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Atto a cui si riferisce:
S.1/00015 premesso che: la malattia di Crohn e la colite ulcerosa appartengono ad un gruppo di patologie definite malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI); queste non devono essere...



Atto Senato

Mozione 1-00015 presentata da MARIA RIZZOTTI
martedì 5 giugno 2018, seduta n.009

RIZZOTTI, FLORIS, GALLONE, TIRABOSCHI, SCHIFANI, AIMI, PICHETTO FRATIN, GIAMMANCO, BERUTTI, BARBONI, PEROSINO, TOFFANIN, MALLEGNI, STABILE, DAL MAS, LONARDO - Il Senato,

premesso che:

la malattia di Crohn e la colite ulcerosa appartengono ad un gruppo di patologie definite malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI);

queste non devono essere confuse con la sindrome dell'intestino irritabile che invece rappresenta una patologia che coinvolge la motilità gastrointestinale e non è caratterizzata da infiammazione. La malattia di Crohn è una malattia che coinvolge prevalentemente l'ileo distale e il colon ma può coinvolgere qualsiasi tratto dell'apparato gastrointestinale dalla bocca fino all'ano. La colite ulcerosa invece è limitata al colon-retto;

l'incidenza di queste patologie è in costante aumento, a livello sia nazionale, sia globale: attualmente si stima che in Italia ne siano affette circa 200.000 persone;

le cause non sono ancora chiare, anche se la maggior parte degli esperti ritiene che vi sia una spiegazione multifattoriale, come fattori genetici, ambientali, o reazioni anomale da parte del sistema immunitario, che provocano un'infiammazione a carico dell'intestino. Ci sono poi elementi critici come lo stress, il fumo, stili di vita malsani, che portano ad un peggioramento dell'evoluzione di queste malattie;

i sintomi di queste malattie sono prevalentemente rappresentati da dolori addominali associati a diarrea, talvolta sanguinamento rettale. Pur essendo malattie che coinvolgono prevalentemente l'intestino, talvolta interessano altri distretti come le articolazioni, la pelle, gli occhi e il fegato; a questi elementi vanno aggiunti spesso un non corretto approccio metodologico-clinico, endoscopico, istologico con conseguente ritardo di una corretta diagnosi e scelta terapeutica;

il loro impatto sulla vita dei pazienti è molto spesso negativo. Secondo una ricerca realizzata recentemente a livello europeo, che ha coinvolto oltre 4.500 pazienti, il 91 per cento riferisce episodi di diarrea almeno una volta al giorno e il 20 per cento di questi più di 10 volte al giorno, il 62 per cento riporta di avere avuto sanguinamenti gastrointestinali, l'87 per cento dolori addominali, il 50 per cento astenia, l'89 per cento movimenti intestinali accentuati;

alla luce di ciò è facile immaginare come chi soffre di una malattia cronica intestinale abbia una qualità di vita compromessa, dai rapporti interpersonali a quelli professionali, o semplicemente alla gestione del proprio tempo libero;

secondo uno studio condotto da Ecco-EpiCom sullo stato dell'assistenza sanitaria e sulla formazione della popolazione su queste patologie in Europa, risulta che, anche se nel sistema sanitario il referente per la loro gestione resta il medico ospedaliero, la maggior parte dei pazienti considera internet la principale fonte di notizie dedicate. La diffusione dell'informazione on line, se fornita in modo corretto, puntuale e scientifico, può essere alla base di un aumento della consapevolezza dei cittadini su che cosa sono le malattie infiammatorie croniche intestinali, accorciando di conseguenza l'intervallo di tempo tra l'insorgenza dei sintomi e la diagnosi;

inoltre, come emerso da un'indagine dell'associazione nazionale AMICI onlus, l'informazione genera una migliore gestione della malattia, aumenta l'aderenza ai trattamenti, migliora lo stile di vita del malato e porta una diminuzione dei costi sanitari. Persone con alti livelli di informazione risultano avere una spesa sanitaria diretta (farmaci, viste, esami) inferiore del 20 per cento e hanno un tasso di giorni di assenza dal lavoro per le cure più basso del 25 per cento;

la ricerca scientifica in questi anni si è concentrata soprattutto sull'individuazione delle specifiche cause che provocano lo sviluppo della malattia, in particolare i fattori genetici e i fattori ambientali, tra cui il microbiota intestinale, la dieta, lo sviluppo di specifici fattori predittori di risposta alle terapie specifiche, la ricerca di nuove molecole con nuovi meccanismi d'azione, che possano indurre e mantenere la remissione libera da malattia nei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali (anche dette IBD, infiammatory bowel disease) e la personalizzazione della terapia in base alle specifiche caratteristiche del paziente;

per la cura delle malattie croniche intestinali sono attualmente a disposizione farmaci con diversi meccanismi di azione, in grado di indurre la remissione, come i corticosteroidi, di mantenere la remissione, come gli immunosoppressori (tiopurine e methotrexate), o di svolgere entrambe le funzioni, come la mesalazina nella colite ulcerosa, o come i farmaci biologici, sia nella malattia di Crohn che nella colite ulcerosa. I farmaci biologici attualmente disponibili in Italia sono gli anti-tumor necrosis factor (TNF), in particolare infliximab, adalimumab e golimumab, e le anti-integrine, in particolare il vedolizumab, ma purtroppo i farmaci biologici non inducono e mantengono la remissione in tutti i pazienti (primary non responder 30-40 per cento); inoltre, circa il 13-20 per cento di pazienti all'anno risponde alla terapia con anti-TNF, ma sviluppa una perdita di risposta secondaria che necessita di un'ottimizzazione del trattamento o di una sostituzione della terapia. Nei pazienti in cui insorgono complicanze o che non rispondono alla terapia medica sarà necessario un intervento chirurgico che oggi può essere condotto con tecniche miniinvasive laparoscopiche e che può anche risparmiare tratti intestinali;

di fatto, i problemi più gravi derivano da una legislazione insufficiente che non tutela i pazienti e che, spesso, li costringe a "sopravvivere" più che a vivere con la malattia, condizionando uno dei diritti fondamentali di un cittadino, il diritto alla salute;

preso atto che, ad oggi, in Italia, mancano un registro e studi epidemiologici nazionali sulla reale incidenza e sulla prevalenza delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Negli ultimi 20 anni si è assistito ad un aumento dell'incidenza di queste malattie, soprattutto nel giovane adulto e in soggetti sotto i 18 anni. Ad oggi, infatti, si stima che fino al 30 per cento delle malattie esordisca nel bambino, anche nei primi anni di vita,

impegna il Governo:

1) ad istituire un registro nazionale sulle malattie infiammatorie croniche dell'intestino per raccogliere e ordinare informazioni sicure, al fine di ottenere dati significativi e utili, in particolare, sulle problematiche ancora aperte, per contribuire a migliorare la cura di queste patologie, per motivazioni amministrative (il controllo delle procedure di esenzione specifiche per questi malati), per esigenze di informazione, per la programmazione sanitaria regionale e locale (definizione delle stime di occorrenza e la valutazione dei flussi dei pazienti) e per il supporto alla ricerca clinica (creazione di liste di pazienti, descrizione delle storie naturali, valutazione dei bisogni soggettivamente espressi e delle storie assistenziali);

2) ad istituire un tavolo tecnico con le associazioni dei pazienti e le società scientifiche per la valutazione delle strategie e per affermare il principio e la necessità di includere i cittadini nel processo di HTA (health technology assessment);

3) a promuovere, anche con specifici finanziamenti, previsti dalla legislazione vigente, la ricerca scientifica per la diagnosi e la cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali.

(1-00015)