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Atto a cui si riferisce:
C.493 Disposizioni concernenti il limite del contenuto di sostanze perfluoroalchiliche nelle acque superficiali e sotterranee e la diminuzione dell'immissione delle stesse nell'ambiente


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 493

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
BENEDETTI, TASSO, VITIELLO, CECCONI, CAIATA

Disposizioni concernenti il limite del contenuto di sostanze perfluoroalchiliche nelle acque superficiali e sotterranee e la diminuzione dell'immissione delle stesse nell'ambiente

Presentata l'11 aprile 2018

  Onorevoli Colleghi! — Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti organici formati da una catena alchilica di lunghezza variabile (in genere da 4 a 14 atomi di carbonio) totalmente fluorurata e da un gruppo funzionale idrofilico, generalmente un acido carbossilico o solfonico. Le molecole più utilizzate e studiate di questa grande famiglia di sostanze chimiche (PFAS) sono l'acido perfluoroottanoico (PFOA) e l'acido perfluoroottansolfonico (PFOS).
  La presenza di numerosi legami carbonio-fluoro conferisce particolari caratteristiche fisico-chimiche come la repellenza all'acqua e ai grassi, la stabilità termica e la tensioattività, che le rendono molto utili in un ampio campo di applicazioni industriali e di prodotti di largo consumo. I PFAS sono stati quindi utilizzati a partire dagli anni ’50 come emulsionanti e tensioattivi in prodotti per la pulizia, nella realizzazione di insetticidi, di rivestimenti protettivi e di imballaggi alimentari, di schiume antincendio e di vernici. Sono impiegati anche nella produzione di capi di abbigliamento impermeabili e di tappezzeria, in prodotti per stampanti, pellicole fotografiche e superfici murarie, in materiali per la microelettronica, nell'industria militare e farmaceutica.
  Tali sostanze, dotate di elevata persistenza nell'ambiente e di capacità di bioaccumulo, vengono assorbite da parte dell'organismo umano prevalentemente per via orale tramite il consumo di acqua potabile e di alimenti. Ciò significa che, assunte anche in piccole quantità per un lungo periodo, esse si accumulano nei tessuti e negli organi vitali.
  Innumerevoli ricerche scientifiche hanno evidenziato come una elevata esposizione a PFOS e a PFOA può avere conseguenze dannose per la salute della popolazione che ne viene a contatto in quanto essi sono neurotossici oltre che interferenti endocrini. È infatti ormai dimostrato che tali sostanze producono effetti dannosi negli organismi, in habitat sia acquatici che terrestri, soprattutto a carico del fegato, della tiroide e della fertilità ed esse sono in fase di classificazione da parte dell’International Agency for Research on Cancer come «sospetti cancerogeni per l'uomo».
  Studi epidemiologici hanno mostrato attività epatotossica sia per il PFOA che per il PFOS nei roditori e nelle scimmie: gli effetti che ne derivano includono l'aumento delle dimensioni del fegato, l'induzione di enzimi implicati nella β-ossidazione degli acidi grassi e la riduzione dei livelli sierici di colesterolo. Il PFOA, in particolar modo, si è rivelato un potente promotore del tumore epatico nei ratti.
  Il PFOS è in grado di causare molti effetti avversi sullo sviluppo nei ratti; sono state osservate la riduzione del peso del feto, anasarca (edema esteso a tutto l'organismo), la mancata calcificazione delle ossa, disfunzioni cardiache nonché la morte neonatale. I neonati di ratto sopravvissuti mostravano un ritardo nella crescita e dall'esame del sangue emergevano livelli ridotti di tetraiodotironina (T4), per cui il ritardo nello sviluppo del feto e nella crescita potrebbe essere dovuto alla capacità del PFOS di interferire con la maturazione cellulare e funzionale degli organi bersaglio, tramite l'influenza esercitata sugli ormoni tiroidei. Questo non è l'unico caso di alterazione dei livelli ormonali. Sia il PFOA che il PFOS, infatti, sembrano in grado di interferire con il sistema neuroendocrino, ma con differenze specie-specifiche. In uno studio condotto su pesci ed uccelli, il PFOS somministrato a elevate concentrazioni agiva come interferente endocrino, inducendo nei primi un aumento dei livelli di estradiolo e di testosterone e nei secondi di cortisone. Il meccanismo ipotizzato consisterebbe nella formazione di un legame (relativamente debole) tra il PFOS e le proteine sieriche, con conseguente competizione con gli ormoni.
  La pericolosità di tali sostanze è segnalata anche nella pubblicazione «Conosci, riduci, previeni gli interferenti endocrini. Un decalogo per il cittadino» a cura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'Istituto superiore di sanità (pubblicazione del 2012 oggetto di revisione nel 2014).
  Sono molte le istituzioni, nazionali e internazionali, che in questi anni sono intervenute nel merito, sia per orientare a livello legislativo sia per promuovere campagne di monitoraggio, sia per fissare limiti di concentrazione nelle diverse matrici, come l'Agenzia statunitense per la protezione ambientale.
  Lo stesso Consiglio nazionale delle ricerche, in accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha attivato una campagna di misurazione di sostanze chimiche contaminanti rare sui principali bacini idrici italiani: contestualmente alle acque superficiali, sono stati infatti prelevati campioni di acqua destinata al consumo umano in più di trenta comuni prevalentemente della provincia di Vicenza, oltre a comuni limitrofi nelle province di Padova e di Verona, dalla cui analisi è risultato un inquinamento diffuso di PFAS. Per tali ragioni l'Istituto superiore di sanità, nel parere del 7 giugno 2013, n. 22264, relativo al citato ritrovamento di sostanze perfluorurate nel territorio veneto, ha espresso, in applicazione del principio di precauzione, l'opportunità e l'urgenza di adottare adeguate misure di mitigazione dei rischi, prevenzione e controllo estese alla filiera idrica sulla contaminazione delle acque da destinare e destinate a consumo umano nei territori interessati, fra cui l'adozione di approvvigionamenti alternativi o, laddove tale misura non risulti praticabile, l'adozione di adeguati sistemi di trattamento delle acque per l'abbattimento sostanziale delle concentrazioni degli analiti presenti.
  Inoltre il decreto legislativo 13 ottobre 2015, n. 172, recante attuazione della direttiva 2013/39/UE, che modifica le direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque, ha identificato i PFOS quali sostanze pericolose prioritarie.
  L'Istituto superiore di sanità, nella nota del 19 febbraio 2016, protocollo n. 4930, nel calcolare le stime di esposizione parziali alle PFAS, ha evidenziato che i dati riferibili a uova di allevamenti familiari e di pesce di cattura indicano potenziali criticità meritevoli di ulteriori e più mirati approfondimenti, attese le concentrazioni di PFAS che, in condizioni di consumi prolungati nel tempo, considerati i parametri tossicologici, potrebbero determinare il superamento delle dosi giornaliere accettabili.
  Il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), all'articolo 57 include il PFOA tra le sostanze «estremamente preoccupanti» per le proprietà di persistenza, bioaccumulabilità e tossicità e nella categoria 1B in quanto tossico per la riproduzione e pertanto, inserito nella lista delle sostanze candidate all'autorizzazione. Il considerando (70) del regolamento dispone che «Effetti nocivi sulla salute umana e sull'ambiente derivanti da sostanze estremamente preoccupanti dovrebbero essere impediti attraverso l'applicazione di adeguate misure di gestione dei rischi al fine di assicurare che eventuali rischi derivanti dagli usi di una sostanza siano adeguatamente controllati e nella prospettiva della progressiva sostituzione di tali sostanze con una sostanza idonea più sicura».
  La contaminazione da PFAS delle matrici ambientali, in particolare le acque interne superficiali e di falda, ha purtroppo raggiunto un livello allarmante soprattutto nel Veneto, interessando un'area di circa 180 chilometri quadrati (dato dall'agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto 2015) nell'ambito delle province di Vicenza, Verona, Padova e ad oggi anche Rovigo, con settanta comuni interessati e 300.000 persone coinvolte. È stata compromessa la seconda falda freatica più grande e importante d'Europa: la falda di Almisano.
  Questa situazione di emergenza ha imposto, per ragioni di tutela della salute della popolazione, la chiusura di numerosi pozzi a uso potabile nei comuni di Sarego e di Monticello. Proprio dagli amministratori di questa regione giunge la richiesta di una legge ad hoc che regolamenti l'uso delle sostanze indicate prevedendone un limite massimo di concentrazione soprattutto nelle acque.
  Il regolamento (CE) n. 1907/2006, all'articolo 1, precisa che «Le sue disposizioni si fondano sul principio di precauzione». Il ricorso a tale principio al quale è dedicata la comunicazione della Commissione europea COM(2000) 1 final del 2 febbraio 2000 e contenuto nell'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ha lo scopo di reagire rapidamente di fronte a un possibile pericolo per la salute umana, animale o vegetale, ovvero per la protezione dell'ambiente, nel caso in cui i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio, e permette, fra l'altro, di impedire la distribuzione dei prodotti o materie che possano essere pericolosi. Il principio di precauzione può essere invocato quando un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica anche se questa non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. Tale principio può essere altresì invocato nell'ipotesi di un rischio potenziale e, se il rischio è alto, si possono adottare varie misure attraverso atti giuridici proporzionati. Le sostanze identificate come PFOS sono state inserite dalla direttiva 2013/39/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 agosto 2013, nella lista delle sostanze pericolose prioritarie e in tale senso contribuiranno al raggiungimento degli standard di qualità ambientale. Di fronte a tale conclamata emergenza a causa della contaminazione in atto, la presente proposta di legge intende colmare il vuoto normativo esistente in materia fissando i limiti massimi di presenza di PFOA e di PFOS nell'ambiente acquatico e stabilendo i meccanismi di sostituzione di queste sostanze in modo che il loro uso sia gradualmente abbandonato.
  All'articolo 1, comma 1, tenuto conto della situazione di emergenza, sono stabiliti i limiti massimi residui della concentrazione di PFAS nell'ambiente acquatico prossimi a zero. Al comma 2 si richiama, in caso di acque compromesse, la legge 22 maggio 2015, n. 68, recante «Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente», e si attribuisce all'autorità locale competente, qualora quanto stabilito dal comma 1 sia stato trasgredito, la facoltà di intervenire prevedendo la restrizione o il divieto di uso delle PFAS.
  All'articolo 2 sono previsti i meccanismi di sostituzione o di eliminazione di tali sostanze nei processi e nei prodotti industriali attraverso l'istituzione di un tavolo tecnico-scientifico che ha il compito di individuare le azioni utili da adottare per il raggiungimento di questo obiettivo e sono stabiliti i criteri di funzionamento del tavolo tecnico-scientifico.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Limiti massimi del contenuto di sostanze perfluoroalchiliche nelle acque superficiali e sotterranee).

  1. Nelle acque superficiali e sotterranee il limite massimo ammissibile di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) non può superare il limite di rilevabilità delle stesse.
  2. Qualora il limite di cui al comma 1 sia superato, le acque sono considerate compromesse e deteriorate e l'autorità territoriale competente provvede alla restrizione o al divieto di uso delle PFAS.

Art. 2.
(Restrizione e sostituzione delle PFAS).

  1. Al fine di garantire la diminuzione dell'immissione nell'ambiente delle PFAS e il rispetto dei limiti massimi di cui all'articolo 1, è prevista la sostituzione o l'eliminazione di tali sostanze nei processi produttivi e nei prodotti industriali.
  2. Per le finalità di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito un tavolo tecnico-scientifico, di seguito denominato «tavolo», composto da cinque rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e da cinque rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico scelti tra i funzionari competenti delle rispettive amministrazioni, da quattro rappresentanti del settore dell'industria e da quattro rappresentanti delle associazioni ambientaliste riconosciute. Del tavolo possono altresì fare parte esperti scelti tra personalità del mondo scientifico, accademico e giuridico e iscritti nei rispettivi albi professionali. Il tavolo presenta, entro due anni dalla sua istituzione, ai Ministeri competenti un documento tecnico recante indicazioni per la sostituzione o per l'eliminazione delle PFAS nei processi produttivi e nei prodotti industriali e identifica, fra l'altro, il limite massimo di emissioni nell'ambiente di tali sostanze.
  3. Entro sei mesi dal ricevimento del documento tecnico di cui al comma 2 e sulla base delle indicazioni in esso contenute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, stabilisce le disposizioni per la sostituzione o per l'eliminazione nei processi produttivi e nei prodotti industriali delle PFAS.