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Atto a cui si riferisce:
C.137 Norma di interpretazione autentica e modifiche all'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in materia di sanatoria degli illeciti edilizi, nonché modifiche all'articolo 31 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in materia di acquisizione degli immobili abusivi


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
          Articolo 1
          Articolo 2
          Articolo 3

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 137

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CIRIELLI

Norma di interpretazione autentica e modifiche all'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in materia di sanatoria degli illeciti edilizi, nonché modifiche all'articolo 31 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in materia di acquisizione degli immobili abusivi

Presentata il 23 marzo 2018

  Onorevoli Colleghi! — Con l'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è stata consentita la regolarizzazione delle opere edilizie esistenti non conformi alla disciplina vigente, mediante il rilascio in sanatoria del necessario titolo abilitativo.
  Il comma 25 del medesimo articolo ammette a condono le opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 per le quali gli interessati, così come prescritto dal successivo comma 32, hanno provveduto a presentare la specifica domanda di definizione dell'illecito edilizio, tra l'11 novembre 2004 e il 10 dicembre 2004, risultando comminata la decadenza in caso di inosservanza del predetto termine.
  Infine, il comma 33, ribadendo quanto statuito dal comma 32, ha demandato alle regioni il compito di emanare, entro sessanta giorni, norme per la definizione del procedimento amministrativo relativo al rilascio del titolo in sanatoria.
  Tuttavia proprio gli interventi normativi promossi dalle regioni non sempre hanno agevolato la corretta applicazione della normativa, risolvendosi, talvolta, in una immotivata riduzione delle possibilità di accesso al beneficio del condono, e, talaltra, addirittura in un fattore preclusivo altrettanto ingiustificato.
  Da ciò è derivata un'applicazione dell'istituto del condono non sempre uniforme, con il configurarsi di situazioni oggettive di disparità di trattamento tra i cittadini, assolutamente incompatibili con il principio di uguaglianza enunciato dall'articolo 3 della Costituzione. Emblematica, in tal senso, è la vicenda normativa che ha interessato la regione Campania.
  Con deliberazione della giunta regionale n. 2827 del 30 settembre 2003 (integrazione alle linee guida per la pianificazione territoriale in Campania, di cui alla deliberazione n. 4459 del 30 settembre 2002, in materia di sanatoria degli abusi edilizi) veniva disposta, mediante specifica prescrizione intitolata «divieto di sanatoria», una preclusione assoluta al condono edilizio disciplinato dal citato decreto-legge n. 269 del 2003, essendosi stabilito che nel territorio di quella regione «non è ammessa la sanatoria delle opere edilizie realizzate in assenza dei necessari titoli abilitativi, ovvero in difformità o con variazioni essenziali rispetto a questi ultimi, e che siano in contrasto con gli strumenti urbanistici generali vigenti».
  Avverso tale previsione il Presidente del Consiglio dei ministri sollevava conflitto di attribuzioni accolto dalla Corte costituzionale che, con sentenza n. 199 del 28 giugno 2004, ritenendo lese le attribuzioni costituzionali dello Stato, annullava l'atto deliberativo adottato dalla giunta regionale della Campania, statuendo che «non spetta alla regione Campania, e per essa alla Giunta regionale, adottare un atto con il quale si nega efficacia, all'interno del proprio territorio, ad un atto legislativo dello Stato».
  A seguito della pronuncia della Corte costituzionale veniva approvata la legge regionale 18 novembre 2004, n. 10, recante disposizioni anch'esse finalizzate a restringere l'ambito di applicazione della disciplina del condono edilizio, comprimendo in termini pressoché assoluti la portata del citato decreto-legge n. 269 del 2003, reso, di fatto, nuovamente inoperante.
  Anche della questione relativa a tale ultima previsione legislativa veniva investita la Corte costituzionale che, con sentenza n. 49 del 6 febbraio 2006, dichiarava ancora una volta l'illegittimità costituzionale della legge regionale n. 10 del 2004, ribadendo che ove le regioni non esercitino la loro potestà legislativa entro il termine prescritto si applicheranno le norme previste dalla legge nazionale, facendo venire meno i limiti più severi posti dalla regione a tutela dei vincoli ambientali.
  Ai cittadini campani, pertanto, già disorientati dall'enunciato della delibera n. 2827 del 2003 che illegittimamente dichiarava il condono inapplicabile in Campania, è stata di fatto preclusa la possibilità di utilizzare lo speciale istituto di sanatoria previsto dal decreto-legge n. 269 del 2003, posto che, in costanza del termine perentorio fissato per inoltrare la richiesta di condono edilizio, entrava in vigore una normativa regionale fortemente restrittiva che impediva la regolarizzazione della quasi totalità degli abusi realizzati entro il 31 marzo 2003.
  Quando, poi, anche la legge regionale è stata dichiarata illegittima, con la suddetta sentenza della Corte costituzionale n. 49 del 2006, il termine per la presentazione delle richieste di condono edilizio era superato da oltre un anno.
  Peraltro la stessa sentenza della Corte costituzionale ha esaminato congiuntamente le leggi approvate in materia da altre regioni (Lombardia, Veneto, Toscana, Umbria, Marche ed Emilia-Romagna), pronunciando la parziale illegittimità anche delle leggi regionali delle Marche e dell'Emilia-Romagna e, in particolare, la seconda nella parte in cui introduceva una sanatoria straordinaria gratuita non compatibile con le esigenze della finanza pubblica, che avrebbe portato molto probabilmente a una nuova legge regionale per il condono oneroso degli illeciti ante 1977.
  La presente proposta di legge mira, dunque, attraverso una riapertura dei termini per la presentazione della domanda di regolarizzazione degli abusi edilizi commessi entro il 31 marzo 2003, a consentire a quanti non hanno potuto presentare la relativa domanda alla scadenza prevista dall'articolo 32 del citato decreto-legge n. 269 del 2003, a causa di interventi normativi regionali poi dichiarati incostituzionali, di poterla presentare con l'osservanza delle stesse modalità presentate dal medesimo articolo 32.
  Inoltre un'ulteriore finalità perseguita è quella di novellare il testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, recante disposizioni in materia edilizia per contemperare l'interesse pubblico all'ordinato assetto del territorio con quello relativo all'emergenza abitativa.
  La presente proposta di legge si compone di tre articoli.
  L'articolo 1 reca, al comma 1, lettera a), la riapertura dei termini per l'accesso alla speciale sanatoria di cui all'articolo 32 del citato decreto-legge n. 269 del 2003, fissando al 31 dicembre 2018 il termine ultimo per la presentazione della relativa istanza; restano inalterati tutti gli elementi di ammissibilità della domanda relativamente alla tipologia dell'abuso, alla consistenza e, soprattutto, all'epoca della sua commissione, che resta invariata (31 marzo 2003).
  La lettera b) modifica, invece, il comma 26 del medesimo articolo 32 al fine di ridefinire gli ambiti in cui possono essere eseguite le tipologie di opere suscettibili di sanatoria edilizia previste dallo stesso decreto, estendendo la sanabilità anche alle opere di tipo 4 (opere di restauro e risanamento conservativo realizzate nelle zone «interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale»), 5 (opere di restauro e risanamento conservativo) e 6 (opere di manutenzione straordinaria) nell'intero territorio nazionale, anche nelle aree e per gli immobili soggetti a vincolo.
  Il comma 2 reca una norma interpretativa finalizzata a consentire la sanabilità di opere su immobili collocati nei centri e nei nuclei storici.
  L'articolo 2 dispone una serie di modifiche integrative all'articolo 31 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, recante la disciplina relativa agli «interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali» e, in particolare, la previsione di nuovi criteri sulla base dei quali il comune decide in merito alla demolizione o meno delle opere abusive acquisite al suo patrimonio, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 31. Tali criteri sono finalizzati a tutelare «particolari esigenze abitative» per immobili destinati ad abitazione del soggetto destinatario del provvedimento di demolizione, a condizione che lo stesso (e/o alcuno dei componenti il nucleo familiare) non sia in possesso di un altro diritto reale su immobili destinati ad abitazione e il reddito lordo del nucleo familiare non superi 30.000 euro annui e che il soggetto o i componenti del suo nucleo familiare non abbiano riportato condanne per reati di associazione a delinquere.
  Infine, l'articolo 3 sospende fino al 31 dicembre 2018 l'esecuzione dei provvedimenti di demolizione, ad eccezione dei casi in cui gli uffici competenti abbiano riscontrato pericoli per la pubblica o privata incolumità.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. All'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) la lettera a) del comma 26 è sostituita dalla seguente:

   «a) numeri da 1 a 6, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, anche nelle aree e per gli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1958, n. 47, fermo restando quanto previsto dalla lettera e) del comma 27 del presente articolo»;

   b) al comma 32, le parole: «10 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2018».

  2. La lettera d) del comma 27 dell'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si interpreta nel senso che gli immobili ivi indicati sono esclusivamente quelli individuati dalle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Art. 2.

  1. All'articolo 31 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 5, dopo le parole: «con deliberazione consiliare» sono inserite le seguenti: «, da adottare entro centottanta giorni dalla data dell'immissione nel possesso ai sensi del comma 4»;

   b) dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:

   «5-bis. Tra i prevalenti interessi pubblici di cui al comma 5 che giustificano la non demolizione dei fabbricati abusivi acquisiti al patrimonio comunale sono compresi quelli derivanti da particolari esigenze abitative, costituite dai seguenti presupposti soggettivi e oggettivi:

   a) soggetti destinatari di un provvedimento amministrativo o giurisdizionale di demolizione del manufatto abusivo oggetto di acquisizione al patrimonio comunale;

   b) il manufatto acquisito al patrimonio comunale deve essere effettivamente utilizzato quale abitazione del soggetto destinatario del provvedimento di demolizione o del suo nucleo familiare da almeno due anni prima della data di entrata in vigore della presente disposizione;

   c) il soggetto destinatario del provvedimento di demolizione o uno dei componenti del suo nucleo familiare non deve essere titolare di proprietà o di un altro diritto reale su immobili destinati ad abitazione;

   d) il reddito lordo del nucleo familiare del soggetto destinatario del provvedimento di demolizione non deve essere superiore a 30.000 euro annui, calcolato secondo le disposizioni regionali relative alle assegnazioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica;

   e) il soggetto destinatario del provvedimento di demolizione o uno dei componenti del suo nucleo familiare non deve aver riportato condanne per reati di associazione per delinquere.

   5-ter. I rilevanti interessi urbanistici di cui al comma 5 che impediscono la conservazione dei manufatti abusivi acquisiti al patrimonio comunale devono essere valutati in sede di adozione della deliberazione consiliare di cui al citato comma 5.
   5-quater. Per rilevanti interessi ambientali di cui al comma 5 che impediscono la conservazione dei manufatti abusivi acquisiti al patrimonio comunale si devono intendere quelli che impongono l'inedificabilità assoluta delle zone indicate dalle competenti autorità a rischio idrogeologico molto elevato»;

   c) al comma 6, dopo la parola: «inedificabilità» sono aggiunte le seguenti: «assoluta di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 maggio 2004, n. 42».

Art. 3.

  1. Al fine di consentire agli enti locali interessati alla verifica delle situazioni che rientrano nell'ambito di applicazione delle disposizioni di cui alla presente legge è sospesa fino al 31 dicembre 2018 l'esecuzione dei provvedimenti amministrativi o giurisdizionali di demolizione degli immobili destinati esclusivamente ad abitazione.
  2. In ogni caso, si procede alla demolizione degli immobili di cui al comma 1 qualora, dall'ufficio tecnico del comune interessato ovvero dal competente ufficio della protezione civile della regione interessata, siano riscontrati pericoli per la pubblica o privata incolumità derivanti dall'immobile del quale è stata disposta la demolizione con provvedimento amministrativo o giurisdizionale.