delle entrate: risoluzioni nn. 155/E/2001, 161/E/2001, 89/E/2002 e 195/E/2008), nel caso di mancato pagamento, hanno interpretato le suddette norme nel senso di prevedere che la condizione dell'infruttuosità della procedura concorsuale, cui è assoggettato il debitore, costituisce il presupposto per l'emissione, da parte del creditore, della nota di variazione in diminuzione;

   l'effetto di tale interpretazione ha finora comportato che le imprese anticipano allo Stato l'Iva dovuta fino al suo pagamento o, comunque, alla sua definitiva infruttuosa irrecuperabilità; tuttavia, poiché il tempo medio di una procedura concorsuale in Italia supera – di regola – il decennio, le imprese accordano di fatto in tal modo allo Stato un prestito senza interessi per anni;

   in data 23 novembre 2017 la Corte di giustizia dell'Unione europea, sul caso C 246/16 Enzo di Maura c. Agenzia delle entrate direzione ha chiarito come uno Stato non possa subordinare la riduzione della base imponibile dell'imposta sul valore aggiunto all'infruttuosità di una procedura concorsuale, qualora una tale procedura possa durare più di dieci anni;

   tale interpretazione contraddice, secondo gli interroganti, quanto finora sostenuto dall'Agenzia delle entrate e impone un conseguente allineamento dei criteri interpretativi adottati da quest'ultima;

   ad avviso degli interroganti, dunque, appare quanto mai necessario addivenire quanto prima a un definitivo chiarimento normativo –:

   quali iniziative, anche normative, il Governo intenda assumere, alla luce di quanto descritto in premessa, al fine di consentire in tempi rapidi la piena conformità della normativa italiana alla citata pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea ed evitare che imprese, che già versano in crisi di liquidità, continuino ad accordare allo Stato un prestito senza interessi.
(5-00620)