Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE
Atto a cui si riferisce:
S.3/00153 MARCUCCI, CUCCA, VALENTE, PARRINI, MALPEZZI, MIRABELLI, FERRARI, COLLINA, BINI, CIRINNA' - Al Ministro della giustizia - Premesso che:
in data 10 luglio 2018, il sen. Parrini ha...
Atto Senato
Interrogazione a risposta orale 3-00153 presentata da ANDREA MARCUCCI
giovedì 2 agosto 2018, seduta n.030
MARCUCCI, CUCCA, VALENTE, PARRINI, MALPEZZI, MIRABELLI, FERRARI, COLLINA, BINI, CIRINNA' - Al Ministro della giustizia - Premesso che:
in data 10 luglio 2018, il sen. Parrini ha presentato, a sua prima firma, un'interrogazione con carattere d'urgenza (3-00065), indirizzata al Ministro della giustizia;
in data 30 luglio 2018, il sen. Parrini ha presentato, a sua prima firma, un'interrogazione con carattere d'urgenza (3-00137), indirizzata al Ministro della giustizia;
in data 30 luglio 2018, la sen. Valente ha presentato, a sua prima firma, un'interrogazione con carattere d'urgenza (3-00138), indirizzata al Ministro della giustizia;
premesso inoltre che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa del 24 luglio 2018, il Ministro in indirizzo, al termine del Consiglio dei ministri dello stesso giorno, che ha approvato il decreto-legge recante disposizioni urgenti per la proroga di alcuni termini previsti da disposizioni legislative ("milleproroghe"), nel commentare la norma sulla proroga dell'entrata in vigore di alcune disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni, previste dal decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, avrebbe detto "Il picco del lavoro parlamentare sulle intercettazioni avveniva contestualmente a qualche scandalo che riguardava la politica. Possiamo dire che ogni volta che uno del Pd veniva ascoltato dai cittadini, il Pd tagliava la linea, le comunicazioni. L'intento era quello di evitare ai cittadini l'ascolto dei politici. La norma nella sua stesura finale era riuscita a mettere d'accordo sia tutti i magistrati che tutti gli avvocati, era insomma lesiva di tutti gli interessi in gioco. La norma che abbiamo bloccato, ripeto, ledeva tutti i diritti in gioco: la possibilità innanzitutto di portare avanti le indagini, dando alla polizia giudiziaria la possibilità di scegliere quali intercettazioni fossero rilevanti e quali no, un'attività che deve spettare al pm ma che in questo caso veniva tagliato fuori";
secondo quanto riportato da un'agenzia ANSA del 24 luglio, il Ministro avrebbe aggiunto: "Impediamo che venga messo il bavaglio all'informazione" perché "la riforma Orlando era stata scritta con l'intento di impedire ai cittadini di ascoltare le parole dei politici indagati";
secondo quanto riportato da un'altra agenzia ANSA dello stesso giorno, il Ministro avrebbe affermato che la riforma delle intercettazioni "era stata scritta per impedire ai cittadini di ascoltare le parole che i politici pronunciano con persone indagate, specie quando sono parole scomode e sconvenienti. Possiamo tranquillamente dire che ogni volta che qualcuno del Pd veniva ascoltato, c'era il Pd che cercava di tagliare la linea e le comunicazioni. L'intento era quello di evitare ai cittadini di ascoltare i politici e si vede dal contenuto della norma";
a giudizio degli interroganti, probabilmente senza neanche rendersene conto, preso solo dalla volontà di screditare il Partito democratico, Bonafede ha pronunciato parole gravi e sconsiderate, lesive in primis del suo ruolo di Ministro della giustizia, nonché delle prerogative e dei compiti della magistratura e della polizia giudiziaria;
non ci si può non chiedere di quali informazioni il Ministro in indirizzo sia in possesso per arrivare ad affermare che "ogni volta che qualcuno del Pd veniva ascoltato, c'era il Pd che cercava di tagliare la linea e le comunicazioni", sulla base di quale legge dello Stato, con quali modalità e con quali finalità abbia ottenuto queste informazioni o se si tratti, come appare più probabile, di parole imprudenti e sconsiderate, non degne di chi riveste il ruolo di Ministro della giustizia;
così come non ci si può non chiedere, fermo restando il diritto della libertà di stampa, sulla base di quale legge dello Stato il Ministro affermi il "diritto" dei cittadini di ascoltare le parole dei politici indagati, ignorando (o facendo finta di ignorare), in modo grossolano, le prerogative e i compiti della magistratura e della polizia giudiziaria, in palese dispregio del principio di indipendenza della magistratura;
si è in presenza di un Ministro della giustizia che, nel suo delicato ruolo e non in quello di avversario politico, ha affermato che, al di là delle decisioni della magistratura, sussiste il diritto dei cittadini ad "ascoltare i politici" indipendentemente dalla rilevanza penale delle loro parole;
si tratta di affermazioni sconcertanti estranee a quello che dovrebbe ancora essere uno Stato di diritto, che tutela le conversazioni private dei cittadini se queste ultime non hanno rilevanza penale, nella consapevolezza che, in una democrazia, un cittadino, anche se "politico", può ritenersi libero di parlare al telefono;
il decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, prevede norme, oggetto della proroga, a tutela della riservatezza delle comunicazioni dei difensori e delle comunicazioni non penalmente rilevanti o contenenti dati sensibili, sulla procedura di selezione delle intercettazioni e di acquisizione del materiale intercettato al fascicolo delle indagini, al fine di disciplinarne le fasi in modo chiaro, sulla conservazione di tutti gli atti delle intercettazioni non acquisiti al fascicolo nell'archivio riservato, sull'uso delle intercettazioni nel procedimento cautelare, consentendo la riproduzione solo dei brani essenziali delle comunicazioni intercettate, che risultino necessari a sostenere la richiesta del pubblico ministero o a motivare la decisione del giudice, sull'acquisizione, da parte del pubblico ministero, al fascicolo delle indagini delle intercettazioni utilizzate per l'adozione di una misura cautelare e sulle intercettazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici elettronici portatili (i cosiddetti trojan);
queste sono, secondo il Ministro della giustizia, le misure che mettono "il bavaglio alla stampa";
più verosimilmente si tratta di misure a tutela dei cittadini introdotte nel rispetto dei principi fondamentali di un Paese civile e democratico e, al contempo, a tutela della ricerca della verità ad opera della magistratura;
considerato inoltre che:
in data 11 luglio 2018, in sede di comunicazioni sulle linee programmatiche del suo Dicastero alle Commissioni Giustizia della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, il Ministro della giustizia ha reso dichiarazioni in merito al contrasto alla corruzione;
alla Camera dei deputati il Ministro della giustizia ha affermato: "Il primo punto che voglio affrontare è quello della lotta alla corruzione. Il contrasto senza quartiere alla corruzione costituisce un architrave dell'azione del Governo e in particolare del ministero di cui ho la responsabilità. Il dilagare dei fenomeni corruttivi rappresenta storicamente, come dimostrato da corposa produzione di ricerche e di risultanze statistiche, uno dei limiti maggiori che grava sulla qualità complessiva del sistema Paese italiano, drenando risorse alle componenti sane del sistema economico e produttivo, riducendo gli spazi di libera concorrenza per le imprese virtuose, compromettendo il fisiologico funzionamento della pubblica amministrazione e mortificando, in tal modo, le legittime aspirazioni dei cittadini onesti. Combattere questa vera e propria piaga sociale è un imperativo etico e una necessità strategica per incrementare la possibilità di intraprendere un percorso di crescita economica, sociale e culturale duratura nel tempo e tangibile nei suoi effetti sulla società";
gli interroganti non possono non chiedere al Ministro della giustizia quale credibilità possono avere le sue parole e, di conseguenza, l'operato del suo Ministero, a seguito dei gravi fatti, riportati nell'interrogazione 3-00107, riguardanti il suo rapporto con l'avvocato Lanzalone;
si ricorda, infatti, che in data 19 giugno 2018, intervistato nel corso del programma televisivo "Otto e mezzo", il Ministro in indirizzo ha ammesso di aver presentato, insieme all'attuale Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, l'avvocato Lanzalone a Virginia Raggi, circostanza corrispondente a quanto, secondo fonti di stampa non smentite, avrebbe dichiarato la stessa Virginia Raggi in un interrogatorio avvenuto presso la Procura della Repubblica di Roma, nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria sul nuovo stadio dell'AS Roma;
secondo quanto riportato da "Il Foglio" del 16 giugno 2018, il sindaco Raggi avrebbe affermato, nel corso del programma televisivo "Porta a Porta" del 14 giugno 2018, che "Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede all'epoca erano del gruppo enti locali che supportavano i Comuni. Vennero a darci un supporto perché all'indomani dell'arresto di Marra ci fu uno scossone in Consiglio comunale, e ci presentarono Lanzalone quando chiesi di approfondire lo strumento del concordato preventivo in continuità";
secondo il suddetto quotidiano, il Ministro della giustizia indicò Lanzalone al sindaco Raggi come consulente per le questioni riguardanti il nuovo stadio dell'AS Roma;
secondo quanto riportato dal quotidiano "Il Sole 24-ore" del 16 giugno 2018, il sindaco Raggi chiese "un approfondimento sul concordato preventivo per alcune partecipate del Comune. Fraccaro e Bonafede mi suggerirono l'avvocato Lanzalone";
considerato inoltre che a parere degli interroganti è stato desolante dover ricordare al Ministro della giustizia, con l'interrogazione 3-00137, in merito alla vicenda giudiziaria che vede coinvolto il Ministro dell'interno, nonché segretario federale del partito Lega Nord, che uno dei suoi doveri è quello di tutelare il principio di indipendenza della magistratura dai condizionamenti del potere politico, oltre che l'onorabilità e la dignità della funzione giudiziaria,
si chiede di sapere:
di quali informazioni il Ministro della giustizia sia in possesso per affermare che "ogni volta che qualcuno del Pd veniva ascoltato, c'era il Pd che cercava di tagliare la linea e le comunicazioni", sulla base di quale legge dello Stato, con quali modalità e con quali finalità abbia ottenuto queste informazioni e se non ritenga doveroso, vista la gravità dei fatti riportati, informarne subito il Parlamento;
se non ritenga che le sue affermazioni siano state gravemente lesive delle prerogative e dei compiti della magistratura e della polizia giudiziaria e che nel suo ruolo di Ministro della giustizia sia tenuto al rispetto e all'applicazione delle leggi vigenti;
se, al fine di tutelare il ruolo istituzionale che ricopre, non ritenga necessario chiarire, in tempi brevi, la natura dei suoi rapporti con l'avvocato Lanzalone, in relazione ai fatti riportati in premessa e in ragione di quali valutazioni abbia ritenuto di indicare Lanzalone al sindaco Raggi quale consulente su questioni di rilevante importanza per l'amministrazione della Capitale;
se, in relazione ai suddetti fatti e a tutela del prestigio e dell'integrità delle Istituzioni, il Ministro in indirizzo non ritenga doveroso spiegare, altresì, se, dal giorno in cui è stato eletto alla Camera dei deputati, nella XVII Legislatura, ad oggi, siano intercorsi rapporti di natura professionale o di altro tipo, e in caso affermativo in cosa sono consistiti, tra lo studio legale dell'avvocato Luca Lanzalone e lo studio legale "Bonafede & Partners", attivo dal gennaio 2007 a Firenze e direttamente riferibile, secondo quanto riportato dal social network "Linkedin", ad Alfonso Bonafede;
quali iniziative urgenti intenda altresì adottare al fine di rassicurare il Parlamento e l'intero Paese che, nonostante i fatti riportati in premessa minino, a giudizio degli interroganti, in modo grave la credibilità del suo Ministero, egli può ricoprire l'importante compito che è chiamato ad assolvere con onore e disciplina, nel massimo rispetto del prestigio dell'Istituzione che presiede.
(3-00153)